Un sacco bello - La commedia del Pd


E’ passato un mese. Abbiamo rivolto delle domande alla maggioranza. Ve le riportiamo senza commento. L'idea, fatevela voi. Almeno questa libertà, non ci verrà negata.
La raccolta differenziata a Eboli? La migliore in Italia. Il ciclo dei rifiuti da noi? Un esempio per l'Europa. Il porta a porta fallimentare? Non abbiamo soldi per altro personale. I lavori pubblici in città? Meglio del ponte di Messina. Le nostre tasse? Mai così basse. I servizi offerti dal comune? Se le sognano le cooperative rosse. L'ospedale di Eboli? Fa i miracoli, anche senza personale. Il tribunale di Eboli? Non c’è processo che cada in prescrizione. La nostra litoranea? Son venuti da Rimini per copiarla. Il porto turistico? Fess a chi non ha la barca. I lidi abusivi? Non esistono più. Le ecoballe a Coda di Volpe? Un incidente di percorso. Lo scuolabus bloccato dalla polizia con i bimbi a bordo? Berlusconi ci regala sicurezza. I Rom alla fabbrica Mellone? Accattoni puzzolenti dediti al furto quotidiano. Gli extracomunitari di S. Nicola Varco? Morti di fame per la nostra agricoltura. L'aumento della Tarsu? Colpa della giunta Rosania (retroattività perenne?). Le cave da inzuppare di rifiuti? Niente sacciu, niente dico. Le strade a mulattiera? Senza Suv non siete moderni. Il difensore civico? La barzelletta del Pd.


Ci risiamo. I politici ricadono nella tentazione più narcisistica. Quella di prendere per i fondelli gli ebolitani. L'assessore alle finanze nega addirittura l'aumento delle tasse (per poi confermare che la Tarsu è cresciuta "solo" del 15 %). Al sindaco e al suo partito (Pd) non piacciono le polemiche. Chi si permette di fare opposizione (Cosimo Pio Di Benedetto) viene tacciato come rompiscatole o menagramo. Altro non aggiungiamo. Questo passa il convento. Questa maggioranza è stata eletta dagli ebolitani. Se avete qualche rimprovero da sollevare, nel 2010 nelle urne troverete la soluzione.


Coda di Volpe, Serre - Il dramma dei rifiuti nella Piana del Sele


La Campania è attraversata da 14 anni dalla emergenza rifiuti.
Per fronteggiarla fu istituito il Commissariato, che doveva togliere la gestione dei rifiuti alla camorra (che sulla “monnezza” ha costruito una fortuna economica), realizzare gli impianti ed i siti per il ciclo completo dei rifiuti, riconsegnare agli organi istituzionali un settore rientrato nella normalità.
Mai fallimento potrebbe essere più evidente: la camorra gestisce tutto il ciclo dei rifiuti.
Solo di trasporto si spende un capitale.
Dopo 14 anni ci sono sette impianti di CDR, di cui uno sequestrato da oltre un anno, che producono balle non a norma; un bruciatore non a norma che per completarlo occorrono altri 100 milioni di euro e un anno e mezzo di lavoro; non c’è un impianto di compostaggio dell’umido, non è stato realizzato in impianto per lavorare il percolato; c’è una sola discarica in funzione: Serre!
Ci sono decine di protocolli d’intesa firmati fra la struttura commissariale ed i comuni, mai rispettati; c’è un vero e proprio clima di guerra sui territori individuati per la collocazione di un sito di qualunque genere.
Ed in questo quadro si inserisce la cultura fascistoide del nuovo governo: io decido e tu ti stai. Se osi protestare ti arresto perché l’area delle discariche diventa zona militare e, quindi, inviolabile.
Antico concetto di democrazia che ritenevamo dismesso nel 1945.
Evidente non conoscenza del territorio, per cui non c’è stata una sola scelta territoriale “azzeccata”, anche perché viziate dal grande difetto di comunicazione col territorio che ha caratterizzato il Commissariato.
Da questo disastro non è stata risparmiata neanche la Piana del Sele.
A partire da Campagna, dove a Basso dell’Olmo si volle ubicare una discarica di FOS e Sovvalli.
Il Sindaco Luongo proponeva altra parte del territorio per ospitare il sito. Non ci fu nulla da fare. L’allora Commissario Catenacci preferì lo scontro con la popolazione, il blocco dell’autostrada, addirittura un ragazzo morì in quei giorni di protesta.
Niente! Così era stato deciso.
Poi arriva Bertolaso! Ci furono sei mesi di lotta di una popolazione che diceva no a “Valle della Masseria” e offriva “Macchia Soprana”, sempre a Serre. Sei mesi persi per dimostrare chi comandava.
E’ legittimo chiedersi se il delirio di onnipotenza del commissario non sia stato alla base delle emergenze dell’ultimo anno?
Come la pensi il Governo Berlusconi è fin troppo evidente: Bertolaso viene ricollocato alla guida della “emergenza”e ripropone Serre e Valle della Masseria.
Lo Stato avrebbe dovuto edificare un monumento ai cittadini di Serre, unici in regione che avevano ragionato evitando l’apocalisse in Regione Campania: offendo un pezzo del proprio territorio per ospitare una discarica.
C’era un protocollo d’intesa che disciplinava il rapporto fra lo Stato ed il comune di Serre, partendo dal principio che Serre non avrebbe ospitato altri siti legati all’emergenza rifiuti.
Carta straccia! Nel decreto si rilegge il nome di Serre!
Che credibilità può essere riconosciuta ad uno Stato che non rispetta gli impegni coi cittadini? Che pretende di ragionare con la “pistola alla tempia” degli abitanti: o mi concedete l’ampliamento di Macchia Soprana o vado a Valle della Masseria.
Possiamo chiedere a questo “mostro sacro” che torna al commissariato: ma in questo anno in cui è stato portato a Serre di tutto, quale altro sito è stato aperto? Siamo o no di fronte al fallimento di quella struttura?
Togliete quel Valle della Masseria dal decreto, indicate l’altro sito in provincia di Salerno, chiedete scusa ai cittadini di Serre, ringraziateli e poi chiedete di ragionare con quella comunità.
Le mani del commissariato sono calate anche su Eboli, per la individuazione di un sito di stoccaggio di eco balle.
Qui il disastro è stato assecondato da una incredibile incapacità dell’amministrazione di compiere delle scelte.
Il sito individuato in località “Coda di Volpe”, nel pieno della zona agricola della Piana.
Il commissariato poteva essere fronteggiato con una proposta alternativa da parte dell’amministrazione.
Ci sono almeno due occasioni.
La prima conseguente alla tregua sancita in commissione regionale ambiente, ove si concorda che in caso di presentazione di una proposta alternativa valida, da parte del Comune di Eboli, Coda di Volpe sarebbe stata abbandonata (verbale della commissione regionale del 3.3.20008).
La seconda occasione c’è stata quando Coda di Volpe è stata sequestrata dalla magistratura.
Il Comune non coglie nessuna delle occasioni; si rende ridicolo proponendo il territorio di Battipaglia, per poi effettuare una precipitosa ritirata a fronte delle giuste recriminazioni del Vice Sindaco di Battipaglia.
Alla fine, a fronte della “non scelta” del Comune di Eboli, ha deciso il commissariato ed è stato “Coda di Volpe”.
E questa disponibilità del commissariato cui non ha fatto riscontro alcuna capacità di scelta da parte del Comune, è stata confermata al comitato dei cittadini dallo stesso uomo del commissario cui hanno esposto le loro richieste per una gestione trasparente del sito.
Non è così che si governa una città.
L’amministrazione è fatta di scelte, anche se impopolari, legate al disegno che si ha di un territorio.
Se al disegno della città si preferisce la convenienza degli equilibri politici, di una maggioranza inesistente e dilaniata, si consente ad altri di decidere.
E’ quello che è avvenuto a Coda di Volpe: non scegliendo si è deciso, di fatto , che i rifiuti andassero nel cuore della Piana del Sele.

