Follie verbali e...razzismo politico
L'amministrazione Melchionda comunica agli utenti: “abbiamo chiuso l'iter per la zona industriale. Ora devono darsi da fare i privati”. Domanda: ma i lotti non utilizzati perchè non sono stati revocati? E la voragine degli imprenditori ex Ds? Sui lotti passati di mano in mano, si è fatta piena luce? Aspettiamo. Con parve speranze. Eboli aveva un grande ospedale. Tra proclami vanesi e parole al vento, i politici di Eboli hanno scritto cartoline sui giornali, quelli di Battipaglia hanno realizzato i fatti. Avevamo un gingillo sanitario. Battipaglia ci inseguiva. Equilibri capovolti. Sarà Eboli, adesso, la succursale ospedaliera. Arrestato dopo 3 mesi di scorribande, il sospettato numero 1 delle 25 risse estive. La domanda sorge spontanea. Vacanze troppo lunghe, alla Procura della Repubblica di Salerno? Settembre razzista a Eboli. Se assumo te, devo prendere 10 Maiale e 10 Marotta. E’ la risposta che si è sentita dire Daniele Bonelli, dal timonier comunale. Razzismo strisciante? No, razzismo pragmatico. Corsetto fa perdere i voti al centrodestra, sbattendo fuori dal comune uno "zingaro" che vota Berlusconi e che chiedeva a Corsetto più incisività all'opposizione dormiente. Ingiuria razziale, zingaro di merda non si dice. Ma c'è di più. L'estrema Destra, orfana della Santanchè, chiede l'esercito a Eboli. Il giorno prima c'èra stata una rapina a un distributore di benzina. Domanda: nell'Agro Nocerino ci mandiamo i Marines? Follie verbali. Centrosinistra al governo e Pdl che non fa opposizione, hanno una soluzione geniale: murare San Nicola Varco. Costo dell'operazione? Efficacia dell'operazione? Parole al vento nella fumosa politica ebolitana. Noi stiamo con Petrillo: "datevi una mossa, politici ebolitani, la città sta morendo". Sommersa di incompetenza, clientele e verbosità razziale.
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Francesco Faenza Direttore de I cento passi
La ramazzata - Grandi pulizie al comune di Eboli
Finalmente! Aveva gridato l’intero popolo, ebolitano leggendo i titoli dei giornali locali di due settimane fa: “Ramazzata politica ad Eboli!”
L’ebolitano medio (quello che “non capisce di lirica” per cui viene orbato di “Vissi d’arte” a vantaggio di qualche neo – melodico di ultimo grido, fra gli applausi di qualche “ pseudo – presidente” di qualche “pseudo – associazione” “ pseudo culturale”) ancora una volta aveva frainteso.
Aveva pensato che, alla buon ora, lo “sceriffo tricolore” in salsa nostrana ed i “suoi” collaboratori avessero deciso di caricarsi la ramazza in spalla ed andare a pulire la città dalle migliaia di sacchetti di “monnezza" abbandonati sulla strada per Olevano, sulla statale per Battipaglia, a via Serracapilli ecc. un servizio fotografico di un caro amico fotografo, anticipato sulla stampa, renderà noto di un dato evidente a tutti: “la città è sporca”!
Ma, poi, leggendo bene gli articoli gli ebolitani hanno ricevuto una grande delusione: il repulisti politico, riguardava fisicamente mezza giunta comunale.
Come sempre, grazie ai nostri infiltrati, siamo in condizione di ricostruire nei dettagli quella drammatica giornata a vantaggio dei nostri lettori.
Lo “sceriffo col tricolore” in salsa nostrana, aveva passato l’ennesima notte insonne sul tetto della casa Comunale. Aveva cercato, inutilmente, di trovare qualche iniziativa che gli consentisse di guadagnare la prima pagina dei giornali. Ma come lo “sceriffo di Salerno” si candida alla presidenza della regione, tutti ne parlano, e lui? Aveva pensato di far ergere una gogna in piazza della Repubblica ove esporre quella prostituta sbattuta in carcere a Roma a terra, svenuta, semi nuda e coperta di polvere. Ma lo “sceriffo” parmense era stato lapidario: “mi serve ancora per fare compagnia al ragazzo ghanese che abbiamo picchiato a sangue e messo in galera. Cavolo, mica sono un negriero! Anche ai condannati nelle carceri di massima sicurezza, nel periodo medioevale, si dava la possibilità di intrattenersi con qualche prostituta”.
Aveva pensato di far scavare una fossa sul viale Amendola per la lapidazione di quella coppietta ebolitana beccata a scambiarsi effusioni in auto al PalaSele. Ma quelli della ditta (tutti uomini di Rosania?) hanno ribattuto che non avevano gli uomini, tant’è che aveva pensato a prendere un paio di operai per 3 ore. (3 ore, 3 mesi, è lo stesso).
Poi non se ne è fatto più niente e quei due operai si sono “incazzati”. Ingrati! Invece di ringraziare perché si è “pensato” a loro. Come si dice quando si porta un regalo a una festa? Bastava il pensiero.
Alle 8.00 apre l’edicola di fronte e dal tetto lo “sceriffo col tricolore” legge la locandina: “Rosania si candida a Sindaco per il 2010”.
“MANNAGGIA TUTTI LI PESCETTI” fu l’urlo spaventoso che si levò (con apposita ordinanza è stata vietata in tutta la città l’espressione “mannaggia la miseria” da quando Anselmo Botte ha intitolato così il suo libro, meraviglioso, su San Nicola Varco!).
Le cronache parlano di vetri in frantumi, di allarmi scattati, di vecchietti tramortiti dal suono orribile.
Lo “sceriffo in tricolore” mette mano alla sua “biro” blu calibro “44 magnum” ed all’istante mette giù un documento che tutti gli ebolitani, compresi i nascituri da qui al 2010, avrebbero dovuto firmare: la sua ricandidatura alle prossime elezioni.
Ma che sia più semplice attraversare l’intero oceano Pacifico, con una canoa bucata a remi e col mare forza 9, piuttosto che ottenere l’unanimità di consensi all’interno del PD, è cosa nota a tutti (anche a Veltroni).
Capita, quindi, che qualche personaggio di novella elezione, approdato al PD dopo “procellosa” attraversata dell’intero arco costituzionale, leggendo il documento abbia detto, facendo il gesto dell’ombrello, in ebolitano corrente “ tiè!”! e io che ‘nce guaragno?”
È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Lo “sceriffo in tricolore”, incazzato nero, per distendere i nervi, ha afferrato la ramazza e si è messo a pulire nel corridoio dinanzi al suo ufficio, lì dove stazionavano tre suoi collaboratori che, per ristorarsi dalle fatiche della carica assessorile, stavano facendo una partita a “Shangai”.
La ramazza non ha fatto distinzioni fra bastoncini e collaboratori: ramazzati! Chiusi nel sacchetto (quello grigio del secco indifferenziato) e messi fuori dal portone in attesa del ritiro!
Al diffondersi della notizia scene di panico hanno attraversato la città.
Al quartiere Pescara sono state viste donne in gramaglia nera che si graffiavano il volto e piangevano a dirotto chiedendosi: “chi veglierà sulla nostra sicurezza?” (Avete visto che l’assessore alla sicurezza c’era? Non era un’invenzione di Cecco. Certo forse neanche lui conosceva le sue mansioni tanto che, sembra, quando una cittadina gli chiese se la sua competenza alla sicurezza coprisse anche il centro antico, rispose: “un attimo che chiedo!”) chi perlustrerà l’intera città con la macchina col lampeggiante e fidanzata al fianco? Terrore anche nella confraternita del mattone. Il grande interrogativo esposto in uno striscione che attraversa l’intera Piazza della Repubblica parlava chiaro “chi ci darà ora la nostra variante quotidiana al PRG?”.
Le scene più strazianti sembra essersi verificate sulla strada per Olevano dove intere colonie di ratti, proliferati nelle migliaia di sacchetti di “monnezza” abbandonati e terrorizzati che adesso qualcuno, finalmente, avrebbe disposto per la rimozione. Sembra che in coro abbiano intonato una vecchia canzone di Claudio Baglioni “ Assessore non andare via…”.
In un primo momento s’era sparsa la voce che anche “l’assessore col fantasma” fosse stato “ramazzato”. Quando il pettegolezzo è rientrato le conseguenze sono state drammatiche: stando alle statistiche la curva dei suicidi in Campania negli ultimi 50 anni ha toccato, all’apprendimento della smentita, il suo picco più alto.
Ora l’intero paese è in trepidante attesa della nomina dei sostituti. La veglia con le candele accese si susseguono sotto il “palazzo del potere”.
I “Cento passi” assume un impegno per l’edizione del dicembre 2009, quando si pensa che potrebbe aversi un accenno di ipotesi dell’idea di un ipotetico nome di sostituto, ne daremo immediata comunicazione ai nostri lettori.
Povera Eboli! Peggio di così…
S’io fossi foco arderei ‘l mondo
L’ebolitano medio (quello che “non capisce di lirica” per cui viene orbato di “Vissi d’arte” a vantaggio di qualche neo – melodico di ultimo grido, fra gli applausi di qualche “ pseudo – presidente” di qualche “pseudo – associazione” “ pseudo culturale”) ancora una volta aveva frainteso.
Aveva pensato che, alla buon ora, lo “sceriffo tricolore” in salsa nostrana ed i “suoi” collaboratori avessero deciso di caricarsi la ramazza in spalla ed andare a pulire la città dalle migliaia di sacchetti di “monnezza" abbandonati sulla strada per Olevano, sulla statale per Battipaglia, a via Serracapilli ecc. un servizio fotografico di un caro amico fotografo, anticipato sulla stampa, renderà noto di un dato evidente a tutti: “la città è sporca”!
Ma, poi, leggendo bene gli articoli gli ebolitani hanno ricevuto una grande delusione: il repulisti politico, riguardava fisicamente mezza giunta comunale.
Come sempre, grazie ai nostri infiltrati, siamo in condizione di ricostruire nei dettagli quella drammatica giornata a vantaggio dei nostri lettori.
Lo “sceriffo col tricolore” in salsa nostrana, aveva passato l’ennesima notte insonne sul tetto della casa Comunale. Aveva cercato, inutilmente, di trovare qualche iniziativa che gli consentisse di guadagnare la prima pagina dei giornali. Ma come lo “sceriffo di Salerno” si candida alla presidenza della regione, tutti ne parlano, e lui? Aveva pensato di far ergere una gogna in piazza della Repubblica ove esporre quella prostituta sbattuta in carcere a Roma a terra, svenuta, semi nuda e coperta di polvere. Ma lo “sceriffo” parmense era stato lapidario: “mi serve ancora per fare compagnia al ragazzo ghanese che abbiamo picchiato a sangue e messo in galera. Cavolo, mica sono un negriero! Anche ai condannati nelle carceri di massima sicurezza, nel periodo medioevale, si dava la possibilità di intrattenersi con qualche prostituta”.
Aveva pensato di far scavare una fossa sul viale Amendola per la lapidazione di quella coppietta ebolitana beccata a scambiarsi effusioni in auto al PalaSele. Ma quelli della ditta (tutti uomini di Rosania?) hanno ribattuto che non avevano gli uomini, tant’è che aveva pensato a prendere un paio di operai per 3 ore. (3 ore, 3 mesi, è lo stesso).
