Adasi - Storia di donne uguali


La mia amica Adasi viene dal Marocco e precisamente da Ben Mellai. Un giorno entrò in ufficio a chiedere “un po’ di pane”. Quella richiesta mi disorientò, forse perché a farla era una donna come me, quasi mia coetanea.
Nei giorni seguenti l’ho rivista spesso. Quando ha un piccolo spazio di tempo libero si viene a sedere accanto al mio PC e mentre lavoro chiacchieriamo. Impara presto e in fretta. E’ intelligente e volenterosa.
La sera quando fa il pane in quel vecchio forno sgangherato che arriva dal Marocco, me ne porta sempre un po’ in redazione ed io lo mangio volentieri davanti a lei, quando ancora è caldo.
Un giorno mentre camminavamo mi ha chiesto “Vitina, cosa vuol dire cretina?” e alla mia risposta-domanda “perché?” mi fa: “Perché la signora dove lavoravo mi diceva sempre cretina, cretina tu e la mamma tua che ti ha fatto”.
La signora che la chiamava cretina è la stessa che poi non l’ha pagata per il lavoro svolto presso la sua abitazione, solo perché Adasi, come tutti quelli come lei, non ha nessuno che possa far valere i suoi diritti.
Appena il sole accenna un sorriso sulla nostra Italia, ecco che a Lampedusa e lungo le nostre coste ricominciano ad arrivare i barconi della speranza.
E i nostri governanti li fanno entrare senza far nulla contro coloro che sfruttano la speranza di queste persone. Anche il fratello di Adasi tra poco arriverà.
Ha pagato la modesta cifra di 6.000 Euro ad uno strozzino che gli ha assicurato l’arrivo in Italia, il permesso di soggiorno e un contratto di lavoro. Le ho detto: “Non farlo venire, Adasi, digli che la vita qui è difficile...digli che quello che gli hanno promesso è falso.” Ma lui verrà lo stesso e sarà un altro essere umano a cui qualcuno ha venduto dei sogni come fossero realtà. E non avrà nessuno che lo potrà difendere quando ne avrà bisogno, perché il clandestino c’è, lo Stato lo sa, ma non ha diritti, è un essere invisibile. Così è stato per quel loro amico che ha perso due dita sul lavoro, ma che han bene istruito per non dire in ospedale dove l’avesse perse. E così è per Adasi che dopo un mese di lavoro china sulle macchina da cucire, chiusa in una casa privata (così i controlli non possono venire) si è sentita dire che non le veniva dato il compenso pattuito perché il lavoro era fatto male.
Nel corso delle stagioni le nostre terre nascondono tra le alte file dei loro frutti, tanti extracomunitari...preziosi per il padrone fino ad una certa ora, dopo la quale non importa dove andranno e cosa faranno. Non importa se non avranno dove lavarsi, o dove mangiare un pezzo di pane decentemente, l’importane è che all’alba del nuovo giorno essi stiano al lavoro, pronti a lavorargli la terra per ingrossare le sue tasche (o ingrassare il suo stomaco.)
Non esiste un avvocato gratis per queste persone, ma esistono speculatori orribili che su una pratica di morte il cui risarcimento era di 110.000 euro, chiedono all'assistita un compenso di 90.000 euro, dimenticando che quella pratica era per la morte del marito e che alla donna era rimasta una carretta di bimbi piccoli da crescere.
Non so se Adasi ha un futuro in Italia, non so se riuscirà mai a rivedere il suo bimbo che non vede da 5 anni e che quando partì le si attaccò alla veste e non voleva lasciarla...mentre il vecchio padre le diceva: “Vai figlia mia, vai a cercare il lavoro e poi torni a prenderlo...!”.
Quando le accendo la web-cam per farla parlare con i suoi in Marocco, vedo i suoi occhi che si riempiono di luce...dall’altra parte quella gente fa un lungo viaggio per giungere nel posto dove potranno fare il collegamento con Adasi, ma il bimbo non c’è.... E lei ogni volta spera che ci sia, ma poi si rassegna ad ogni collegamento e dice “Va bene così..., arriva la prossima volta!”. Ma non c’è neanche la prossima volta e la prossima ancora perché per non farlo piangere non lo portano davanti a quel PC, e lei lo sa.
Spesso mi chiede delle nostre usanze, come si cucina il cavolfiore o la minestra con le patate...mi fa piacere farla partecipe della nostra cultura che lei non disprezza ma al contrario apprezza. Una cultura che non deve e non può sostituire la sua, ma arricchirla, come è giusto che sia. Io so che lei è uguale a me, ma non perché è donna, o perché sotto il velo ha la treccia uguale alla mia: è uguale a me perché su questa Terra siamo tutti uguali.

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