777: il numero magico - Una sconfitta trasformata in una vittoria


Una volta, quando c’era il PCI, il risultato elettorale era oggetto di una disamina critica ed autocritica spietata, anche nella sezione di Eboli. Si vincesse o si perdesse si avviava una discussione ampia, vera. Per capire.
Il risultato ad Eboli alle elezioni politiche del 13 aprile è stato devastante. La sinistra è al peggior risultato mai conseguito.
Si è aperta una riflessione? C’è un luogo dove si discute? Qualcuno ha fatto autocritica? Se questo è avvenuto, sicuramente, è accaduto in luoghi segreti. Nessuno ne ha notizia.
Il paese, probabilmente, si attendeva delle “conseguenze” dal voto del 13 aprile. Delle richieste politiche ad una Amministrazione che è uscita perdente dalle elezioni. Niente. L’unica cosa l’ha detta il Sindaco: la colpa è di Caprarella! Non ci è dato sapere quali colpe ha commesso il capogruppo di Rifondazione, né ci è sembrato che il Partito di Caprarella chiedesse conto di questa affermazione del Sindaco. Elezioni archiviate!si può andare avanti come se nulla fosse accaduto! Eppure qualcosa è accaduto ed il responso elettorale lo ha sancito in modo chiaro: la Sinistra è ai minimi storici. L’impressione che abbiamo è che nessuno abbia voglia di aprire la discussione. Meglio scaricare tutto sugli aspetti nazionali della vicenda. Meglio aspettare gli esiti congressuali piuttosto che capire se ci sono stati errori ai livelli locali.
Ma questa non era la città dove nel 2000 Rifondazione prendeva 3.166 voti ed i comunisti italiani prendevano 959 voti, cioè insieme il 19,43%?
Questa non era la città del governo del territorio? Di un PRG all’avanguardia a livello nazionale? Di un disegno dello sviluppo economico che l’aveva posta come guida dell’intera Piana? Delle opere pubbliche, a centinaia, avviate a centinaia, avviate e portate a compimento? Del prelievo tributario fra i bassi d’Italia? Delle politiche sociali? Del bilancio partecipato? Altri tempi.
Ora quello che emerge è una totale assenza di progetto della Sinistra e di conseguenza, una subalternità politica e culturale rispetto ad un’Amministrazione tutta tesa al “galleggiamento” ed agli equilibri da ricercare sulla base di convenienze. Non un’iniziativa politica.
Da quanto tempo Rifondazione Comunista non va in piazza per un comizio? Da quanto tempo non va, la Sinistra, nei quartieri a parlare di ciò che interessa quella parte della città? Difficoltà anche in campagna elettorale a capire i quartieri della città.
La battaglia di “Coda di volpe” e quella della “Pezzullo” sono state vissute con indifferenza da parte della città. Questo deve o meno interessare la Sinistra? O anche la sinistra è nell’ordine d’idee che la questione Pezzullo riguarda soltanto alcune famiglie ebolitane che in quella fabbrica, di padre in figlio, si passano il “posto”? anche la Sinistra è convinta che la città finisca a San Giovanni, per cui ciò che succede nella Piana, alla fine, non interessa?
Intanto il Consiglio con la “complicità” di Rifondazione e dei Verdi approva la Variante al PRG, dopo anni di litigi in maggioranza, su cui quelle forze politiche hanno assistito senza neanche “Balbettare” qualche dubbio, che ha segnato il ritorno alla “cementificazione” della zona agricola, il via libera alla costruzione di seconde case sulla fascia costiera, vanificando uno sviluppo altro di quella costa, con la ciliegina dei sottotetti rialzati. Dubbi sul fatto che qualche personaggio di questa maggioranza possa avvantaggiarsene? Nessuno!
Altro che mani sulla città! Possiamo chiedere a Rifondazione ed ai Verdi come mai in questi tre anni neanche un Piano Particolareggiato è stato approvato? Neanche quelli già avviati! Neanche quelli di servizi su cui i DS, a suo tempo, tanto insistevano: l’are ospedaliera, per esempio!
E se c’è la variante a che servono i progetti di finanza in variante? Perché non si fanno, invece, i progetti di finanza conformi al PRG? Area Pezzullo ad esempio? Chi controlla il territorio? Nella Piana le costruzioni nascono come funghi. È anche quello un fatto positivo? Che fine ha fatto la prospettiva di sviluppo della fascia costiera? Il Piano “Costa del Sele” che da Pontecagnano scendeva a Capaccio definendo ubicazioni alberghiere, campeggi, villaggi turistici, parchi ricreativi ecc. che fine ha fatto?
Affidiamo la Pineta ai lidi. Ma il Sindaco di Capaccio che invece quella pineta la riqualifica, con sentieri, aree di sosta e la apre ad un uso diffuso, cos’è, un pericoloso comunista, legato alla gestione statalista?
Ed il bilancio del Comune? Tanto chiasso qualche anno fa per denunciare un “buco” che non c’era, ma che poi servì per giustificare l’aumento dell’ICI, l’addizionale IRPEF e l’aumento della TARSU, ed ora chi parla più di bilancio?
Aumenta la TARSU del 42%, lo denuncia la destra. Come mai la sinistra tace? E se si aumenta, per coprire i costi del servizio, come si fa poi a ridurla come annuncia qualche esponente dell’Amministrazione? Sbagliati i conti? E i debiti fuori bilancio? È vera questa voce che vuole che essi aumentano, ormai, a 700.000 euro? Chi li ha determinati? Chi li pagherà? Emergono nell’approvando bilancio?
Non si aprla più di politiche sociali, che sono letteralmente scomparse da questo comune ma come, non era questo il settore su cui Rifondazione aveva per anni appuntato la sua attenzione, chiedendo la testa dell’assessore Fiorillo? Oggi che le politiche sociali non ci sono più, la sinistra cosa fa, tace?
Non ci sono più criteri di opere pubbliche. Non riesce a leggersi una strategia di intervento sul territorio. Possiamo chiedere quali sono le opere pubbliche che questa Amministrazione ha messo in campo, che non fossero quelle già approvate e finanziate dalla precedente amministrazione? E con quali soldi si intende finanziare quelle che si mettono in bilancio? Sono vere le voci di una burrascosa riunione di maggioranza, in cui qualcuno che di opere pubbliche ne capisce ha fatto presente che finanziarle con i proventi delle cessioni di immobili comunali significa non volerle fare? E quelle che sono partite e ora ferme (Portadogana, rotatoria San Giovanni, Cimitero) chi controlla e chi risponde?
Possibile che le uniche opere pubbliche sono quelle che dovrebbero farsi con progetti di finanza, semmai in variante al PRG, ed in contrasto coi cittadini?
E come fanno rifondazione e i Verdi a non prendere posizione rispetto alla questione del Borgo? Sbaglio o è stata la Sinistra a sviluppare il discorso del bilancio partecipato? Sbaglio o era la sinistra con la precedente amministrazione Rosania (quella da cui verdi e Rifondazione hanno fretta di prendere le distanze) ad andare a discutere coi cittadini e nei quartieri le opere da realizzare.
E la Multiservizi che fine farà? Non doveva esserci un piano industriale di sviluppo? Come mai non sono stati passati in questi 3 anni i servizi che devono essere conferiti? Come si fa a pagare una società multi servizi, oggi interamente pubblica, ed al tempo stesso pagare ad altre ditte private servizi che avrebbe potuto benissimo gestire la Multiservizi (manutenzione illuminazione, verde, gestione rifiuti, ecc).
È legittimo pensare che qualcuno intenda liquidare la società? E la sinistra cosa dice? I 40 lavoratori che lì dentro avevano trovato la stabilizzazione La stabilizzazione degli LSU non è stato uno dei cavalli di battaglia di Rifondazione a livello nazionale?) che fine faranno? Per ora prendono il 60% dello stipendio e la sinistra tace! E la macchina amministrativa come viene gestita oggi? Chi è l’interlocutore dei lavoratori dipendenti? È vera la voce secondo cui sarebbe il Segretario generale ad aver preso in mano l’organizzazione del personale, tant’è che nella maggioranza si discute dell’opportunità di un direttore generale? E la sinistra che dice?
Non si riesce ad eleggere il difensore civico; due, tre consigli saltati su questo tema. La sinistra che dice?
E gli extracomunitari sono solo un problema di sicurezza come il Sindaco un giorno sì e l’altro pure continua a gridare sulla stampa, nel silenzio assordante della sinistra?
Lo sviluppo economico non sembra più essere argomento di riflessione politica. Qual è il discorso per lo sviluppo turistico? L’agricoltura che fine ha fatto nel dibattito di questa amministrazione comunale? Scoppia il caso “mozzarella” alla diossina e l’unica amministrazione che brilla per assenteismo è quella di Eboli.
L’unico discorso che si fa è quello dei due G.A.C.P. , che vengono spacciati per centri Commerciali, ma che rappresentano una grande fregatura perché richiedono l’80% dei negozi che lì si aprono siano attività già esistenti e che debbano chiudere lì dove oggi sono. E se si svuota il centro del paese cosa succede? E l’area industriale che continua a non rispondere alla richiesta di imprese che vogliono aprire e che non trovano aree disponibili, benché chi le abbia avute in concessione continua a insistere.
E le periferie, i quartieri di questa città che fine hanno fatto? Ma non era la sinistra che parlava di comitati di quartiere e di democrazia decentrata?
Questo il quadro! È sufficiente per spiegare un disastro elettorale della sinistra di Eboli al di là delle motivazioni nazionali? Vogliamo continuare a far finta di niente? Vogliamo continuare a segnare una presenza inconsistente nella maggioranza che governa questa città? Io non vorrei che ad Eboli ci sia chi è convinto che a Eboli abbiamo vinto!
Mi sa, allora, che 777 voti sono ancora troppi.
Povera Eboli, povera sinistra
S’i fossi foco arderei l mondo