Poi non se ne è fatto più niente e quei due operai si sono “incazzati”. Ingrati! Invece di ringraziare perché si è “pensato” a loro. Come si dice quando si porta un regalo a una festa? Bastava il pensiero.
Alle 8.00 apre l’edicola di fronte e dal tetto lo “sceriffo col tricolore” legge la locandina: “Rosania si candida a Sindaco per il 2010”.
“MANNAGGIA TUTTI LI PESCETTI” fu l’urlo spaventoso che si levò (con apposita ordinanza è stata vietata in tutta la città l’espressione “mannaggia la miseria” da quando Anselmo Botte ha intitolato così il suo libro, meraviglioso, su San Nicola Varco!).
Le cronache parlano di vetri in frantumi, di allarmi scattati, di vecchietti tramortiti dal suono orribile.
Lo “sceriffo in tricolore” mette mano alla sua “biro” blu calibro “44 magnum” ed all’istante mette giù un documento che tutti gli ebolitani, compresi i nascituri da qui al 2010, avrebbero dovuto firmare: la sua ricandidatura alle prossime elezioni.
Ma che sia più semplice attraversare l’intero oceano Pacifico, con una canoa bucata a remi e col mare forza 9, piuttosto che ottenere l’unanimità di consensi all’interno del PD, è cosa nota a tutti (anche a Veltroni).
Capita, quindi, che qualche personaggio di novella elezione, approdato al PD dopo “procellosa” attraversata dell’intero arco costituzionale, leggendo il documento abbia detto, facendo il gesto dell’ombrello, in ebolitano corrente “ tiè!”! e io che ‘nce guaragno?”
È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Lo “sceriffo in tricolore”, incazzato nero, per distendere i nervi, ha afferrato la ramazza e si è messo a pulire nel corridoio dinanzi al suo ufficio, lì dove stazionavano tre suoi collaboratori che, per ristorarsi dalle fatiche della carica assessorile, stavano facendo una partita a “Shangai”.
La ramazza non ha fatto distinzioni fra bastoncini e collaboratori: ramazzati! Chiusi nel sacchetto (quello grigio del secco indifferenziato) e messi fuori dal portone in attesa del ritiro!
Al diffondersi della notizia scene di panico hanno attraversato la città.
Al quartiere Pescara sono state viste donne in gramaglia nera che si graffiavano il volto e piangevano a dirotto chiedendosi: “chi veglierà sulla nostra sicurezza?” (Avete visto che l’assessore alla sicurezza c’era? Non era un’invenzione di Cecco. Certo forse neanche lui conosceva le sue mansioni tanto che, sembra, quando una cittadina gli chiese se la sua competenza alla sicurezza coprisse anche il centro antico, rispose: “un attimo che chiedo!”) chi perlustrerà l’intera città con la macchina col lampeggiante e fidanzata al fianco? Terrore anche nella confraternita del mattone. Il grande interrogativo esposto in uno striscione che attraversa l’intera Piazza della Repubblica parlava chiaro “chi ci darà ora la nostra variante quotidiana al PRG?”.
Le scene più strazianti sembra essersi verificate sulla strada per Olevano dove intere colonie di ratti, proliferati nelle migliaia di sacchetti di “monnezza” abbandonati e terrorizzati che adesso qualcuno, finalmente, avrebbe disposto per la rimozione. Sembra che in coro abbiano intonato una vecchia canzone di Claudio Baglioni “ Assessore non andare via…”.
In un primo momento s’era sparsa la voce che anche “l’assessore col fantasma” fosse stato “ramazzato”. Quando il pettegolezzo è rientrato le conseguenze sono state drammatiche: stando alle statistiche la curva dei suicidi in Campania negli ultimi 50 anni ha toccato, all’apprendimento della smentita, il suo picco più alto.
Ora l’intero paese è in trepidante attesa della nomina dei sostituti. La veglia con le candele accese si susseguono sotto il “palazzo del potere”.
I “Cento passi” assume un impegno per l’edizione del dicembre 2009, quando si pensa che potrebbe aversi un accenno di ipotesi dell’idea di un ipotetico nome di sostituto, ne daremo immediata comunicazione ai nostri lettori.
Povera Eboli! Peggio di così…
S’io fossi foco arderei ‘l mondo
Non mi avete convinto! - lettera ai compagni di Rifondazione Comunista
Cari compagni, scrivo queste note per esprimere uno stato d’animo, senza pretesa di entrare nel dibattito, francamente deprimente, che sta accompagnando Rifondazione da mesi e senza aspettarmi di essere compreso.
Lo stato d’animo di un militante, nato nel P.C.I., cui avevo aderito nel 1971 a 14 anni, di cui ho vissuto la vicenda “dissolutoria” innescata dalla Bolognina, per aderire, poi, a Rifondazione fin dalla assemblea del teatro Brancaccio a Roma, fin da quando eravamo “movimento” con la tessera provvisoria nel portafoglio e quell’eccezionale dirigente, che si chiamava Sergio Garavini come segretario.
In 37 anni ho “mangiato” pane e politica nelle fila di un partito che, in modo esplicito, si rifaceva ai valori del “Comunismo”, inteso come movimento reale per abolire lo stato di cose presente (altro che “tendenza culturale” compagno Bertinotti!).
Con orgoglio ho svolto, e svolgo tutt’ora, le funzioni istituzionali cui Rifondazione mi ha chiamato: per nove anni Sindaco della mia città, Eboli; prima per due anni, consigliere comunale di opposizione, e da tre anni e mezzo Consigliere Regionale della Campania.
Una volta, forse, sarei stato collocato fra i “quadri intermedi” del partito. Quando esisteva una organizzazione di partito ed una selezione dei quadri.
La lotta alle tessere, le trame per occupare qualche poltroncina, il ricorso cinico al regolamento per “fottere” qualche compagno sono pratiche dalle quali, con accuratezza, mi sono tenuto lontano.
A me, in altri tempi, avevano insegnato che la battaglia politica è fatta di confronto di idee, anche aspro, ma all’interno di una grande “tensione unitaria”.
Per cui alla fine di un dibattito duro, esasperato, bisognava che si affermasse la capacità di sintesi fra posizioni diverse.
Questo consentiva ad un partito di sentirsi unito, pur all’interno di un confronto che continuava in se e di analisi, e consentiva a chi quel partito guidava di essere, effettivamente, il segretario di tutti e non di una parte.
Non c’era bisogno di proporre, generosamente, la condizione della gestione del partito e di una linea politica affermata a colpi di maggioranza.
Caro Ferrero, così non si costruisce un partito, ma si pongono le basi per una cristallizzazione delle posizioni e, quindi, prodromi di una scissione (a questo punto saremmo alla scissione dell’atomo).
Ma non mi meraviglio del’epilogo del nostro (o forse dovrei dire del vostro) congresso (io l’ho seguito con distacco e sconcerto).
Era un film già visto.
Il partito esce da una sconfitta di proporzioni devastanti, che non è solo politica, ma, purtroppo, soprattutto culturale.
Per la prima volta in questo dopoguerra i valori e la cultura di destra diventano egemonici in Italia e la sinistra si ritrova, non solo per la “cacciata” dal Parlamento, ed assolvere ad un ruolo marginale.
Questo disastro non lo si determina in qualche mese o con i due anni del governo Prodi.
Una lettura del genere, francamente, mi sembra auto assolutoria del gruppo dirigente che, negli ultimi anni, ha “costruito” questo partito in un certo modo, indipendentemente dal come oggi si sia “spalmato” nelle diverse mozioni.
Volete far credere a me che l’operaio di Mirafiori, intervistato da “Liberazione” dopo il 13 aprile e che con chiarezza diceva: ”io i comunisti non capisco neanche che ca..o dicono”, sia giunto a queste conclusioni a seguito dei due anni del governo Prodi, o per la scomparsa della Falce e Martello o per l’appello al “voto utile” di veltroniana memoria?
Se avessimo perso il 2% allora questa lettura avrebbe potuto essere valida. Ma di fronte alla disfatta del 13 aprile no! Decisamente non ci siamo!
Dove sono stati gli operai negli ultimi dieci anni di vita di Rifondazione?
Abbiamo pensato a “contaminarci” con i movimenti. Giusto! Ma dove sono oggi il movimento per la pace? Quello no global? O quello per i diritti civili? Sbaglio o tutti ripiegati su se stessi?
Mi guardo attorno e mi chiedo: qual è il soggetto sociale che mi ritrovo in una ineliminabile condizione di conflittualità con il capitale? Con le scelte economiche, sociali e culturali che il capitalismo impone?
Oggi come un anno fa, come dieci anni fa.
La risposta è sempre la stessa: i lavoratori! A maggior ragione oggi, allorquando il mondo capitalistico è squassato da una crisi paragonabile a quella del 1929.
Certo, non più classe operaia intesa in modo classico! Oggi in quella definizione vanno considerati i precari, le donne che pagano ancora la differenza di genere, i lavoratori dipendenti che non arrivano alla quarta settimana, i lavoratori migranti, senza diritti, i giovani che a 30/35 anni non hanno ancora la possibilità di costruirsi un futuro perché senza lavoro stabile, quelle migliaia di lavoratori che quel futuro avevano ma gli è stato sottratto con la espulsione del mondo del lavoro.
Questi sono i nostri soggetti sociali di riferimento.
Ad essi dobbiamo riuscire a dare una risposta concreta oggi sul terreno dell’occupazione, del disegno di uno sviluppo diverso.
Quale partito abbiamo costruito in questi anni?
Non andiamo bene il partito classico del “novecento”?
Ma cosa si è proposto in alternativa?
Il partito “leggero”, che rinuncia al suo ruolo di “intellettuale” collettivo, con una sua autonomia progettuale e di proposta!
Un partito tutto teso ad affermare la propria “credibilità” come “alleato affidabile” del centro – sinistra nel quale il ruolo degli “istituzionali” diventava decisivo nel rapporto con il sociale.
Addio “intellettuale collettivo”! Capace di discutere e di discutere e di tradurre quelle discussioni in proposta politica su cui cercare il confronto con i potenziali alleati.
Un partito ipocrita, pervaso da una volontà di esclusione del dissenso.
Questo abbiamo costruito.
Per quanti anni i compagni che avevano votato mozioni perdenti (vecchio vizietto quello del congresso a mozioni!) sono stati esclusi dagli organismi dirigenti a tutti i livelli?
Strano modo di selezionare i quadri dirigenti: non sulla base del valore dei compagni, ma sulla base dell’affidabilità.
E la questione morale che fine ha fatto?
Ma davvero volete far credere a me che nessuno ha colto la “mutazione genetica” che Rifondazione stava subendo in questi anni? Poi si grida allo scandalo per i giochini con le tessere nella fase congressuale!
Una cultura aziendalistica, in cui l’importante è gestire il “potere” nel partito, venata profondamente da una cultura stalinista (sempre dura a morire!) in cui il dissenso è messo al bando.
Forse agli atti del Partito a Roma ci saranno ancora le lettere di diffida al circolo di Eboli che nel 1997/98 era un vero laboratorio politico (altro che case della sinistra! Noi le avevamo già costruite!) in cui il capogruppo, il tesoriere, mezzo direttivo erano compagni senza tessera.
Ma la sezione era sempre piena. Si discuteva.
In seguito tutti tesserati, ma sol e sempre quattro amici al bar!
A fronte di questo quadro drammatico sullo stato del partito, di un dato elettorale devastante, mi sarei aspettato l’apertura di una grande stagione di ascolto di quelli che ci votano e non ci hanno votato più, di quegli operai che non capiscono cosa ca..o diciamo (altro che volantinaggio del neo segretario dinanzi alla fabbrica. Patetico). E invece no! Si cerca la precipitazione congressuale.
Su mozioni contrapposte, per altro, per ingessare il dibattito e regolare i conti! Lotta senza esclusione di colpi per “spartirsi” un guscio vuoto.
Abbiamo parlato, e continuiamo a parlare “a noi stessi di noi stessi”!
Una operazione tutta tesa a riciclare un gruppo dirigente che, oggi, al di là delle mozioni di appartenenza, sta ancora tutto lì.
Posso chiedere dove sta la novità? Ma soprattutto: dove sta la analisi della fase?
Posso chiedere a cosa è servita questa frattura verticale se non a mostrare la incapacità di fare “sintesi”?
Posso chiedere se alla fine di questo percorso congressuale quell’operaio che non capiva un ca..o, oggi capisca qualcosa di quello che diciamo?
Posso chiedere se questo congresso è servito alla Sinistra, a Rifondazione, al paese?
Posso chiedere se l’operaio (sempre lui) ha capito cosa propone la mozione Vendola che si riunisce per i fatti suoi ed avvia il tesseramento parallelo?
Posso chiedere al segretario Ferrero se continuando ad andare avanti con “relazioni spot” di basso profilo, piuttosto che con analisi approfondite della fase, ritiene di ricostruire un partito?
E posso, ancora, chiedere che senso ha in questo paese che la Sinistra (tutta fuori dal parlamento, ripiegata sotto i colpi della destra e del PD che intendono cacciarci anche dal parlamento europeo che tutta insieme non arriva al 5%) si presenti divisa in cinque o sei partitini? E con la protervia e l’intento suicida di continuare ad essere divisa! Vendola vuole Sinistra Democratica ma non Diliberto; Diliberto vuole il PRC ma non Sinistra Democratica; Ferrando vorrebbe Ferrero e basta; Ferrero, sinceramente, non ho capito con chi vuole cercare l’unità visto che no riesce a riunirsi neanche con Vendola.
Cari compagni, non mi convincete.
Su questa strada c’è soltanto la dissoluzione non solo del Partito della Rifondazione Comunista, non solo della Sinistra Comunista, ma della Sinistra nel suo complesso.
Io vorrei invitarvi a fermarci.
A fissare una sorte di pausa del confronto interno, come se Chianciano non ci fosse mai stato, ed aprire ora quella campagna di ascolto che non si è voluta avviare prima.
Ridiamo la voce non tanto ai 45.000 iscritti (ha ragione Revelli: almeno teniamoli nascosti questi dati miserevoli) allineati e coperti; ma a tutte le compagne ed i compagni, iscritti e non iscritti; a chi ci votava e ora non più; a chi vorrebbe votarci e non lo fa perché schifato da quello che stiamo combinando; agli operai perché siano protagonisti del dibattito, non perché leggono un volantino; ai precari; alle donne; ai movimenti residui.
Rimoviamo il congresso!
Vestiamoci di umiltà mettendoci in gioco tutti.
Ritroviamo il coraggio di andare prendere consensi e “pernacchie” nelle assemblee, nei luoghi di lavoro, nei quartieri popolari, nelle scuole.
Cerchiamo di indagare la fase.
Cerchiamo di capire da coloro che vorremmo rappresentare, di cosa c’è bisogno oggi.
Io rimango convinto della necessità storica, della costruzione di una “grande sinistra”, che tenga dentro tutto ciò che non è Partito Democratico, che si ponga l’obiettivo di costruire una organizzazione di massa, forse andando oltre gli schemi dei partiti del ‘900, ma cercando di prendere il meglio di quelle esperienze: la capacità di essere “intellettuale collettivo”; la tensione unitaria come bene prezioso del movimento operaio; l’ispirazione alla questione morale come modo d’intendere il ruolo della politica; la autonomia progettuale; la capacità d porsi il problema delle alleanze politiche e sociali; capace di essere, come direbbe Rossana Rossanda: “luogo di convergenza di molte vite, un tessuto fitto di fili spesso preziosi”, in cui i Comunisti, ritrovino il gusto di costruire l’egemonia, se ne hanno la capacità.
Se non è questo, io penso, ci ridurremo a sventolare le nostre bandiere rosse, mentre intorno il mondo è attraversato da grandi sconvolgimenti che non cogliamo a partire dalla grande crisi del cuore del sistema capitalistico.
Novella orchestra del Titanic.
Mi rendo conto che non è facile.
La via fino ad ora seguita, della divisione, della testimonianza, dei puri e duri, è quella più comoda, più semplice. Ma non paga. Non serve per costruire una società “altra”.
Non mi rimane che farvi gli auguri.
Io, militane ero e tale resterò.
Continuerò ad avere in tasca la tessera ma con essa c’è, nel mio cuore di vecchio comunista, ormai, il disincanto.
Per il resto eretico sono stato in questi anni, mai allineato all’esaltazione del Bertinotti – pensiero, ed eretico resterò.
Preferisco morire così, conservando quello che nel PCI mi hanno insegnato essere il bene più prezioso per un Comunista: l’autonomia di pensiero.
Lo stato d’animo di un militante, nato nel P.C.I., cui avevo aderito nel 1971 a 14 anni, di cui ho vissuto la vicenda “dissolutoria” innescata dalla Bolognina, per aderire, poi, a Rifondazione fin dalla assemblea del teatro Brancaccio a Roma, fin da quando eravamo “movimento” con la tessera provvisoria nel portafoglio e quell’eccezionale dirigente, che si chiamava Sergio Garavini come segretario.
In 37 anni ho “mangiato” pane e politica nelle fila di un partito che, in modo esplicito, si rifaceva ai valori del “Comunismo”, inteso come movimento reale per abolire lo stato di cose presente (altro che “tendenza culturale” compagno Bertinotti!).
Con orgoglio ho svolto, e svolgo tutt’ora, le funzioni istituzionali cui Rifondazione mi ha chiamato: per nove anni Sindaco della mia città, Eboli; prima per due anni, consigliere comunale di opposizione, e da tre anni e mezzo Consigliere Regionale della Campania.
Una volta, forse, sarei stato collocato fra i “quadri intermedi” del partito. Quando esisteva una organizzazione di partito ed una selezione dei quadri.
La lotta alle tessere, le trame per occupare qualche poltroncina, il ricorso cinico al regolamento per “fottere” qualche compagno sono pratiche dalle quali, con accuratezza, mi sono tenuto lontano.
A me, in altri tempi, avevano insegnato che la battaglia politica è fatta di confronto di idee, anche aspro, ma all’interno di una grande “tensione unitaria”.
Per cui alla fine di un dibattito duro, esasperato, bisognava che si affermasse la capacità di sintesi fra posizioni diverse.
Questo consentiva ad un partito di sentirsi unito, pur all’interno di un confronto che continuava in se e di analisi, e consentiva a chi quel partito guidava di essere, effettivamente, il segretario di tutti e non di una parte.
Non c’era bisogno di proporre, generosamente, la condizione della gestione del partito e di una linea politica affermata a colpi di maggioranza.
Caro Ferrero, così non si costruisce un partito, ma si pongono le basi per una cristallizzazione delle posizioni e, quindi, prodromi di una scissione (a questo punto saremmo alla scissione dell’atomo).
Ma non mi meraviglio del’epilogo del nostro (o forse dovrei dire del vostro) congresso (io l’ho seguito con distacco e sconcerto).
Era un film già visto.
Il partito esce da una sconfitta di proporzioni devastanti, che non è solo politica, ma, purtroppo, soprattutto culturale.
Per la prima volta in questo dopoguerra i valori e la cultura di destra diventano egemonici in Italia e la sinistra si ritrova, non solo per la “cacciata” dal Parlamento, ed assolvere ad un ruolo marginale.
Questo disastro non lo si determina in qualche mese o con i due anni del governo Prodi.
Una lettura del genere, francamente, mi sembra auto assolutoria del gruppo dirigente che, negli ultimi anni, ha “costruito” questo partito in un certo modo, indipendentemente dal come oggi si sia “spalmato” nelle diverse mozioni.
Volete far credere a me che l’operaio di Mirafiori, intervistato da “Liberazione” dopo il 13 aprile e che con chiarezza diceva: ”io i comunisti non capisco neanche che ca..o dicono”, sia giunto a queste conclusioni a seguito dei due anni del governo Prodi, o per la scomparsa della Falce e Martello o per l’appello al “voto utile” di veltroniana memoria?
Se avessimo perso il 2% allora questa lettura avrebbe potuto essere valida. Ma di fronte alla disfatta del 13 aprile no! Decisamente non ci siamo!
Dove sono stati gli operai negli ultimi dieci anni di vita di Rifondazione?
Abbiamo pensato a “contaminarci” con i movimenti. Giusto! Ma dove sono oggi il movimento per la pace? Quello no global? O quello per i diritti civili? Sbaglio o tutti ripiegati su se stessi?
Mi guardo attorno e mi chiedo: qual è il soggetto sociale che mi ritrovo in una ineliminabile condizione di conflittualità con il capitale? Con le scelte economiche, sociali e culturali che il capitalismo impone?
Oggi come un anno fa, come dieci anni fa.
La risposta è sempre la stessa: i lavoratori! A maggior ragione oggi, allorquando il mondo capitalistico è squassato da una crisi paragonabile a quella del 1929.
Certo, non più classe operaia intesa in modo classico! Oggi in quella definizione vanno considerati i precari, le donne che pagano ancora la differenza di genere, i lavoratori dipendenti che non arrivano alla quarta settimana, i lavoratori migranti, senza diritti, i giovani che a 30/35 anni non hanno ancora la possibilità di costruirsi un futuro perché senza lavoro stabile, quelle migliaia di lavoratori che quel futuro avevano ma gli è stato sottratto con la espulsione del mondo del lavoro.
Questi sono i nostri soggetti sociali di riferimento.
Ad essi dobbiamo riuscire a dare una risposta concreta oggi sul terreno dell’occupazione, del disegno di uno sviluppo diverso.
Quale partito abbiamo costruito in questi anni?
Non andiamo bene il partito classico del “novecento”?
Ma cosa si è proposto in alternativa?
Il partito “leggero”, che rinuncia al suo ruolo di “intellettuale” collettivo, con una sua autonomia progettuale e di proposta!
Un partito tutto teso ad affermare la propria “credibilità” come “alleato affidabile” del centro – sinistra nel quale il ruolo degli “istituzionali” diventava decisivo nel rapporto con il sociale.
Addio “intellettuale collettivo”! Capace di discutere e di discutere e di tradurre quelle discussioni in proposta politica su cui cercare il confronto con i potenziali alleati.
Un partito ipocrita, pervaso da una volontà di esclusione del dissenso.
Questo abbiamo costruito.
Per quanti anni i compagni che avevano votato mozioni perdenti (vecchio vizietto quello del congresso a mozioni!) sono stati esclusi dagli organismi dirigenti a tutti i livelli?