Come salvare la Pezzullo


La Pezzullo Molini Pastifici e Mangimifici s.p.a. nel 1982 inoltrava domanda per la delocalizzazione dello stabilimento dalla strada statale 19, in piena Eboli, alla zona industriale in località Pezza Grande, ai sensi della legge 219/81 (la legge sulla ricostruzione).
Il progetto prevedeva una spesa di 119 miliardi di lire, a fronte della quale il contributo ammesso veniva quantificato in 72 miliardi di lire di denaro pubblico.
Nel 1986 i proprietari della Pezzullo s.p.a. cedevano il 33% delle azioni alla Buitoni s.p.a. che nel 1988 veniva acquisita dalla Nestlè Italiana s.p.a.
Nel 1989 la Nestlè acquistava la totalità delle azioni della Pezzullo s.p.a.
Nel 1991 il progetto esecutivo per la delocalizzazione dello stabilimento veniva aggiornato a Lire 120 miliardi e il finanziamento a Lire 87 miliardi.
Il 50% del contributo veniva erogato ed incominciava la interminabile vicenda del collaudo.
Nel 1992 la Commissione di collaudo accertò lavori per poco più di 60 miliardi di lire; nel 1994 ci fu una prima proroga del termine dei lavori al 5.6.1996. Al 31.5.1996 veniva chiesta una nuova proroga al 28.2.1997; il 24.2.1997 veniva chiesta una ulteriore proroga dei lavori al 30.6.1997.
Nel frattempo della vicenda si interessano sia la magistratura ordinaria sia quella amministrativa, ed incomincia un braccio di ferro col Ministero competente per la cessione in fitto di un ramo d’attività.
Richiesta che viene respinta una prima volta nel 1997 ed una seconda volta nel 1998.
In data 20.6.1997 la ditta comunica la ultimazione dei lavori. Il collaudo, però, viene chiesto solo il 15.7.1999 ossia dopo 2 anni dalla comunicazione di completamento dei lavori. Ciò nonostante in data 30.8.1999 viene comunicato alla ditta che il collaudo può essere avviato solo dopo l’approvazione della perizia. Solo nel 2000 veniva comunicato al Ministero la presentazione dei documenti della perizia.
Ma soltanto il 28.1.2002 si stipula apposito atto di transazione fra la ditta Pezzullo Molini Pastifici e Mangimifici s.p.a. ed il Ministero delle attività produttive, col quale, a seguito di rinuncia da parte della ditta Pezzullo s.p.a. di ogni tipo di richiesta risarcitoria per la sospensione della procedura, disponibilità a presentare nuova fidejussione che verrà poi quantificata in 78 miliardi di lire.
Disponibilità a rinunciare a qualsiasi ulteriore contributo a fronte di maggiore spesa rispetto all’importo ammesso nel 1991, si procede ad avviare l’approvazione della perizia e subito dopo il decreto di approvazione della perizia ad avviare le procedure di collaudo che saranno approvate con D.M. del 29.12.2003.
Dopo questo iter così contorto, è una storia ormai ventennale, nel 2005 la Nestlè Italiana comunica la cessione della Pezzullo Molini Pastifici e Mangimifici s.p.a. a TMT.
In definitiva dopo 20 anni e un finanziamento pubblico di oltre 70 miliardi di lire, la Pezzullo viene ceduta e pochi mesi dopo la cessione si registra il primo blocco di licenziamenti: 20/25 persone vengono “mobilitate”.
Nel frattempo il Mangimificio viene disattivato, col distacco anche della corrente.
Dopo due anni la dichiarazione di esuberi, legati, sembra, ad una perdita di una commessa di diecimila quintali.
E’ cronaca di questi giorni: la società dichiara 36 esuberi.
Il sindacato accetta l’idea dell’esubero, ma contratta sul numero e sui lavoratori che debbono andare in mobilità: 20, di cui 14 in fase di pensionamento e 6 “incentivati” ad essere volontari.
La trattativa dura mesi, fino a che l’ultimo giorno utile, prima dell’avvio delle procedure di legge, c’è l’incontro a Napoli in Regione.
Il padrone propone 25 licenziamenti, poi scende a 23.
Il sindacato accetta il numero ma resiste sul fatto che questi debbano essere individuati fra i “pensionanti” e i volontari.
Su questo si rompe la trattativa. Verbale negativo, si avvia la procedura di licenziamento.
Incominciano ad arrivare le lettere di licenziamento, secondo i criteri di legge.
Vengono colpiti i più giovani, ma anche situazioni allucinanti come quella lavoratrice con due bambini a carico e marito invalido. Unica entrata familiare che, improvvisamente svanisce.
I lavoratori mantengono l’ “Unità”, chiamano la città alla lotta: manco a parlarne avevano dimenticato che Eboli, nella logica degli ebolitani, finisce a S. Giovanni.
Le forze politiche latitanti, del resto quella non era la fabbrica dove il posto passava da padre in figlio?
Alibi facile, e debole, per nascondere una drammatica realtà: le forze politiche, ad Eboli, non hanno più alcun legame sociale. Non sono più in grado di mobilitare neanche i propri iscritti (veri o falsi che siano!), i riti si consumano tutti nelle istituzioni.
Che tristezza!
Ma questa non era la Eboli che nel 1974 tenne per quattro giorni l’Italia divisa in due?
Non era la Eboli laboratorio politico e culturale, soprattutto a sinistra?
Nel frattempo il “padrone” ha un ripensamento ci si incontra a Salerno in Prefettura, si afferma la disponibilità ad un nuovo incontro in Regione con la possibilità di riaprire quel “verbale negativo”.
A Napoli il padrone, per bocca dei suoi rappresentanti propone: 23 licenziamenti, scompare il riferimento ai criteri di legge, 50 cassa integrazione, di cui 27 a rotazione e 23 fissi (l’anticamera del licenziamento?).
Dopo 9 mesi appuntamento per verificare la situazione!
Il sindacato accetta.
Poi il colpo di scena: il “padrone” telefonicamente disconosce i suoi rappresentanti. Quella proposta non va bene.
Il giorno dopo la questione si sposta a livello nazionale.
A Roma il padrone accetta la proposta, avanzata dai suoi ma che ha bocciata a Napoli.
E’ una vittoria di Pirro?
I lavoratori non sanno se essere soddisfatti o preoccupati.
Ma non c’è neanche il tempo di ragionare: il giorno appresso, il 9 maggio, arriva la comunicazione di “attivazione procedura di mobilità per cessione attività produttiva……..”.
Le motivazioni sono a pagina tre della comunicazione: “negli ultimi mesi nel territorio si sono determinate condizioni di degrado e di instabilità, determinate dal noto problema dei rifiuti in Campania e dalle conseguenti continue situazioni di tensioni locali (blocchi stradali, incendi, sommosse popolari)…..”!!!
E ancora: “in aggiunta quanto sopra, si ricorda che durante il corso del mese di Aprile, come previsto con decreto del Commissario Straordinario, nelle zone prospicienti lo stabilimento è divenuta pienamente operativa un’area di stoccaggio di rifiuti…….”
Inutile commentare!
Ritorna la tensione. Ritornano in campo i sindacati nazionali e, finalmente, l’accordo si firma nei termini proposti a Napoli.
Alcune domande:
- in questa vicenda qualcuno ha visto una proposta di piano industriale per capire quali sono le prospettive e quali le intenzioni del “padrone”?
- il Mangimificio resterà chiuso, o finalmente qualcuno ragionerà sulla riapertura?
- La famosa fidejussione versata nel 2003, verrà restituita lo stesso, allo scadere dei cinque anni?
Certo è ben strana la vicenda di questo stabilimento costruito con i soldi pubblici della legge 219/1981 le cui finalità, viene ricordato nell’atto di transizione fra Ministero e la Nestlè, erano: “ di promuovere nuovi investimenti e nuova occupazione e, al contempo, di eliminare ulteriori oneri a carico dell’Amministrazione...”
Nuovi oneri non so se ce ne sono stati, ma per quanto riguarda nuovi investimenti e nuova occupazione, mi sembra, Eboli stia aspettando.
Quand’è che il Ministero riprenda in mano l’intera vicenda?
Questa doveva essere la prima forte richiesta da parte dell’Amministrazione Comunale.