Strano modo di selezionare i quadri dirigenti: non sulla base del valore dei compagni, ma sulla base dell’affidabilità.
E la questione morale che fine ha fatto?
Ma davvero volete far credere a me che nessuno ha colto la “mutazione genetica” che Rifondazione stava subendo in questi anni? Poi si grida allo scandalo per i giochini con le tessere nella fase congressuale!
Una cultura aziendalistica, in cui l’importante è gestire il “potere” nel partito, venata profondamente da una cultura stalinista (sempre dura a morire!) in cui il dissenso è messo al bando.
Forse agli atti del Partito a Roma ci saranno ancora le lettere di diffida al circolo di Eboli che nel 1997/98 era un vero laboratorio politico (altro che case della sinistra! Noi le avevamo già costruite!) in cui il capogruppo, il tesoriere, mezzo direttivo erano compagni senza tessera.
Ma la sezione era sempre piena. Si discuteva.
In seguito tutti tesserati, ma sol e sempre quattro amici al bar!
A fronte di questo quadro drammatico sullo stato del partito, di un dato elettorale devastante, mi sarei aspettato l’apertura di una grande stagione di ascolto di quelli che ci votano e non ci hanno votato più, di quegli operai che non capiscono cosa ca..o diciamo (altro che volantinaggio del neo segretario dinanzi alla fabbrica. Patetico). E invece no! Si cerca la precipitazione congressuale.
Su mozioni contrapposte, per altro, per ingessare il dibattito e regolare i conti! Lotta senza esclusione di colpi per “spartirsi” un guscio vuoto.
Abbiamo parlato, e continuiamo a parlare “a noi stessi di noi stessi”!
Una operazione tutta tesa a riciclare un gruppo dirigente che, oggi, al di là delle mozioni di appartenenza, sta ancora tutto lì.
Posso chiedere dove sta la novità? Ma soprattutto: dove sta la analisi della fase?
Posso chiedere a cosa è servita questa frattura verticale se non a mostrare la incapacità di fare “sintesi”?
Posso chiedere se alla fine di questo percorso congressuale quell’operaio che non capiva un ca..o, oggi capisca qualcosa di quello che diciamo?
Posso chiedere se questo congresso è servito alla Sinistra, a Rifondazione, al paese?
Posso chiedere se l’operaio (sempre lui) ha capito cosa propone la mozione Vendola che si riunisce per i fatti suoi ed avvia il tesseramento parallelo?
Posso chiedere al segretario Ferrero se continuando ad andare avanti con “relazioni spot” di basso profilo, piuttosto che con analisi approfondite della fase, ritiene di ricostruire un partito?
E posso, ancora, chiedere che senso ha in questo paese che la Sinistra (tutta fuori dal parlamento, ripiegata sotto i colpi della destra e del PD che intendono cacciarci anche dal parlamento europeo che tutta insieme non arriva al 5%) si presenti divisa in cinque o sei partitini? E con la protervia e l’intento suicida di continuare ad essere divisa! Vendola vuole Sinistra Democratica ma non Diliberto; Diliberto vuole il PRC ma non Sinistra Democratica; Ferrando vorrebbe Ferrero e basta; Ferrero, sinceramente, non ho capito con chi vuole cercare l’unità visto che no riesce a riunirsi neanche con Vendola.
Cari compagni, non mi convincete.
Su questa strada c’è soltanto la dissoluzione non solo del Partito della Rifondazione Comunista, non solo della Sinistra Comunista, ma della Sinistra nel suo complesso.
Io vorrei invitarvi a fermarci.
A fissare una sorte di pausa del confronto interno, come se Chianciano non ci fosse mai stato, ed aprire ora quella campagna di ascolto che non si è voluta avviare prima.
Ridiamo la voce non tanto ai 45.000 iscritti (ha ragione Revelli: almeno teniamoli nascosti questi dati miserevoli) allineati e coperti; ma a tutte le compagne ed i compagni, iscritti e non iscritti; a chi ci votava e ora non più; a chi vorrebbe votarci e non lo fa perché schifato da quello che stiamo combinando; agli operai perché siano protagonisti del dibattito, non perché leggono un volantino; ai precari; alle donne; ai movimenti residui.
Rimoviamo il congresso!
Vestiamoci di umiltà mettendoci in gioco tutti.
Ritroviamo il coraggio di andare prendere consensi e “pernacchie” nelle assemblee, nei luoghi di lavoro, nei quartieri popolari, nelle scuole.
Cerchiamo di indagare la fase.
Cerchiamo di capire da coloro che vorremmo rappresentare, di cosa c’è bisogno oggi.
Io rimango convinto della necessità storica, della costruzione di una “grande sinistra”, che tenga dentro tutto ciò che non è Partito Democratico, che si ponga l’obiettivo di costruire una organizzazione di massa, forse andando oltre gli schemi dei partiti del ‘900, ma cercando di prendere il meglio di quelle esperienze: la capacità di essere “intellettuale collettivo”; la tensione unitaria come bene prezioso del movimento operaio; l’ispirazione alla questione morale come modo d’intendere il ruolo della politica; la autonomia progettuale; la capacità d porsi il problema delle alleanze politiche e sociali; capace di essere, come direbbe Rossana Rossanda: “luogo di convergenza di molte vite, un tessuto fitto di fili spesso preziosi”, in cui i Comunisti, ritrovino il gusto di costruire l’egemonia, se ne hanno la capacità.
Se non è questo, io penso, ci ridurremo a sventolare le nostre bandiere rosse, mentre intorno il mondo è attraversato da grandi sconvolgimenti che non cogliamo a partire dalla grande crisi del cuore del sistema capitalistico.
Novella orchestra del Titanic.
Mi rendo conto che non è facile.
La via fino ad ora seguita, della divisione, della testimonianza, dei puri e duri, è quella più comoda, più semplice. Ma non paga. Non serve per costruire una società “altra”.
Non mi rimane che farvi gli auguri.
Io, militane ero e tale resterò.
Continuerò ad avere in tasca la tessera ma con essa c’è, nel mio cuore di vecchio comunista, ormai, il disincanto.
Per il resto eretico sono stato in questi anni, mai allineato all’esaltazione del Bertinotti – pensiero, ed eretico resterò.
Preferisco morire così, conservando quello che nel PCI mi hanno insegnato essere il bene più prezioso per un Comunista: l’autonomia di pensiero.
Adasi - Storia di donne uguali
La mia amica Adasi viene dal Marocco e precisamente da Ben Mellai. Un giorno entrò in ufficio a chiedere “un po’ di pane”. Quella richiesta mi disorientò, forse perché a farla era una donna come me, quasi mia coetanea.
Nei giorni seguenti l’ho rivista spesso. Quando ha un piccolo spazio di tempo libero si viene a sedere accanto al mio PC e mentre lavoro chiacchieriamo. Impara presto e in fretta. E’ intelligente e volenterosa.
La sera quando fa il pane in quel vecchio forno sgangherato che arriva dal Marocco, me ne porta sempre un po’ in redazione ed io lo mangio volentieri davanti a lei, quando ancora è caldo.
Un giorno mentre camminavamo mi ha chiesto “Vitina, cosa vuol dire cretina?” e alla mia risposta-domanda “perché?” mi fa: “Perché la signora dove lavoravo mi diceva sempre cretina, cretina tu e la mamma tua che ti ha fatto”.
La signora che la chiamava cretina è la stessa che poi non l’ha pagata per il lavoro svolto presso la sua abitazione, solo perché Adasi, come tutti quelli come lei, non ha nessuno che possa far valere i suoi diritti.
Appena il sole accenna un sorriso sulla nostra Italia, ecco che a Lampedusa e lungo le nostre coste ricominciano ad arrivare i barconi della speranza.
Nei giorni seguenti l’ho rivista spesso. Quando ha un piccolo spazio di tempo libero si viene a sedere accanto al mio PC e mentre lavoro chiacchieriamo. Impara presto e in fretta. E’ intelligente e volenterosa.
La sera quando fa il pane in quel vecchio forno sgangherato che arriva dal Marocco, me ne porta sempre un po’ in redazione ed io lo mangio volentieri davanti a lei, quando ancora è caldo.
Un giorno mentre camminavamo mi ha chiesto “Vitina, cosa vuol dire cretina?” e alla mia risposta-domanda “perché?” mi fa: “Perché la signora dove lavoravo mi diceva sempre cretina, cretina tu e la mamma tua che ti ha fatto”.
La signora che la chiamava cretina è la stessa che poi non l’ha pagata per il lavoro svolto presso la sua abitazione, solo perché Adasi, come tutti quelli come lei, non ha nessuno che possa far valere i suoi diritti.
Appena il sole accenna un sorriso sulla nostra Italia, ecco che a Lampedusa e lungo le nostre coste ricominciano ad arrivare i barconi della speranza.
E i nostri governanti li fanno entrare senza far nulla contro coloro che sfruttano la speranza di queste persone. Anche il fratello di Adasi tra poco arriverà.
Ha pagato la modesta cifra di 6.000 Euro ad uno strozzino che gli ha assicurato l’arrivo in Italia, il permesso di soggiorno e un contratto di lavoro. Le ho detto: “Non farlo venire, Adasi, digli che la vita qui è difficile...digli che quello che gli hanno promesso è falso.” Ma lui verrà lo stesso e sarà un altro essere umano a cui qualcuno ha venduto dei sogni come fossero realtà. E non avrà nessuno che lo potrà difendere quando ne avrà bisogno, perché il clandestino c’è, lo Stato lo sa, ma non ha diritti, è un essere invisibile. Così è stato per quel loro amico che ha perso due dita sul lavoro, ma che han bene istruito per non dire in ospedale dove l’avesse perse. E così è per Adasi che dopo un mese di lavoro china sulle macchina da cucire, chiusa in una casa privata (così i controlli non possono venire) si è sentita dire che non le veniva dato il compenso pattuito perché il lavoro era fatto male.
Nel corso delle stagioni le nostre terre nascondono tra le alte file dei loro frutti, tanti extracomunitari...preziosi per il padrone fino ad una certa ora, dopo la quale non importa dove andranno e cosa faranno. Non importa se non avranno dove lavarsi, o dove mangiare un pezzo di pane decentemente, l’importane è che all’alba del nuovo giorno essi stiano al lavoro, pronti a lavorargli la terra per ingrossare le sue tasche (o ingrassare il suo stomaco.)
Non esiste un avvocato gratis per queste persone, ma esistono speculatori orribili che su una pratica di morte il cui risarcimento era di 110.000 euro, chiedono all'assistita un compenso di 90.000 euro, dimenticando che quella pratica era per la morte del marito e che alla donna era rimasta una carretta di bimbi piccoli da crescere.
Non so se Adasi ha un futuro in Italia, non so se riuscirà mai a rivedere il suo bimbo che non vede da 5 anni e che quando partì le si attaccò alla veste e non voleva lasciarla...mentre il vecchio padre le diceva: “Vai figlia mia, vai a cercare il lavoro e poi torni a prenderlo...!”.
Quando le accendo la web-cam per farla parlare con i suoi in Marocco, vedo i suoi occhi che si riempiono di luce...dall’altra parte quella gente fa un lungo viaggio per giungere nel posto dove potranno fare il collegamento con Adasi, ma il bimbo non c’è.... E lei ogni volta spera che ci sia, ma poi si rassegna ad ogni collegamento e dice “Va bene così..., arriva la prossima volta!”. Ma non c’è neanche la prossima volta e la prossima ancora perché per non farlo piangere non lo portano davanti a quel PC, e lei lo sa.