Socialisti al potere...e all'opposizione


Il potere logora chi non ce l'ha? Non sempre è vero. Prendete i socialisti ebolitani. Sono passati tutti nel partito democratico. I socialisti di Conte. I delfini di Cuomo. I terzisti di Lioi e Guercio. Per 18 anni hanno predicato la riunificazione del Psi (morto con Bettino Craxi). Si sono ritrovati nella stessa barca, tutti insieme, differenti e distanti, con la nascita del Pd. E la legge dei grandi numeri ha prodotto la prima vittima. Il difensore civico. O meglio, il candidato Massimo Del Mese. Uomo dell'Udeur, socialista in seconda battuta, su Del Mese, i socialisti hanno scatenato un dibattito in consiglio, noioso e nauseante. Si doveva evitare, dice l'opposizione, difendendo il Del Mese lancinato dalla guerra intestina ai socialisti. Divisi da Tangentopoli, ricompattati dal Pd, di nuovo spaccati sul primo argomento, quello del difensore civico.
La prima "razza" socialista è quella contiana. Erano all'opposizione. E facevano politica, con la pi maiuscola. Analisi puntuali, proposte semplici, idee condivisibili. Folgorati dal nulla amministrativo, sono tornati in maggioranza. Senza ragione. E qui lo scenario e gli animi sono cambiati. Se piove una critica sul sindaco, i contiani bofonchiano. Se un cantiere si ferma, la colpa è della classe operaia, sfaticata e indolente. La batosta alle elezioni del 13 aprile, diventa una vittoria condivisa (Berlusconi nasce socialista, servitore tuttofare di Craxi). Se le ecoballe invadono Coda di Volpe, le responsabilità vanno condivise con il centrodestra (perchè?). Alle inaugurazioni sorridono felici, dimenticando che quei progetti sono delibere di altrui giunte. Manifesti non ne scrivono più. Proposte, non ne avanzano più. Fatta eccezione per il vecchio porto turistico (ultimo pallino socialista per cui combattono i contiani). Parlano di sviluppo di Eboli, osannando il Melchionda da loro bastonato, negli ultimi 16 mesi. Amano parlare nei corridoi, ma in consiglio sono praticamente muti. Per la legge del capogruppo, i socialisti hanno ceduto lo scettro (e la parola) a Mauro Vastola (ex socialista, anche se lo nega sempre). Cosa è rimasto dei socialisti? Un appiattimento totale.
C'è poi la seconda razza di socialisti. Quelli dello Sdi. Gli ex amici di Conte, fuggiti da Santa Cecilia quando son piovute le grane giudiziarie. Pochi iscritti, poco effervescenti. Fanno numero, ospitando chiunque. Reclamano la patente di veri socialisti italiani. Chi li guidi, non s'è mai capito. E per chiarirlo, non fanno niente. Non hanno un leader, ma tanti soldati. Gregari eterni di un padrone altro, non avranno mai la maglia rosa. A loro va bene così, minimalisti al traguardo.
La terza razza di socialisti è composta dalla corrente di Antonio Cuomo. Li chiamano i mappamondisti. Hanno girato l'intero mondo politico, per trovare una sistemazione "definitiva". Loro non parlano di politica. Loro vogliono le poltrone della politica. Prima il posto, poi si discute. Prima firmi la cambiale, poi diventiamo amici. Entrati in maggioranza, hanno monopolizzato le cariche più importanti: sicurezza, segretario comunale, settore tecnico comunale, difensore civico (non ancora) e comando dei vigili urbani (c'erano quasi riusciti). Ogni questione, diventa una sfida con i contiani. Il neodeputato ha un pallino, superare il maestro Conte.
I socialisti sono tornati. Governano la città. Con le tre sfaccettature. Una volta conquistato il potere, tra prosopopea e flash fotografici, il contatto con la gente hanno perso. La contestazione a Coda di Volpe? "E' di una sparuta minoranza" dicono. Contestare chi contesta non è mai un felice esercizio. Farlo senza idee, denota un impoverimento culturale. Mai furono il partito del no, anche quando erano all'opposizione. Ma una volta al potere, il loro mutismo e le difese d'ufficio del sindaco, puzzano di servilismo ideologico che a loro non si addice. Arrivederci socialisti, all'opposizione era tutta un'altra musica.

Una casalinga in Parlamento - L’ex Senatrice di Rifondazione si racconta


Non è stato certo un percorso facile quello della mia esperienza parlamentare vissuto in questa legislatura , la XV,che passerà alla storia non solo per essere stata la più breve , ma, e , soprattutto come quella che avrà cambiato il panorama politico e messo in discussione i paradigmi della rappresentanza democratica nel nostro Paese.
Un’esperienza dura soprattutto per chi , come me, ha dovuto conciliare la propria tendenza alla riservatezza e la gestione di un ruolo pubblico. E’ stato come sempre : mio malgrado al centro della scena , con l’ansia , questa volta, che l’occhio di bue mettesse in luce le mie paure.
Ma la “rappresentazione” è stato il problema più grande: scenografia bellissima ,ma una regia approssimativa,che tradiva il testo e che ha fatto emergere le incoerenze di molti dei suoi interpreti. Uso un linguaggio teatrale per definire ciò che ho vissuto in quell’Aula ,dove,spesso la politica ha assunto le forme moderne di un volgare avanspettacolo. Resta forte , però , il mio convincimento della legittimità istituzionale di quel luogo a svolgere la propria attività legislativa, come prevista dalla nostra Costituzione, la cui storia consegna ancora dignità e credibilità al nostro Paese.
Tornando a me, diverse e numerose le volte in cui mi sono chiesta cosa ci facessi lì con la mia storia, le mie modalità il mio percorso politico di militante, con il mio linguaggio che non volevo si omologasse a forme che non mi rappresentavano e che ritenevo inefficaci ed inadeguate a un corpo sociale che voleva sentir parlare di se stesso in modo più aderente ai suoi moduli espressivi. Da qui la scelta di riportare nei miei interventi ciò che registravo incontrandomi con le persone,facendole parlare,quando possibile, attraverso di me ,come nel caso dell’indulto,dove,usando la prima persona, ho riportato le testimonianze dei detenuti incontrati nelle carceri; le preoccupazioni degli LSU dei Consorzi ,delle Comunità Montane e del Parco del Cilento - Valle Di Diano , in occasione dei tagli agli enti non territoriali previsti nel DPEF ; o come nel caso del provvedimento sulla sicurezza stradale,dove ho concluso la mia relazione con le considerazioni espresse da uno studente in un tema in classe sulle stragi del sabato sera.
E’ stata una esperienza che mi ha dato l’opportunità di crescere nella mia formazione politica attraverso la relazione costante con l’istituzione parlamentare , le sue problematiche ed il confronto con le compagne ed i compagni che non conoscevo e che non mi conoscevano nella maggior parte, ma con i quali oggi condivido un grande affetto e stima reciproci.
Più complesso il mio ruolo istituzionale sul territorio. E’ sempre molto difficile far capire che essere parlamentare non significa avere la “bacchetta magica” per la risoluzioni di problemi che dovrebbero vedere la politica impegnata nella sua forma più alta e trasparente e non costipata in “cupole di potere” ,alimentate da quel clientelismo che cronicizza i problemi collettivi per la sola risoluzione dei problemi di singoli.
Ho vissuto anche una grande solitudine politica ed istituzionale : eppure non mi sono mai negata a nessuno che mi proponesse incontri o manifestazioni .
E’ mancato un forte coordinamento con le altre dirigenze del partito e con gli altri compagni sul territorio che, spero ,abbiano solo sottovalutato la grande opportunità che una rappresentanza territoriale offriva per consolidare la nostra politica ed aumentare ,con la nostra sensibilità , il consenso : allontano da me l’idea che ciò possa essere stato voluto immolando la politica al personalismo.
Nonostante ciò , la gente mi è stata molto vicina e ho raccolto dappertutto testimonianze di simpatia e stima ,che hanno contribuito ad accrescere la mia credibilità .
E poi le donne!
Da noi la politica di genere denuncia ancora delle forti contraddizioni , soprattutto rispetto alla rappresentanza e che vengono dall’interno del mondo femminile stesso.
Un momento importante, però, è stato quello della costituzione del Coordinamento delle parlamentari, che ha consegnato un luogo non formale in cui confrontarsi e fare sintesi sulle tematiche più sensibili, mettendo a valore il nostro punto di vista DIFFERENTE.
Ma la nostra “differenza” va riconosciuta anche nei modelli con cui abbiamo agito il ruolo di parlamentari che da un lato sono stati il nostro punto di forza,ma dall’altro anche un punto di grande debolezza e vulnerabilità,perché i modelli di riferimento riconosciuti e legittimati sono ancora e solo quelli maschili. Sono ,comunque,un po’ stanca di sistemi ed apparati –politiche e partiti- ripiegati su se stessi a difendere lobby maschili e che non hanno ancora modificato il proprio genotipo da fare ,della differenza di genere,un valore aggiunto che migliora le pratiche e le dialettiche politico-istituzionali. Ancora,noi donne costrette a rivendicare il diritto alla partecipazione ed alla rappresentanza ,proponendo quote o criteri di alternanza-nella nostra regione completamente disattesi- nei processi costitutivi delle liste elettorali a garantire un riequilibrio di genere, a destra –che nel nostro caso ci ha scavalcato- come a sinistra :considero tutto questo una delle tante vergogne della politica italiana.
Da quanto risulta , per la prima volta al Senato ,tra gli scranni c’è stata una casalinga , facendo storcere il naso a qualcuno , ma smentendo chi pensava e pensa che “una donna di casa” abbia una formazione,una appartenenza ed una partecipazione sociale inadeguate alla vita politica ed al lavoro parlamentare.
Nel mio primo intervento in Aula esordii invitando tutti a ricordare che ancor prima di essere parlamentari si è Cittadini della Repubblica italiana :è un principio in cui credo molto Infine un augurio alla Politica:che sappia ridarsi credibilità,dignità e stile per un futuro migliore .