Spesso mi chiede delle nostre usanze, come si cucina il cavolfiore o la minestra con le patate...mi fa piacere farla partecipe della nostra cultura che lei non disprezza ma al contrario apprezza. Una cultura che non deve e non può sostituire la sua, ma arricchirla, come è giusto che sia. Io so che lei è uguale a me, ma non perché è donna, o perché sotto il velo ha la treccia uguale alla mia: è uguale a me perché su questa Terra siamo tutti uguali.
Nel corso delle stagioni le nostre terre nascondono tra le alte file dei loro frutti, tanti extracomunitari...preziosi per il padrone fino ad una certa ora, dopo la quale non importa dove andranno e cosa faranno. Non importa se non avranno dove lavarsi, o dove mangiare un pezzo di pane decentemente, l’importane è che all’alba del nuovo giorno essi stiano al lavoro, pronti a lavorargli la terra per ingrossare le sue tasche (o ingrassare il suo stomaco.)
Non esiste un avvocato gratis per queste persone, ma esistono speculatori orribili che su una pratica di morte il cui risarcimento era di 110.000 euro, chiedono all'assistita un compenso di 90.000 euro, dimenticando che quella pratica era per la morte del marito e che alla donna era rimasta una carretta di bimbi piccoli da crescere.
Non so se Adasi ha un futuro in Italia, non so se riuscirà mai a rivedere il suo bimbo che non vede da 5 anni e che quando partì le si attaccò alla veste e non voleva lasciarla...mentre il vecchio padre le diceva: “Vai figlia mia, vai a cercare il lavoro e poi torni a prenderlo...!”.
Quando le accendo la web-cam per farla parlare con i suoi in Marocco, vedo i suoi occhi che si riempiono di luce...dall’altra parte quella gente fa un lungo viaggio per giungere nel posto dove potranno fare il collegamento con Adasi, ma il bimbo non c’è.... E lei ogni volta spera che ci sia, ma poi si rassegna ad ogni collegamento e dice “Va bene così..., arriva la prossima volta!”. Ma non c’è neanche la prossima volta e la prossima ancora perché per non farlo piangere non lo portano davanti a quel PC, e lei lo sa.
Spesso mi chiede delle nostre usanze, come si cucina il cavolfiore o la minestra con le patate...mi fa piacere farla partecipe della nostra cultura che lei non disprezza ma al contrario apprezza. Una cultura che non deve e non può sostituire la sua, ma arricchirla, come è giusto che sia. Io so che lei è uguale a me, ma non perché è donna, o perché sotto il velo ha la treccia uguale alla mia: è uguale a me perché su questa Terra siamo tutti uguali.
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presidente associazione Tufara,
Vitina Paesano
La sanità nella Piana del Sele - Gli ospedali riuniti di Eboli e Battipaglia
Ci risiamo! Con una periodicità quasi scientifica ritorna l’allarme sanità nella Piana del Sele! Si chiudono gli ospedali di Eboli e Battipaglia. Si smantellano reparti. Sei anni fa la stampa nazionale (L’Espresso) elencò gli ospedali campani a rischio chiusura e fra questi, ovviamente, Eboli.
Cresce l’allarme sociale. Puntuali arrivano le proteste. Le dichiarazioni di guerra si sprecano. Si minacciano proteste clamorose da parte dei rappresentanti locali. Dall’altra parte i tecnici, i direttori generali ed amministrativi, come calcolatori impazziti snocciolano numeri e cifre per dimostrare che la situazione non è più sostenibile. Come se la sanità, ed io aggiungo la “Pubblica istruzione”, fosse materia da affrontare con l’occhio del ragioniere.
Che un problema di sovrapposizione dei presidi ospedalieri esista, è incontrovertibile. Che però il dato, in provincia di Salerno esista solo per Eboli e Battipaglia è francamente inaccettabile.
Per anni in regione Campania, e la provincia di Salerno non ha fatto eccezione, la politica sanitaria è stata intesa come apertura di nuovi ospedali sotto casa di qualche “ potente” di turno. Fare l’elenco sarebbe cosa non difficile.
Ridurre la questione degli “ospedali doppioni” alle sovrapposizioni di Eboli e Battipaglia non sola è fuorviante ma, ritengo, pericoloso in quanto stiamo parlando di presidi produttivi, con grande potenzialità di sviluppo e con un bacino di utenti di centinaia di migliaia di persone. Altrove neanche positività è riscontrabile.
Ma la cosa peggiore, però, rimane il tentativo di risolvere il tutto con un problema di numeri e di cifre.
Io ritengo che il problema più che di carattere finanziario attiene alla razionalità ed alla qualità della risposta sanitaria.
Prima questione: possibile che tutta la risposta sanitaria debba essere incentrata sul presidio ospedaliero? Per cui anche lo “starnuto” deve comportare il ricovero. E la scelta di far decollare i distretti, la rete capillare di presidi del Servizio Sanitario che facessero da filtro al presidio ospedaliero?
Seconda questione: possibile che alcune prestazioni sanitarie, o determinate indagini strumentali passino solo ed esclusivamente attraverso il privato convenzionato? Qual è la percentuale del bilancio dell’Asl Sa2 che copre le convenzioni e quale il pubblico? E quella politica del “riequilibrio” affermata con forza nel PIANO OSPEDALIERO REGIONALE che fine ha fatto? Detto questo, che in provincia di Salerno il problema ospedaliero della duplicazione, della irrazionalità, della risposta sanitaria sia più evidente è probabilmente vero. Tant’è che in occasione della discussione in consiglio regionale del paino ospedaliero, fu sulla “ questione Salerno” che si inceppò la discussione.
Eboli e Battipaglia ( e vogliamo ragionare anche di altre presidi?) sono in condizione di dare una risposta che vada nella direzione della razionalizzazione: l’ospedale unico della piana del Sele. Collocato in modo baricentrico tra le due città con un’uscita autostradale. Una struttura nuova, realizzata con criteri moderni, che unisca, valorizzi ed esalti le esperienze e le professionalità esistenti nei due presidi esistenti. Senza penalizzazioni. Una struttura che abbia i requisiti per ragionare come azienda ospedaliera autonoma, capace di rispondere alle emergenze in un’area enorme ma anche dare risposte di eccellenza. C’è volontà di discutere di questa cosa da parte dell’assessore regionale? Delle amministrazioni locali? Della direzione dell’ASL Sa2? Se questa volontà c’è le risposte devono essere conseguenti:
1) l’assessore metta in campo finanziamenti, autorizzazione e volontà politica;
2) i comuni mettano in campo le procedure urbanistiche ed amministrative per consentire l’opera.
3) Il direttore generale lasci perdere chiusure di reparti, svilimenti o umiliazioni di questo o di quel presidio ospedaliero. Allora niente chiusura del pronto soccorso di Eboli o Ginecologia a Battipaglia. Servirebbe solo ad esasperare gli animi.
Cresce l’allarme sociale. Puntuali arrivano le proteste. Le dichiarazioni di guerra si sprecano. Si minacciano proteste clamorose da parte dei rappresentanti locali. Dall’altra parte i tecnici, i direttori generali ed amministrativi, come calcolatori impazziti snocciolano numeri e cifre per dimostrare che la situazione non è più sostenibile. Come se la sanità, ed io aggiungo la “Pubblica istruzione”, fosse materia da affrontare con l’occhio del ragioniere.
Che un problema di sovrapposizione dei presidi ospedalieri esista, è incontrovertibile. Che però il dato, in provincia di Salerno esista solo per Eboli e Battipaglia è francamente inaccettabile.
Per anni in regione Campania, e la provincia di Salerno non ha fatto eccezione, la politica sanitaria è stata intesa come apertura di nuovi ospedali sotto casa di qualche “ potente” di turno. Fare l’elenco sarebbe cosa non difficile.
Ridurre la questione degli “ospedali doppioni” alle sovrapposizioni di Eboli e Battipaglia non sola è fuorviante ma, ritengo, pericoloso in quanto stiamo parlando di presidi produttivi, con grande potenzialità di sviluppo e con un bacino di utenti di centinaia di migliaia di persone. Altrove neanche positività è riscontrabile.
Ma la cosa peggiore, però, rimane il tentativo di risolvere il tutto con un problema di numeri e di cifre.
Io ritengo che il problema più che di carattere finanziario attiene alla razionalità ed alla qualità della risposta sanitaria.
Prima questione: possibile che tutta la risposta sanitaria debba essere incentrata sul presidio ospedaliero? Per cui anche lo “starnuto” deve comportare il ricovero. E la scelta di far decollare i distretti, la rete capillare di presidi del Servizio Sanitario che facessero da filtro al presidio ospedaliero?
Seconda questione: possibile che alcune prestazioni sanitarie, o determinate indagini strumentali passino solo ed esclusivamente attraverso il privato convenzionato? Qual è la percentuale del bilancio dell’Asl Sa2 che copre le convenzioni e quale il pubblico? E quella politica del “riequilibrio” affermata con forza nel PIANO OSPEDALIERO REGIONALE che fine ha fatto? Detto questo, che in provincia di Salerno il problema ospedaliero della duplicazione, della irrazionalità, della risposta sanitaria sia più evidente è probabilmente vero. Tant’è che in occasione della discussione in consiglio regionale del paino ospedaliero, fu sulla “ questione Salerno” che si inceppò la discussione.
Eboli e Battipaglia ( e vogliamo ragionare anche di altre presidi?) sono in condizione di dare una risposta che vada nella direzione della razionalizzazione: l’ospedale unico della piana del Sele. Collocato in modo baricentrico tra le due città con un’uscita autostradale. Una struttura nuova, realizzata con criteri moderni, che unisca, valorizzi ed esalti le esperienze e le professionalità esistenti nei due presidi esistenti. Senza penalizzazioni. Una struttura che abbia i requisiti per ragionare come azienda ospedaliera autonoma, capace di rispondere alle emergenze in un’area enorme ma anche dare risposte di eccellenza. C’è volontà di discutere di questa cosa da parte dell’assessore regionale? Delle amministrazioni locali? Della direzione dell’ASL Sa2? Se questa volontà c’è le risposte devono essere conseguenti:
1) l’assessore metta in campo finanziamenti, autorizzazione e volontà politica;
2) i comuni mettano in campo le procedure urbanistiche ed amministrative per consentire l’opera.
3) Il direttore generale lasci perdere chiusure di reparti, svilimenti o umiliazioni di questo o di quel presidio ospedaliero. Allora niente chiusura del pronto soccorso di Eboli o Ginecologia a Battipaglia. Servirebbe solo ad esasperare gli animi.