Trentova - In pericolo l’integrità della spiaggia agropolese


E’ la spiaggia più amata dagli agropolesi. D’inverno per una passeggiata romantica, d’estate per fare il bagno e prendere il sole sulla spiaggetta su cui sventola la bandiera blu. Poco importa se nei mesi più caldi dell’estate trovare un po’ di posto per l’asciugamano è come cercare un parcheggio gratuito a Salerno.
La Baia di Trentova è degli agropolesi: concordano coloro che lì immaginano un grosso villaggio turistico e coloro che invece la vorrebbero per sempre così com’è, una baia incastonata tra il blu del mare e il verde della vegetazione che la circonda.
Eppure l’eventualità di un villaggio turistico a Trentova, da anni ventilata e che oggi torna a essere una possibilità, già inizia a riscuotere nuovi “no”. A sollevare il caso, mentre l’amministrazione guidata da Franco Alfieri muove i primi passi verso la creazione di una grossa struttura ricettiva, è il consigliere comunale di Rifondazione Comunista, Pippo Vano. «Il futuro della baia lo devono decidere i cittadini – propone il capogruppo di Rc - attraverso un referendum». Pippo Vano era nel “Gruppo 21 marzo” che nel 1984 si costituì in comitato per opporsi a un progetto analogo. Intanto sono trascorsi 24 anni.
«Non siamo contrari a valorizzare Trentova - spiega il consigliere Vano - ma lo vogliamo fare nel rispetto dei vincoli ambientali (Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano) e paesaggistici che da decenni sono posti a tutela di quell'area. Noi abbiamo già palesato in una riunione di maggioranza la nostra posizione, che è critica ma non di veto assoluto. Ma il modello di impresa posposto da Sviluppo Italia, un mega villaggio, produrrebbe solo confini ed aree riservate agli ospiti sottraendo di fatto Trentova agli agropolesi. Questa amministrazione ha ben interpretato le aspirazioni e le ambizioni degli agropolesi per quanto riguarda il centro storico, ponendo in essere un piano di riqualificazione e il piano colore, e con l'acquisizione del castello. Altrettanta attenzione è stata posta sulla gestione del porto, revocando la convenzione con Campania Navigando (satellite di Sviluppo Italia), e potenziando le basi nautiche comunali, restituendo, di fatto, il porto agli agropolesi. Mi sembra strano che ora voglia concedersi una caduta di tensione proprio su Trentova: uno dei simboli più cari agli agropolesi. Meglio ascoltare l'opinione dei cittadini, magari, in ultima ipotesi, attraverso un referendum».
Non è dello stesso avviso il primo cittadino di Agropoli Franco Alfieri, che vede nella realizzazione di un progetto sostenibile una grande possibilità di valorizzazione dell’area: «In primo luogo ritengo che si faccia confusione pensando a Trentova in tutta la sua estensione. Il progetto, che è ancora alle battute preliminari, prevede la realizzazione di strutture ricettive ad almeno 400 metri dal mare. Al momento non ci sono atti ufficiali, c’è un percorso iniziato con Italia Turismo, con la firma di un protocollo d’intesa. Nelle prossime settimane passeremo a elaborare la strategia da utilizzare. Quel che certo è che stiamo pensando ad un intervento sostenibile che permetta di valorizzare e preservare allo stesso tempo l’area. Il contatto è con Club Med, il che porterebbe non solo il Cilento, ma tutta la Campania, visto che non è presente nella nostra regione, nel mercato del turismo di alta qualità».

La mia banda suona il rock - Alibìa, Yres e gli altri.


Eboli è rock, direbbe Celentano. Ed in effetti, volendo prenderlo alla lettera, non avrebbe poi tutti i torti. Da sempre il territorio ebolitano è fucina di giovani talenti musicali, alcuni dei quali superano i confini locali e approdano a scenari importanti. Ai vertici, per notorietà, sono due band: Alibia e Yres.
Gli Alibia li conosciamo bene. Li abbiamo visti in televisione, al tg2 e a Blob. Li ascoltiamo dalle maggiori radio nazionali, tra cui Radio Deejay, ed i videoclip dei loro singoli sono trasmessi dalle maggiori tv musicali: Mtv, All Music, Match Music, ecc. Il loro secondo album “Tra tutto e niente” è stato accolto positivamente dalla critica. Tanti i consensi e numerosi i riconoscimenti ricevuti. Numerose anche le date del tour, che li vede esibirsi nelle maggiori manifestazioni di tutta Italia. Innovativa la loro musica e l'osmosi tra testo e suoni. Due voci, una maschile ed una femminile, si intrecciano e si fondono in ogni canzone, rendendo lo stile della band unico ed inimitabile.
Altra band: gli Yres. Anche loro ebolitani. La loro incoronazione avviene nel 2005, quando vincono il premio di miglior band a Sanremo Rock. Ma anche la loro carriera è più che decennale. Il primo demo prodotto risale al 1997. Solo pochi mesi fa spopolava il loro ultimo singolo “48”. Ha fatto molto discutere la canzone esclusa dalle selezioni per Sanremo, che di colpo è diventata l'inno ufficiale dei padri separati. Il tema è molto delicato: quarantotto sta per il numero di ore che un padre separato può stare con il proprio figlio a causa de “l'inutile formula che mi rende padre solo nel week end”. Anche per loro si contano numerose presenze in tv, in radio, sulla stampa ed i videoclip dei loro singoli sono in rotazione sulle maggiori tv musicali.
Alibia ed Yres sono le due punte di diamante – così possiamo definirle – del panorama musicale locale. Ma sul territorio c'è un grande movimento di idee e progetti molto stimolanti che riguardano giovani e giovanissimi. A partire dalle scuole, e dai licei. E' lì che nascono, da sempre, i gruppi musicali. Anche i più famosi, quelli a cui di solito ci si ispira: vedi U2, Radiohead, Coldplay. E nei licei ebolitani le band di giovani studenti non mancano affatto. Se ne contano poco meno di una decina, da una indagine superficiale, solo tra i due maggiori licei: scientifico e classico. Il panorama musicale è vasto: si va dalle tribute band, a gruppi grunge, fino a cantautori in erba. La cultura musicale è molto sviluppata, ed il dibattito fra i giovani musicisti è più che mai aperto. I ragazzi delle diverse band si conoscono fra loro, ascoltano la musica degli amici, esprimono opinioni, a volte fondono i gruppi per una serata di puro divertimento. Alle proprie spalle hanno pomeriggi interi di prove nei garage di casa o nella sala prove comunale. Spesso la musica è per loro una valvola di sfogo a dispetto delle convenzioni sociali, e sempre essa rappresenta un motivo di crescita umana e culturale. I gruppi sono formati da quattro elementi: voce, chitarra elettrica, basso e batteria. Ogni gruppo si da un nome particolare, con un determinato significato che connota il progetto della band. Fra le cover più frequenti ci sono pezzi di rock alternativo italiano, da Afterhours a Marlene Kuntz passando per i Verdena, ma anche tanto pop anni ottanta, fino ai classici del rock internazionale. La presenza di una marcata fascia giovanile dedita al mondo della musica è certamente motivo d'orgoglio per la città, che vede i suoi giovani avvicinarsi alla musica, all'arte rompendo i rigidi schemi per cui si vuole che a diciotto anni si parli solo di calcio e discoteche. Le numerose giovani band ebolitane dimostrano che lo stereotipo del ragazzo senza interessi né ideali è un errore di generalizzazione. Non importa che le major discografiche di fatto siano cieche dinnanzi a tali fenomeni e puntano tutto su progetti sterili costruiti in studio. Quel tipo di musica è molto lenta. Le band ebolitane sono rock!

La locanda di Emmaus - Un progetto per i ragazzi a rischio


«Era stato il sogno che aveva caratterizzato la mia vita: dare una dignità a quelli che ci aspettano, a coloro che confidano sul nostro amore e sostegno, perché escano dalla categoria anonima e senza volto di chi ha bisogno, ed entrino nei cuori di tutti come sono entrati nei nostri che li abbiamo conosciuti». Queste sono le parole di Don Pasquale Incoronato, alla base del suo progetto di vita: salvare dei ragazzi “a rischio” strappandoli alla strada e alla camorra, recuperando queste esistenze sia dal punto di vista umano che sociale con attività religiose, didattiche, ludiche e sportive nel Centro di Pastorale "La Locanda di Emmaus" e presso l'Oratorio "San Domenico Savio", luoghi sottratti al degrado e alla malavita, restituiti al territorio e alla comunità. Don Pasquale, parroco di Santa Maria del Pilar ad Ercolano, responsabile della Pastorale Giovanile dell'Arcidiocesi di Napoli, docente di Teologia Pastorale presso la Pontificia Università Teologica Italia Meridionale, ha portato la sua testimonianza durante l’incontro organizzato dall’Equipe dei Giovani, rappresentativa delle varie realtà cattoliche della nostra città, il 29 marzo scorso. Ha iniziato il suo intervento con un gesto simbolico: sceso dal palco, si è mischiato tra i giovani, ha parlato il loro linguaggio, li ha coinvolti. Ha tagliato le distanze, ha spezzato i toni di una formalità spesso assordante e di poca sostanza. Esempio di una “Chiesa” che vuole parlare davvero ai giovani e che probabilmente ci riesce, se pensiamo che 80 ragazzi, “i miei scugnizzi”, come teneramente li definisce, sono stati tolti dalla strada «evitando che diventassero manovalanza della camorra». Ha raccontato alcune storie dei ragazzi di cui si “prende cura” insieme ad un gruppo di volontari: vite fatte di droga, violenza, criminalità, ma anche di esiti positivi. «Dopo la mia esperienza fatta in giro per il mondo in particolare in Spagna, con “los niños de rua” – spiega Don Pasquale – tornato ad Ercolano, ho voluto fare qualcosa anche per i miei ragazzi. Sono andato nei vicoli, in quei vicoli dove sono stato anch’io, li ho incontrati, ho giocato con loro, ho insegnato loro il catechismo, anche se all’inizio non è stato facile». La “Locanda di Emmaus”, una struttura requisita alla camorra, presa in comodato d’uso dal Comune di Ercolano, rimessa a posto è diventata un luogo per i giovani in cui «ho messo fianco a fianco i figli dell’agio con i figli del dis-agio, così tutti sono uguali, avendo una sola cosa: la cura». Don Pasquale è stato vittima di minacce da parte della criminalità organizzata: «In tutti questi anni, ho ricevuto non poche minacce. Nella mia città vivono due clan, di cui uno fa parte della mia parrocchia. Vedendo il forte richiamo che questo mio impegno aveva tra la gente, si sono sentiti in minoranza. Una volta una donna, mi disse: “Don Pasquà, tu ci servi vivo!” Questo fu un chiaro invito a fare un passo indietro. Ed io il passo indietro l’ho fatto. Ho evitato di fare denunce pubbliche, ma ho lavorato in mezzo alla gente. La lotta alla camorra la faccio, togliendo i giovani dalla strada. E’ una lotta più fine, che non appare sui giornali, più pericolosa forse, ma offrire a questi ragazzi un posto diverso dalla strada, è la sfida della Chiesa, è l’evangelizzazione della carità». Il problema dei giovani oggi, secondo don Pasquale «è la mancanza di affetto vero, la nostalgia di una carezza. Se uno non ha visto amare i genitori da piccolo, difficilmente saprà amare domani. Ai giovani manca “la cura” – ha sottolineato, facendo riferimento ad una famosa canzone di Battiato – Curarsi degli altri è bellissimo». «Cosa vuol dire “mi sarete testimoni”? Chiedetevi “dove stanno i giovani ad Eboli”, “cosa fanno”, “come vivono”. Mettete al centro Gesù e siate accanto ai vostri sacerdoti, sempre. La preghiera è importante, ma sempre unita all’azione».

Consiglio Regionale della Campania Gruppo Consiliare del Partito della Rifondazione Comunista

Interrogazione

All’Assessore alle attività produttive e agricoltura Andrea Cozzolino

Premesso che le analisi condotte sul latte di bufala finalizzato alla produzione di mozzarella di bufala campana, hanno confermato che, salvo una piccola percentuale concentrata nell’area del casertano, la nostra produzione è esente da presenza di diossina;
che i nostri produttori, hanno subito danni enormi, causati dal blocco della produzione per il periodo occorso per avere i risultati delle analisi;
che le associazioni di categoria hanno quantificato in circa 100 milioni di euro il danno accusato dall’intero comparto;
che ora si pone la necessità di una strategia di rilancio del marchio DOP per recuperare quote di mercato perse durante questa crisi;
che anche realtà territoriali si sono attivate per mettere in campo iniziative tese a recuperare l’immagine del prodotto leader del nostro settore agro – alimentare, come il progetto “La Grande Bufala” che coinvolge l’intero territorio della Regione interessato dalla produzione dall’Aversano alla Piana del Sele, ma che incomprensibilmente ostacoli burocratici sembrano vanificare questi sforzi;
si interroga per sapere in che modo codesto assessorato intende intervenire per fronteggiare il grave danno che il comparto bufalino ha subito a seguito della crisi da diossina; se intende rifinanziare la L.R. 3/2006 tesa a fronteggiare situazioni di crisi di tali portata; quali atti intende porre in essere per rilanciare il marchio della mozzarella di bufala campana, così duramente colpito nella sua immagine; se codesto assessorato intende muoversi in sinergia con i territori per porre in essere una strategia di rilancio del marchio della mozzarella di bufala campana, e perché progetti che hanno coinvolto province, comuni e associazioni di categoria, come la “Grande Bufala”, non vengono tenute in considerazione.


Proposte di legge

Sala del Commiato: “Disposizioni per la realizzazione di locali per la celebrazione delle esequie civili o di confessioni religiose minoritarie.