Spiagge privatizzate - Pagare per credere
Scontro sul piano per la gestione delle spiagge pubbliche. Il progetto passa con il voto della maggioranza, ma senza quello di Rifondazione Comunista, che vota contro, assieme all’opposizione. All’esterno dell’aula consiliare, alza la voce Legambiente, annunciando un ricorso al Tar. «Faremo tutto il possibile perché il piano venga bocciato – è il tamburo di guerra suonato da Pasquale Del Duca, dirigente della sezione di Agropoli – Tra le altre cose, c’è un aspetto che ci indigna: il regolamento prevede che vengano favoriti i proprietari di terreni attigui alle spiagge, per quanto riguarda le richieste di concessioni demaniali. Un vero e proprio illecito. Ci opporremo ricorrendo al Tar». La maggioranza issa le vele, Legambiente prova a tagliarle. I disappunti sono parecchi: «Il piano non prevede la gestione e la manutenzione delle aree che ricadono nel Parco. Avevamo chiesto l’introduzione di ulteriori motivazioni per la revoca delle concessioni, ma anche quest’istanza non è stata accolta. Avevamo presentato delle osservazioni, noi di Legambiente. Sono state tutte rigettate. Le osservazioni dei pescatori, dei cittadini, hanno fatto la stessa fine”.
Paradossalmente, i consiglieri comunali del Popolo delle Libertà, Mario Pesca ed Emilio Malandrino, hanno avanzato istanze “stataliste”, chiedendo che almeno il quaranta percento delle spiagge rimanesse nella disponibilità del comune. Rotto il feeling con la maggioranza, Legambiente si è ritrovata sulle stesse posizioni del centrodestra. Il quaranta per cento al comune, il resto ai privati. La maggioranza di centro sinistra ha riservato al comune solo il 30 per cento delle spiagge. Di questo 30, il 15 potrebbe essere dato comunque in gestione e cooperative e associazioni onlus, rendendo di fatto, liberamente fruibile, solo il 15 percento.
Ma le anomalie ad Agropoli non sono finite. Il centrodestra si ritrova nelle vesti di paladino del popolo: «Noi del Pdl abbiamo votato contro il piano di gestione delle spiagge – spiega Pesca – perché riteniamo che il consiglio comunale abbia sbagliato a rigettare tutte le osservazioni dei cittadini. Eravamo favorevoli a mantenere il 40 per cento di spiagge pubbliche. Ritenevamo che ci fossero alcune spiagge che dovessero essere comunque preservate in quanto tradizionalmente frequentate dai cittadini di Agropoli». Gli arenili “gioiello” a cui si riferisce il centrodestra sono la spiaggia di San Francesco e lo scoglio del sale. Aree peraltro incluse nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, che, secondo coloro che si sono opposti al Piano, dovevano essere escluse. I cittadini sono particolarmente legati alla caletta di San Francesco. Secondo la leggenda, dalla sommità dello scoglio, che in quel punto affiora a pelo d’acqua, il santo avrebbe predicato ai pesci. Centrosinistra sordo alle istanze. Legambiente, Pdl e cittadini incassano la sconfitta. Alle corde è finito anche Pippo Vano, esponente di Rc. Il presidente della Commissione Consiliare Demanio e Porto sperava di avere più voce in capitolo. Ma anche le sue istanze sono state defenestrate. Da parte sua Vano non drammatizza, ma dichiara serafico: «L’amministrazione comunale ha fatto proprio un indirizzo politico che Rifondazione Comunale non condivide». Continuando la sua sortita, Vano ha recuperato lo smalto rosso smarrito: «Almeno il 40 per cento delle spiagge doveva restare pubblico e nessun privilegio andava riconosciuto ai proprietari terrieri limitrofi alle spiagge». Sulla vicenda è intervenuto anche l’ex sindaco, Antonio Domini: «Calpestare le istanze dei pescatori è una scelta incondivisibile. Il comune doveva riservarsi il 50 percento della spiaggia. La maggioranza non ha tenuto conto nemmeno di alcuni posti riservati per gli albergatori. Si va contro lo sviluppo stesso del turismo. Agli albergatori doveva essere data la priorità nella richiesta di concessioni perlomeno per la posa ombrelloni, in numero proporzionato a quello delle stanze».
Paradossalmente, i consiglieri comunali del Popolo delle Libertà, Mario Pesca ed Emilio Malandrino, hanno avanzato istanze “stataliste”, chiedendo che almeno il quaranta percento delle spiagge rimanesse nella disponibilità del comune. Rotto il feeling con la maggioranza, Legambiente si è ritrovata sulle stesse posizioni del centrodestra. Il quaranta per cento al comune, il resto ai privati. La maggioranza di centro sinistra ha riservato al comune solo il 30 per cento delle spiagge. Di questo 30, il 15 potrebbe essere dato comunque in gestione e cooperative e associazioni onlus, rendendo di fatto, liberamente fruibile, solo il 15 percento.
Ma le anomalie ad Agropoli non sono finite. Il centrodestra si ritrova nelle vesti di paladino del popolo: «Noi del Pdl abbiamo votato contro il piano di gestione delle spiagge – spiega Pesca – perché riteniamo che il consiglio comunale abbia sbagliato a rigettare tutte le osservazioni dei cittadini. Eravamo favorevoli a mantenere il 40 per cento di spiagge pubbliche. Ritenevamo che ci fossero alcune spiagge che dovessero essere comunque preservate in quanto tradizionalmente frequentate dai cittadini di Agropoli». Gli arenili “gioiello” a cui si riferisce il centrodestra sono la spiaggia di San Francesco e lo scoglio del sale. Aree peraltro incluse nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, che, secondo coloro che si sono opposti al Piano, dovevano essere escluse. I cittadini sono particolarmente legati alla caletta di San Francesco. Secondo la leggenda, dalla sommità dello scoglio, che in quel punto affiora a pelo d’acqua, il santo avrebbe predicato ai pesci. Centrosinistra sordo alle istanze. Legambiente, Pdl e cittadini incassano la sconfitta. Alle corde è finito anche Pippo Vano, esponente di Rc. Il presidente della Commissione Consiliare Demanio e Porto sperava di avere più voce in capitolo. Ma anche le sue istanze sono state defenestrate. Da parte sua Vano non drammatizza, ma dichiara serafico: «L’amministrazione comunale ha fatto proprio un indirizzo politico che Rifondazione Comunale non condivide». Continuando la sua sortita, Vano ha recuperato lo smalto rosso smarrito: «Almeno il 40 per cento delle spiagge doveva restare pubblico e nessun privilegio andava riconosciuto ai proprietari terrieri limitrofi alle spiagge». Sulla vicenda è intervenuto anche l’ex sindaco, Antonio Domini: «Calpestare le istanze dei pescatori è una scelta incondivisibile. Il comune doveva riservarsi il 50 percento della spiaggia. La maggioranza non ha tenuto conto nemmeno di alcuni posti riservati per gli albergatori. Si va contro lo sviluppo stesso del turismo. Agli albergatori doveva essere data la priorità nella richiesta di concessioni perlomeno per la posa ombrelloni, in numero proporzionato a quello delle stanze».
Bandi pubblici e chiamate dirette - Il pasticcio alla Multiservizi
Ci risiamo. Con le patacche. Le bugie. Le stupidaggini a iosa. La Cisl blocca due assunzioni dirette alla Multiservizi. “Basta clientele”. Sottoscriviamo. Il donchisciottesco sindaco Melchionda bofonchia: "la Multiservizi fa assunzioni solo con bandi pubblici". Però, roba da non credere. La domanda sorge spontanea. Ma il sindaco di Eboli, nell’agosto 2008, su quale isola degli ignoti era, quando a mare sono giunti 10 parcheggiatori "assunti" dalla Multiservizi? Domanda: possiamo vedere il bando pubblico con il quale, ad agosto e settembre, sono stati forniti di pettorina e grattini altri parcheggiatori, lungo il viale Amendola e in piazza Tito Flavio Silvano? Alzi un po’ la voce, signor sindaco. Ci mostri le carte. A noi piace la trasparenza. La Multiservizi assume solo con bando pubblico, giura il signor sindaco. Peccato che nessuno l’abbia capito ancora. Né l’abbia spiegato a Daniele Bonelli e Raffaele Marotta, gli unici due disoccupati Multiservizi, rimasti tali per “prescrizione” di chiamata diretta. Bonelli e Marotta sono stati chiamati al Palasele a fine settembre. Il 1 ottobre dovevano prendere servizio. E’ successo a parecchie altre persone prima di loro. Ma qualcosa è andato storto. Mentre Corsetto si accapigliava con Sergio Petrillo sull'immobilismo del Pdl, ingiuriando il destrorso interlocutore con frasi razziali, Bonelli e Marotta da chi sono stati convocati al Palasele? Perchè Bonelli e Marotta hanno urlato per diversi giorni il nome di Melchionda e dell'assessore Cosimo Cicia, invitandovi a mantenere la promessa di assunzione? Non era più logico prendersela con Carmine Campagna, assessore ai lavori pubblici, per la delega che ha? Come mai il consigliere comunale Peppe Bisogno non sapeva dei 10 parcheggiatori nuovi nel centro di Eboli? Ci sarà stato un bando, quell’ozioso di Bisogno non l’avrà letto. Per rimediare, allora, in presenza dello scrivente, Bisogno ha chiesto a un giovane parcheggiatore assunto: "ma chi vi ha presi a lavorare?". Candido e innocente, il Gianluca di via Ripa ha risposto: "Ci ha chiamati il comune". Complimenti per il bando pubblico, cristallino sindaco. La lettera della Cisl che ha bloccato le assunzioni dirette, quando è arrivata? Come mai Giulio Chiapparone, attento sindacalista, sapeva dell'assunzione di Marotta e Bonelli, e lei signor sindaco dice di esserne all'oscuro? Ma veramente alla Multiservizi hanno preso 10 e più parcheggiatori senza che lei ne sapesse niente? Come mai Bonelli e Marotta frequentavano il Palasele da diversi giorni, prima del defenestramento del 1 ottobre? Come mai la Cisl salernitana ha bloccato queste due assunzioni se lei dice che la Multiservizi non le aveva mai fatte? I grattini ai parcheggiatori chi glieli ha dati? E i due euro in riva al mare, ad agosto, a chi li abbiamo pagati? Chi ha detto a Bonelli, al Palasele, di andare a lavorare al parco giochi di via Adinolfi, mentre Marotta doveva andare al cimitero, per conto della Multiservizi? Marotta e Bonelli continuano a puntare il dito contro di lei, contro Cicia, contro Naponiello. Dovremmo pensare che quei due "matti" si sono inventati tutto. Dovremmo pensare che è impazzita anche la Cisl, da Salerno hanno sbagliato a spedire il fax? Sul viale e dietro al comune quelli in azione non sono parcheggiatori, ma artisti di strada che si sono inventati un mestiere? E chi ha promesso a Bonelli l'assunzione alla Sarim, a giugno? Chi, in presenza dell'avvocato Belmonte, avrebbe dichiarato a Bonelli “non sei stato inserito nella lista politica delle assunzioni?” Bonelli è pazzo, lei penserà, signor sindaco. Il suo avvocato, Belmonte, andrebbe rinchiuso? Ci spieghi lei, signor Melchionda. E lo spieghi pure al Pd, a Giuseppe Bisogno, sorpreso da tutte queste assunzioni alla Multiservizi per chiamata diretta. Il trattamento riservato a Bonelli e Marotta è giusto in linea di principio. Ma prima di loro, cosa è successo? Ad agosto e settembre si assume per chiamata diretta, a ottobre con un fantomatico bando pubblico?