La società post-moderna, multietnica e pluriculturale impone la coesistenza di culture e religioni assai diverse, nei cui confronti lo Stato deve promuovere una effettiva integrazione e valorizzare la diversità delle credenze religiose, ma anche delle convinzioni non religiose. Per questo molti cittadini fanno rilevare l’esigenza di poter disporre di spazi dedicati all’accoglimento di salme di persone che in vita avevano espresso il desiderio di ricevere un funerale laico. E’ forte il bisogno di uno spazio non-confessionale o pluri-confessionale per la commemorazione dei defunti, realizzato in modo da garantire l’accoglimento del feretro e dei partecipanti in un ambiente adatto allo svolgimento della cerimonia funebre. Mentre nel caso della funzione celebrata in Chiesa, quest’ultima costituisce un luogo di incontro in grado di accogliere quanti desiderino parteciparvi, non è offerta la medesima opportunità a coloro che abbiano disposto per un funerale non religioso o di una confessione religiosa minoritaria. Pertanto lo Stato, deve predisporre adeguati luoghi, attrezzati e decorosamente arredati, per la commemorazione dei defunti.
Tali luoghi, che denominiamo «Sale del commiato» dovranno essere realizzati dai Comuni in spazi da essi individuati, eventualmente anche all’interno dei cimiteri, in maniera da consentire tempi e modalità di svolgimento delle esequie che garantiscano il rispetto delle volontà del defunto e dei loro familiari, nonché il dovuto decoro nella celebrazione del rito.

Disciplina delle procedure per il rilascio di autorizzazioni all’attività di acquicoltura di specie ittiche inclusi i grandi pelagici in mare aperto

La Proposta di legge relativa all’acquicoltura di specie ittiche in mare aperto, nasce dall’esigenza di porre ordine in un settore cui potrebbe essere affidato gran parte del futuro della pesca in Regione Campania.
E’ indispensabile porre fine ad una sorta di anarchia che, oltre a determinare conflitti fra comuni con vocazione o interessi diversi, pone spesso questa attività o come qualcosa di impossibile a realizzarsi per i vincoli che di volta in volta vengono imposti, o come una vera alterazione dall’ambiente e quindi in rotta di collisione con altre attività economiche, come quelle turistiche, che puntano tutto sulla qualità delle acque al fine della balneazione.
La proposta di Legge si compone di 11 articoli.A partire dall’articolo 3 si entra nel merito delle procedure per il rilascio dell’autorizzazione all’acquicoltura e quindi: il numero e la tipologia delle gabbie, i mesi dell’allevamento, il volume ed il numero degli individui in allevamento, sia per il pre-ingrasso che per l’ingrasso.
L’articolo 5 disciplina la Valutazione d’impatto ambientale che , ovviamente, deve tenere conto di quelle che sono le caratteristiche ambientali del sito ove vengono avviate le attività di acquicoltura.
L’articolo 6 descrive le prescrizioni tese a ridurre l’impatto ambientale : la distanza dalla costa, l’altezza della colonna d’acqua, fino alle barriere naturali depuranti.

Interventi per la prevenzione, igiene, cura e riabilitazione odontoiatrica per tutti.

La sanità costituisce un costo per il singolo cittadino che deve pagare il ticket di fronte a determinate prestazioni, oppure rette e contributi in caso di ricovero in RSA, che si deve rivolgere al privato, per potere accedere a prestazioni sanitarie in tempi ragionevoli. Molti cittadini e molte famiglie si sono impoveriti e si impoveriscono per sostenere i costi della sanità.
Uno di questi – molto pesanti – è quello per le cure dentarie. Come avviene per ogni patologia prevenibile, i costi da sostenere per le cure quando le malattie si instaurano sono molto elevati.
A questa considerazione bisogna aggiungere anche quella delle ricadute sulla salute generale dei cittadini delle patologie del cavo orale, spesso sottovalutate.
Nella stragrande maggioranza dei casi soltanto una piccola parte della popolazione riesce ad affrontare i costi delle cure odontoiatriche erogate in ambito privato e le tariffe e i livelli di appropriatezza sono più derivati dall’andamento del mercato che da valutazioni oggettive.
Perché le cure odontoiatriche sono al di fuori delle prestazioni, dei livelli essenziali di assistenza? Perchè il Servizio Sanitario Nazionale le esclude in gran parte dal suo intervento?
La legge finanziaria per il 2007 ha stabilito per l’assistenza odontoiatrica una quota ulteriore di 100 milioni di euro oltre alla spesa attualmente sostenuta. Un’inezia rispetto al reale fabbisogno, tuttavia possiamo vederla come un inizio, una modalità di aprire la strada all’effettivo inserimento delle cure dentarie nei Livelli Essenziali di Assistenza.
L’obiettivo della proposta di legge è proprio quello di inserire progressivamente il sistema di prevenzione e cura dei denti all’interno dei LEA.
Sono previste due fasi per giungere allo scopo: la prima di rendere effettivo e uniforme ciò che fin’ora rientra nei LEA: prevenzione e cure odontoiatriche rivolte ai bambini e adolescenti, agli anziani ultrasessantacinquenni ed alle persone con redditi bassi; una seconda fase nella quale si attiva nel Servizio Sanitario Nazionale un servizio odontoiatrico pubblico rivolto a tutti i cittadini.
Si incoraggia l’accreditamento dei privati con la definizione di tariffe praticabili anche dai ceti meno abbienti. questi studi – oltre ad essere accreditati - debbano svolgere Azioni preventive in coordinamento con il Servizio Pubblico.
Sempre in questa prima fase hanno diritto alle cure dentarie gratuite tramite il sistema dell’accreditamento con le strutture private accreditate anche i cittadini con bassi redditi. Il reddito ISEE verràa usato come riferimento.
Il successivo passaggio riguarda l’organizzazione del servizio odontoiatrico pubblico il quale dovrà svolgere tutte le funzioni, da quella preventiva fino a quella curativa e protesica.

Il fantasma di Eboli - I socialisti rispondono a I cento passi


Ho letto con attenzione gli articoli su “I cento Passi” del 14 febbraio 2008 e ritengo utile fare un po’ di chiarezza con fatti e dati oggettivi, contro ogni forma di demagogia per ristabilire la verità.
Dal 1993 ad Eboli non c’è pace nel centro sinistra. Parafrasando Marx: “Un fantasma si aggira per Eboli” (si parva licet…). Si tratta di un fantasma ‘politico’, che cerca di tormentare, in modo anche abbastanza maldestro, chi oggi è impegnato a rimediare, tra le altre cose, ad anni di gestione autocratica della nostra città e del nostro territorio.
Questo “nostro” fantasma dopo aver costruito le proprie fortune politiche sulla demagogia ha la spudoratezza di passare pure come bacchettatore degli altri. Certo, quando la solitudine avvolge e travolge e quando si è praticamente ignorati da tutti non ci sono altri modi, per far sentire la propria presenza, che parlare e sparlare senza cognizione di causa; in parole povere, parlare a vanvera manipolando la verità e stravolgendo i fatti. Ad onor del vero e di cronaca, va ricordato che i socialisti non sono al governo di questa città dal settembre 1992.
A quella data i Socialisti, impegnati in amministrazione con l’ex PCI, hanno lasciato il Comune di Eboli con un patrimonio immobiliare di oltre 40 milioni di Euro di opere pubbliche. Solo per fare qualche esempio, ma l’elenco è lungo: va ricordato la costruzione dei 250 alloggi della 219/81; il Palasele e lo Stadio Dirceu ultimati al 95%; la realizzazione di alcune scuole elementari e medie; l’istituzione di due asili nidi, la costruzione di ben quattro caserme (Vigili del Fuoco, Carabinieri, Finanza, Polizia Stradale); la realizzazione all’80% dell’asse viario di Serracapilli, la costruzione di gran parte dell’attuale rete fognaria ed idrica, la pubblica illuminazione del centro cittadino e delle zone periferiche, oltre ad aver assicurato ad Eboli la più alta percentuale, in Italia, di case di edilizia pubblica abitativa e favorito l’edilizia agevolata.
Per non parlare degli ingenti finanziamenti di cui ha goduto Eboli con la legge 219/81, il cui relatore era l’on. Carmelo Conte.
Grazie a quella legge è stato ricostruito il centro storico e tutti i poderi dell’Ente di Riforma nella nostra piana.
Sul piano urbanistico i socialisti hanno concorso ad approvare il PRG di Fuccella negli anni ‘70 e ad attuarlo negli anni successivi, consentendo la crescita ordinata del centro di Eboli e delle zone periferiche ed impedendo ogni scempio urbanistico.
Come socialisti, negli ‘80-‘90 avevamo anche proposto il “Progetto Eboli” che prevedeva, oltre le cose innanzi citate che sono state realizzate, anche lo sviluppo della fascia costiera con la costruzione di un porto turistico, l’Interporto, la previsione di PIP turistici, artigianali e commerciali, su quelle aree che già avevano insediamenti preesistenti, sorti in modo spontaneo o in contrasto con il P.R.G., al fine di disciplinare quanto già realizzato e prevederne lo sviluppo (si pensi alla stessa Fascia Costiera, i nuclei lungo la SS. 18 ed S.P. 30, la località Tavernanova - Ponte Barizzo e l’attuale area PIP) la realizzazione di un campo da Golf sulle colline di Eboli nei terreni di proprietà Comunale; l’allargamento ed illuminazione della S.P. 30 (cosiddetta Eboli-mare) per collegare il centro della Città con il suo bellissimo litorale.
Fu un progetto avversato a tutti i livelli e da tutte le componenti politiche di opposizione dell’epoca e anche da chi condivideva la responsabilità di governo del Comune e che esprimeva quasi sempre il Sindaco o la maggioranza in Giunta.
Un progetto sicuramente troppo ambizioso per l’epoca (migliaia di passi in avanti sulla via dello sviluppo) perciò avversato e ostacolato, ma costantemente ritrovato nei programmi degli altri candidati a sindaco della città, anche se sotto mentite spoglie.
Dal 1993 ad Eboli non è dato sapere quale progetto strategico sia stato previsto ed attuato per la città, nonostante le risorse finanziarie ricevute in dote, ben 13 miliardi delle vecchie lire.
Il piano PUAD è naufragato sotto i colpi della magistratura penale, il P.R.G. è inattuabile, non lo diciamo noi, ma lo affermano valenti professionisti in materia. Piazza della Repubblica sfregiata nel disegno tanto da renderla invisa agli stessi Ebolitani; il PIP ingessato nella società consortile, pensando che in Eboli vi fossero 70 piani industriali degni di questo nome; la multiservizi priva, sin dalla nascita, di ogni capacità di investimento sia in risorse materiali sia professionali ma ricca, fortunatamente, di personale capace e volenteroso non sempre al meglio utilizzato.
Vogliamo parlare delle tante attività produttive ebolitane ormai scomparse durante l’amministrazione precedente per mancanza di sostegni e di incentivi? Del Polo Pediatrico perso in favore di Acerra? Vogliamo parlare del degrado dei quartieri che ha raggiunto livelli da dopoguerra? Vogliamo parlare del tanto strombazzato risanamento del patrimonio abitativo comunale da attuarsi solo tramite lo sfratto degli occupanti non in regola? Per gli abbattimenti sulla fascia costiera è giusto precisare che all’epoca si sono venute a creare una serie di condizioni favorevoli a cui non si poteva non dare seguito; mentre non si è poi posto in essere alcun progetto di riqualificazione della zona e di interventi per favorire lo sviluppo turistico, come è avvenuto nelle zone pinetate di altri comuni. Vogliamo parlare degli alloggi di Edilizia Pubblica Residenziale del Centro Storico ricostruiti con i fondi della legge 41/81, senza curarne l’esproprio e l’accatastamento, creando problemi di definizione degli atti di acquisto da parte degli acquirenti e tutto a discapito del comune? Vogliamo parlare delle feste estive costate ai contribuenti fior di quattrini e che si sono risolte in vere e proprie bufale (alla ricerca di una cultura alternativa…) a cui hanno partecipato i soliti pochi, se non pochissimi, intimi? Ci sarebbe tanto da dire ancora sul CDR a Battipaglia e sulle conseguenze negative determinate dal ciclo dei rifiuti; conseguenze che ancora paghiamo; ci sarebbe tanto da dire sulla cittadinanza alla Baraldini (le cui illustri imprese negli Stati Uniti sono note a tutti), ma fermiamoci qui per carità di patria.
Sarebbe opportuno ricordare a questo qualcuno che tanto si dimena che il suo è il classico caso in cui il buon senso impone di tacere, se si vuole evitare di mettere in mostra le proprie lacune sparlando degli altri.
Tornando alla questione dei parcheggi, chissà che intende quando scrive nel suo articolo che si proponeva, “in anni ormai antichi” (sic), di fare di piazza Borgo “una sorta di Campo dei fiori ebolitana?”.
Non penso che sia più possibile fare politica evocando solo immagini affascinanti, anche se poetiche! Se avesse voluto veramente realizzare un posto simile ne avrebbe avuto il tempo e le condizioni economiche; invece, per fare un esempio, ha voluto semplicemente ristrutturare (e non ricostruire) le palazzine “Fort Apache”di piazza Borgo, riportando la situazione abitativa e sociale agli anni cinquanta; eppure, come egli stesso ammette, i fondi regionali per l’eliminazione di baracche gli avrebbero permesso la costruzione di 72 e non 11 nuovi alloggi da destinare agli aventi diritto.
Alla luce, infine, delle recenti vicende elettorali emerge, inoltre, che il nostro fantasma politico ha avuto centinaia di occasioni negli anni della sua amministrazione per ricostruire una forte unità a sinistra. Ha rifiutato e ha ignorato tutti gli inviti, soprattutto dei socialisti, per una riconciliazione delle forze di sinistra. Tale atteggiamento fa pensare che, secondo lui, solo una anacronistica contrapposizione delle forze di sinistra avrebbe potuto assicurargli la sopravvivenza politica. Di segno opposto è stata l’azione del Sindaco Melchionda (che dopo qualche incertezza iniziale) ha cercato e realizzato, con il contributo determinante dei socialisti, la ricomposizione del centro sinistra ebolitano.
Il nostro personaggio, invece, mostrando di non prendere atto della realtà, tira diritto per la sua strada, tenacemente attestato su posizioni ormai radicate e continua a sparare nel mucchio, anche se il suo attuale ruolo dovrebbe spingerlo ad intraprendere strade politiche diverse, soprattutto in un periodo, come l’attuale, in cui le barriere e gli steccati ideologici devono essere superati per la sopravvivenza stessa dell’intera sinistra.

La raccomandazione - Un lettore indignato

Lessi il suo mensile per la curiosità che mi suscitò il suo titolo, "i cento passi", in quanto appassionato di cinema più che di politica. Da quel giorno ho continuato a leggerlo con piacere e curiosità intellettuale. Nell'uscita del 15 marzo un articolo da lei scritto non mi ha suscitato interesse bensì indignazione, mi riferisco all'assegnazione "casuale" dei posti come scrutatori, ho fatto un giro dei seggi, e ho intravisto le solite facce, gli amici degli amici, figli di autorevoli professionisti, addirittura la moglie di un assessore. Io ho votato all'Istituto Agrario, e come diceva Indro Montanelli. “Quando si è indecisi" bisogna tapparsi il naso e scegliere il male minore. A quanto pare anche questa volta non vincerà il più forte, ma perderà il più debole. Politica dal greco significa " scienza dello stato, capacità di gestire e governare le sorti di una nazione" è spaventevole pensare che possa vincere una persona che ha confuso la politica con l'imprenditoria, che non fa mai un riferimento storico, e crede di convincere gli italiani con le sue barzellette da demenza senile. Ma io non voglio invischiarmi nella politica nazionale, voglio parlare di quello che succede nella mia Eboli, la città delle rotatorie, delle fontanelle e delle madonnine ingannevoli. Si parla della riqualificazione della fascia costiera, del centro storico, ma uno dei più antichi e radicati malcostumi italiani: la raccomandazione, regna incontrastata in questo paese di ipocriti e voltagabbana. Per un centinaio di euro scarsi si sono prostituiti, si sono presi la briga di ritornare dalle università in cui alimentano il loro presunto "sapere", sono nauseato da tutto ciò, e la mia indignazione figlia di un bisogno di equità, nasce dalla consapevolezza che c'erano centinaia di ragazzi che avevano fatto regolare domanda, che sono stati esclusi a priori, per non aver in famiglia una persona influente, semmai ragazzi a cui potevano veramente far comodo quei pochi soldi. Io non sono un politico, nè un avvocato con doti oratorie, di conseguenza nel maneggiare la sintassi e nello scegliere i vocaboli ho potuto offendere la nostra madre lingua, ma io non offendo la dignità delle persone e dei miei concittadini. Ad Eboli nella città delle pari opportunità tutto cambia affinchè rimanga tutto uguale.
Il buon Totò aveva proprio ragione, " La legge per gli altri si applica, per gli amici si interpreta”.