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Francesco Faenza Direttore de I cento passi
Questi fannulloni! - Ogni palazzo ha il suo fantasma
C’è una vecchia commedia in cui un certo Pasquale e famiglia vanno ad abitare un palazzo per dimostrare che i fantasmi non esistono. Ma anziché farsi vedere spesso fuori al balcone contenti e sorridenti, Pasquale comunica, all’unica persona con cui parla dal suo balcone ( o’ professore), che un fantasma invece c’è in casa sua ed è anche molto generoso.
Pasquale sceglie la strada più comoda, meno impegnativa, più immediatamente remunerativa; e poco male se questo implica il non vedere la cruda e dura realtà meglio convincersi che “la gente” ha ragione: in quel palazzo i fantasmi esistono. ( …… ad Eboli da subito hanno agitato fantasmi)
Altri, ai giorni nostri, vanno ad occupare un altro palazzo per gestire la cosa pubblica. Ma anziché intervenire per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi comunicano continuamente a tutti che le cose non funzionano. Anche qui è molto più comodo cambiare ruolo, passare da chi deve dare risposte a chi fa le domande; “la gente” ha ragione: le cose non funzionano …… bisogna rassegnarsi. ( …… ad Eboli da sempre il Sindaco dice che la situazione è drammatica ma continua a non fare niente)
L’antifannullonismo ha detto che è ora di finirla con questi tentativi di migliorare l’amministrazione pubblica: la sanità non funziona, la scuola non forma, i comuni non danno servizi, allora licenziamo, non stabilizziamo, paghiamoli meno possibile. Poco male se a pagarne le conseguenze sono sempre i cittadini: tanto quelli pagano anche i “piccoli casi” di disservizio privato: Alitalia, mozzarelle alla diossina, vino contraffatto, benzina annacquata, ecc.
Basta con questi sofismi di processi inclusivi, citizen satisfaction, benessere organizzativo, in cui spendiamo soldi inutilmente. ( …. ad Eboli abbiamo allontanato l’URP dai cittadini nascondendolo alla fine di un percorso senza indicazioni)
Di questo passo si arriverà ad eliminare anche i suonatori di piatti delle orchestre sinfoniche. Perché dobbiamo pagare un professionista che si limita a sbattere un paio di volte in tutta una sinfonia due dischi rotondi di bronzo? Non è possibile eliminare, tanto non se ne accorge nessuno, questi quasi inutili interventi, così risparmiamo? ( …….. ad Eboli abbiamo già fatto saltare Vissi d’Arte)
Siamo alla svolta. Finora gli slogan della Lega non diventavano mai proposte di legge e qualche tentativo fatto non ha mai trovato il consenso parlamentare.
Ora, forti del risultato elettorale, si comincia ad immaginare da parte di chi ci governa che gli slogan possono diventare legge. La linea politica e di governo è dettata dalle cose che “la gente” (in linea di massima ed in modo massimalista) pensa.
Un esempio di questo è offerto dalle norme antifannulloni. Se sei un dipendente pubblico non è possibile che ti ammali veramente, non è possibile che tu debba veramente assistere un familiare in difficoltà, è impossibile che ti impegni nel lavoro che fai. Quindi decurtarti lo stipendio quando sei malato e non rinnovarti i contratti scaduti da tempo è un atto di giustizia. Insomma visto che non lavori almeno non ti pago o ti pago di meno. E non mi sforzo neanche di capire come le professionalità possano essere utilizzate meglio: tanto comunque nessuno lavora, nessuno capisce niente. ( ….. ad Eboli si è arrivati all’apoteosi: ci siamo sforzati da subito di allontanare tutti quelli che avevano acquisito un minimo di professionalità dal posto in cui potevano esercitarla)
E’ per questo probabilmente che si è pensato di formare il parlamento attraverso una selezione interna ai partiti e non più con politici scelti dal popolo (altra categoria): non bisogna più fare scelte e disegnare politiche di sviluppo confrontando esigenze e bisogni di territori e di appartenenze differenti. Bisogna solo tradurre in testo normativo quello che “la gente” dice, stando attenti a non contravvenire regole costituzionali e comunitarie ( ……….. così siamo riusciti finalmente a fare una semplificazione!).
Pasquale sceglie la strada più comoda, meno impegnativa, più immediatamente remunerativa; e poco male se questo implica il non vedere la cruda e dura realtà meglio convincersi che “la gente” ha ragione: in quel palazzo i fantasmi esistono. ( …… ad Eboli da subito hanno agitato fantasmi)
Altri, ai giorni nostri, vanno ad occupare un altro palazzo per gestire la cosa pubblica. Ma anziché intervenire per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi comunicano continuamente a tutti che le cose non funzionano. Anche qui è molto più comodo cambiare ruolo, passare da chi deve dare risposte a chi fa le domande; “la gente” ha ragione: le cose non funzionano …… bisogna rassegnarsi. ( …… ad Eboli da sempre il Sindaco dice che la situazione è drammatica ma continua a non fare niente)
L’antifannullonismo ha detto che è ora di finirla con questi tentativi di migliorare l’amministrazione pubblica: la sanità non funziona, la scuola non forma, i comuni non danno servizi, allora licenziamo, non stabilizziamo, paghiamoli meno possibile. Poco male se a pagarne le conseguenze sono sempre i cittadini: tanto quelli pagano anche i “piccoli casi” di disservizio privato: Alitalia, mozzarelle alla diossina, vino contraffatto, benzina annacquata, ecc.
Basta con questi sofismi di processi inclusivi, citizen satisfaction, benessere organizzativo, in cui spendiamo soldi inutilmente. ( …. ad Eboli abbiamo allontanato l’URP dai cittadini nascondendolo alla fine di un percorso senza indicazioni)
Di questo passo si arriverà ad eliminare anche i suonatori di piatti delle orchestre sinfoniche. Perché dobbiamo pagare un professionista che si limita a sbattere un paio di volte in tutta una sinfonia due dischi rotondi di bronzo? Non è possibile eliminare, tanto non se ne accorge nessuno, questi quasi inutili interventi, così risparmiamo? ( …….. ad Eboli abbiamo già fatto saltare Vissi d’Arte)
Siamo alla svolta. Finora gli slogan della Lega non diventavano mai proposte di legge e qualche tentativo fatto non ha mai trovato il consenso parlamentare.
Ora, forti del risultato elettorale, si comincia ad immaginare da parte di chi ci governa che gli slogan possono diventare legge. La linea politica e di governo è dettata dalle cose che “la gente” (in linea di massima ed in modo massimalista) pensa.
Un esempio di questo è offerto dalle norme antifannulloni. Se sei un dipendente pubblico non è possibile che ti ammali veramente, non è possibile che tu debba veramente assistere un familiare in difficoltà, è impossibile che ti impegni nel lavoro che fai. Quindi decurtarti lo stipendio quando sei malato e non rinnovarti i contratti scaduti da tempo è un atto di giustizia. Insomma visto che non lavori almeno non ti pago o ti pago di meno. E non mi sforzo neanche di capire come le professionalità possano essere utilizzate meglio: tanto comunque nessuno lavora, nessuno capisce niente. ( ….. ad Eboli si è arrivati all’apoteosi: ci siamo sforzati da subito di allontanare tutti quelli che avevano acquisito un minimo di professionalità dal posto in cui potevano esercitarla)
E’ per questo probabilmente che si è pensato di formare il parlamento attraverso una selezione interna ai partiti e non più con politici scelti dal popolo (altra categoria): non bisogna più fare scelte e disegnare politiche di sviluppo confrontando esigenze e bisogni di territori e di appartenenze differenti. Bisogna solo tradurre in testo normativo quello che “la gente” dice, stando attenti a non contravvenire regole costituzionali e comunitarie ( ……….. così siamo riusciti finalmente a fare una semplificazione!).
UMBERTO NOBILE - Da Eboli al Polo Nord
Nella notte tra l'11 e il 12 Aprile del 1926 il dirigibile Norge sorvola il Polo Nord. Umberto Nobile entra nella storia come il primo uomo a spingersi oltre le colonne d'Ercole del ventesimo secolo. Fin laddove nessuno, seppure molti ci avessero provato, era riuscito ad arrivare. Due anni dopo ci riprova, questa volta con mezzi che fossero tutti italiani. Progetta il dirigibile Italia, pianifica il viaggio attraverso rotte inesplorate e programma un atterraggio sui ghiacci del Polo. Ma il 24 Maggio 1928, alle 10:30, qualcosa non va, e causa una forte bufera, il dirigibile Italia si schianta sul pack del Mar Glaciale Artico. La cabina di pilotaggio si ancora al suolo, mentre l'involucro del dirigibile, quell'enorme “pallone gonfiato”, vola nel nulla, portandosi con se sei delle sedici persone partecipanti alla spedizione. Di quel pallone, e di quelle persone appese al suo grembo, non non si seppe, e non si sa, ancora nulla. Nobile e i compagni si riparano in una tenda, colorata di rosso perché sia visibile ai soccorritori. Con una radiolina mandano segnali d'aiuto per giorni e giorni, bussando alle porte del mondo civilizzato perché qualcuno li aiuti.
All'interno delle iniziative della Fiera Campionaria dei SS. Cosma e Damiano, si è tenuto un convegno, inserito nel progetto: “Eboli, i grandi uomini”, che ha visto protagonista la figura del generale dei ghiacci, Umberto Nobile. Un momento di importanza fondamentale con relatori di altissimo prestigio a livello nazionale ed internazionale, quali l'onorevole Abdon Alinovi, l'ingegnere Luigi Pascale, il capitano Franco Masini e familiari del generale Nobile. Un momento cruciale per far conoscere a tutti, bambini ed adulti, questa figura eclettica e geniale, lontana eppur così vicina a noi. Eclettica perché Nobile contribuì a molte scoperte tra le quali il primo paracadute italiano.Geniale per le sue intuizioni. Lontana per i suoi viaggi al Polo, terre ancora sconosciute fino ad allora. Vicina a noi perché Nobile, fondamentalmente, era un ebolitano.
Di Eboli erano i suoi genitori, i quali nel periodo della sua nascita si trovavano a Lauro per motivi di lavoro. Ed a Eboli, il giovane Umberto Nobile trascorre la sua infanzia. E' qui che conserva i suoi ricordi più belli. E sono queste strade, e questi borghi che porterà per sempre nel suo cuore.
Quarantotto giorni resisteranno sui ghiacci gli uomini della Tenda rossa. Tanto ci misero i soccorsi a giungere fino a loro. Solo Nobile riuscirà a tornare prima, e questo gli costerà caro. Al ritorno in Italia egli è condannato per aver lasciato per primo la tenda rossa. Nobile, che in realtà di demeriti ne aveva pochi, se non nessuno, rivolgerà da allora i suoi studi e le sue ricerche fuori dall'Italia, in Unione Sovietica. Finché la guerra non finisce, il regime è sconfitto, e va nascendo la Repubblica. Il generale, allora, rientrato in patria, partecipa al processo di formazione del nuovo Stato italiano. E' eletto nell'assemblea costituente, come indipendente nel PCI. Dalle ceneri del fascismo era questo il momento di rifare l'Italia: Nobile non se ne tirò indietro.
Ci sono uomini che lasciano un segno, ovunque vadano. Nobile era uno di quelli. Una personalità forte, capace di essere severo e comprensivo allo stesso tempo. Un professore capace di rimandare una classe intera di studenti, senza ripensamenti. Un inventore con il vizio dell'avventura, con l'esperienza di un saggio. Un padre affettuoso e prodigo di consigli, tanto vicino alla sua unica figlia ed un punto di riferimento per i suoi nipoti. Un animalista convinto, inseparabile dalla sua cagnetta Titina, la quale lo accompagnava sempre, nelle spedizioni polari fino agli incontri ufficiali.
All'interno delle iniziative della Fiera Campionaria dei SS. Cosma e Damiano, si è tenuto un convegno, inserito nel progetto: “Eboli, i grandi uomini”, che ha visto protagonista la figura del generale dei ghiacci, Umberto Nobile. Un momento di importanza fondamentale con relatori di altissimo prestigio a livello nazionale ed internazionale, quali l'onorevole Abdon Alinovi, l'ingegnere Luigi Pascale, il capitano Franco Masini e familiari del generale Nobile. Un momento cruciale per far conoscere a tutti, bambini ed adulti, questa figura eclettica e geniale, lontana eppur così vicina a noi. Eclettica perché Nobile contribuì a molte scoperte tra le quali il primo paracadute italiano.Geniale per le sue intuizioni. Lontana per i suoi viaggi al Polo, terre ancora sconosciute fino ad allora. Vicina a noi perché Nobile, fondamentalmente, era un ebolitano.
Di Eboli erano i suoi genitori, i quali nel periodo della sua nascita si trovavano a Lauro per motivi di lavoro. Ed a Eboli, il giovane Umberto Nobile trascorre la sua infanzia. E' qui che conserva i suoi ricordi più belli. E sono queste strade, e questi borghi che porterà per sempre nel suo cuore.
Quarantotto giorni resisteranno sui ghiacci gli uomini della Tenda rossa. Tanto ci misero i soccorsi a giungere fino a loro. Solo Nobile riuscirà a tornare prima, e questo gli costerà caro. Al ritorno in Italia egli è condannato per aver lasciato per primo la tenda rossa. Nobile, che in realtà di demeriti ne aveva pochi, se non nessuno, rivolgerà da allora i suoi studi e le sue ricerche fuori dall'Italia, in Unione Sovietica. Finché la guerra non finisce, il regime è sconfitto, e va nascendo la Repubblica. Il generale, allora, rientrato in patria, partecipa al processo di formazione del nuovo Stato italiano. E' eletto nell'assemblea costituente, come indipendente nel PCI. Dalle ceneri del fascismo era questo il momento di rifare l'Italia: Nobile non se ne tirò indietro.
Ci sono uomini che lasciano un segno, ovunque vadano. Nobile era uno di quelli. Una personalità forte, capace di essere severo e comprensivo allo stesso tempo. Un professore capace di rimandare una classe intera di studenti, senza ripensamenti. Un inventore con il vizio dell'avventura, con l'esperienza di un saggio. Un padre affettuoso e prodigo di consigli, tanto vicino alla sua unica figlia ed un punto di riferimento per i suoi nipoti. Un animalista convinto, inseparabile dalla sua cagnetta Titina, la quale lo accompagnava sempre, nelle spedizioni polari fino agli incontri ufficiali.
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Giuseppe Avigliano,
studente Università di Salerno
Sprechi e sperperi
Dal sito del Comune di Eboli ho letto che l’amministrazione, con delibera di giunta comunale 266 del 30.8.2007, ha concesso il patrocinio alla costituzione di una banda musicale che sarà denominata “Banda musicale Città di Eboli” e sarà diretta dal maestro Cosimo Panico.
Durante lavori di pulizia della chiesa sconsacrata di San Lorenzo, dove si stava allestendo una mostra di pittura, l'amica Vitina Paesano, in un piccolo locale interno, ha rinvenuto ammassati a terra le divise della costituenda banda musicale, i leggii, ormai arrugginiti.
Che fine farà tutto quel materiale? Chi avrà ora il coraggio di indossare divise ammuffite?
Qualche mese fa hanno ultimato i lavori della chiesetta della Madonna di Loreto contenente degli affreschi bellissimi. Il lavoro finanziato dalla sovrintendenza e' davvero egregio.
Da tempo stiamo appellandoci al buon senso degli amministratori perché tutelino il sito proteggendo la copertura dai vandali o dai ladri. Nel frattempo quel posto e' diventata una discarica a cielo aperto.
Noi gridiamo, sbattiamo i piedi, ci facciamo nemici e loro? Trincerandosi dietro la mancanza di fondi manifestano in realtà la loro assoluta strafottenza ed indifferenza verso questi argomenti, salvo poi strombazzare ai quattro venti i vari progetti per il rilancio culturale della città. Ipocriti!!!!
E' sempre la solita storia "niente saccio e niente voglio sapere, perché senza pensieri si vive meglio".
Io non ci sto e sbatto in faccia agli ipocriti benpensanti e agli opportunisti la cruda realtà fatta di piccoli e grandi abusi, di sperperi e tanto altro ancora.
Io allo specchio continuo a guardarmi ... e anche con un po' di orgoglio, non so quanti altri possono dire lo stesso.
Durante lavori di pulizia della chiesa sconsacrata di San Lorenzo, dove si stava allestendo una mostra di pittura, l'amica Vitina Paesano, in un piccolo locale interno, ha rinvenuto ammassati a terra le divise della costituenda banda musicale, i leggii, ormai arrugginiti.
Che fine farà tutto quel materiale? Chi avrà ora il coraggio di indossare divise ammuffite?
Qualche mese fa hanno ultimato i lavori della chiesetta della Madonna di Loreto contenente degli affreschi bellissimi. Il lavoro finanziato dalla sovrintendenza e' davvero egregio.
Da tempo stiamo appellandoci al buon senso degli amministratori perché tutelino il sito proteggendo la copertura dai vandali o dai ladri. Nel frattempo quel posto e' diventata una discarica a cielo aperto.
Noi gridiamo, sbattiamo i piedi, ci facciamo nemici e loro? Trincerandosi dietro la mancanza di fondi manifestano in realtà la loro assoluta strafottenza ed indifferenza verso questi argomenti, salvo poi strombazzare ai quattro venti i vari progetti per il rilancio culturale della città. Ipocriti!!!!
E' sempre la solita storia "niente saccio e niente voglio sapere, perché senza pensieri si vive meglio".
Io non ci sto e sbatto in faccia agli ipocriti benpensanti e agli opportunisti la cruda realtà fatta di piccoli e grandi abusi, di sperperi e tanto altro ancora.
Io allo specchio continuo a guardarmi ... e anche con un po' di orgoglio, non so quanti altri possono dire lo stesso.
Grazie Presidente
La citta di’ Giugliano ringrazia il presidente del consiglio Silvio Berlusconi , i suoi sottoposti e, con loro, il sindaco Giovanni Pianese per aver pensato ancora una volta al nostro territorio come luogo che dovra’ ospitare il quinto inceneritore della regione Campania: ne avevamo proprio bisogno.
Di seguito sono elencate le discariche (ex cave), tutte regionali, e gli impianti che sono presenti sul territorio del giuglianese.
Giugliano in Campania:
- discarica masseria del pozzo;
- ampliamento masseria del pozzo Napoli 1,Napoli 2, Napoli 3;
- discarica Schiavi;
- discarica Novambiente;
- discarica Giuliani;
- discarica Resit 1 e Resit 2;
- discarica Settecainate;
- discarica Pozzolana Flegrea;
- discarica ex cava Bianco;
- sito di stoccaggio temporaneo di ecoballe di “Taverna del Re” che dal dicembre del 2005, suo inzio, ha subito 4 ampliamenti ed e tuttora in funzione;
- confinante con il sito di taverna del re c’e’ il sito di stoccaggio temporaneo di villa Literno “località Lo Spesso”, oggi sotto sequestro;
- 14 piattaforme di ecoballe presso la discarica Resit in località dell’Aversana;
- 3 piattaforme di ecoballe presso la discarica Giuliani;
- 2 piattaforme di ecoballe presso la discarica Masseria del pozzo;
- impianto di produzione di ex CDR;
- centrale elettrica a turbogas;
- nell’immediato confine con Pozzuoli il depuratore di Cuma;
Villaricca:
- discarica Alma (questa discarica e’ compresa tra il territorio di Villaricca e quello di Qualiano);
- discarica Riconta, Qualiano:
- discarica Maiuli;
- discarica Alma.
in 15 anni di commissariamento il comune di Giugliano in Campania ha ospitato 15 milioni di tonnellate di rifiuti provenienti da tutta la regione Campania a fronte delle sole 800 mila tonnellate che la città di Giugliano ha prodotto in questi stessi 15 anni.
Sparsi per tutto il territorio del giuglianese sono state censite 30 e più piccole e medie discariche di rifiuti tossici e nocivi.
Ci scusiamo per eventuali imprecisioni, ma l’elenco e’ sicuramente ad oggi stimato per difetto e non per eccesso.
… e come se non bastasse arriva l’inceneritore!
e chiaramente di raccolta differenziata e di separazione secco – umido non se ne parla neppure!
Di seguito sono elencate le discariche (ex cave), tutte regionali, e gli impianti che sono presenti sul territorio del giuglianese.
Giugliano in Campania:
- discarica masseria del pozzo;
- ampliamento masseria del pozzo Napoli 1,Napoli 2, Napoli 3;
- discarica Schiavi;
- discarica Novambiente;
- discarica Giuliani;
- discarica Resit 1 e Resit 2;
- discarica Settecainate;
- discarica Pozzolana Flegrea;
- discarica ex cava Bianco;
- sito di stoccaggio temporaneo di ecoballe di “Taverna del Re” che dal dicembre del 2005, suo inzio, ha subito 4 ampliamenti ed e tuttora in funzione;
- confinante con il sito di taverna del re c’e’ il sito di stoccaggio temporaneo di villa Literno “località Lo Spesso”, oggi sotto sequestro;
- 14 piattaforme di ecoballe presso la discarica Resit in località dell’Aversana;
- 3 piattaforme di ecoballe presso la discarica Giuliani;
- 2 piattaforme di ecoballe presso la discarica Masseria del pozzo;
- impianto di produzione di ex CDR;
- centrale elettrica a turbogas;
- nell’immediato confine con Pozzuoli il depuratore di Cuma;
Villaricca:
- discarica Alma (questa discarica e’ compresa tra il territorio di Villaricca e quello di Qualiano);
- discarica Riconta, Qualiano:
- discarica Maiuli;
- discarica Alma.
in 15 anni di commissariamento il comune di Giugliano in Campania ha ospitato 15 milioni di tonnellate di rifiuti provenienti da tutta la regione Campania a fronte delle sole 800 mila tonnellate che la città di Giugliano ha prodotto in questi stessi 15 anni.
Sparsi per tutto il territorio del giuglianese sono state censite 30 e più piccole e medie discariche di rifiuti tossici e nocivi.
Ci scusiamo per eventuali imprecisioni, ma l’elenco e’ sicuramente ad oggi stimato per difetto e non per eccesso.
… e come se non bastasse arriva l’inceneritore!
e chiaramente di raccolta differenziata e di separazione secco – umido non se ne parla neppure!
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Evangelista,
Presidio Permanente di Taverna del Re
Rispettare la sovranità popolare nel referendum vicentino
Si avvicina la data del referendum popolare vicentino contro la base militare americana.
Referendum osteggiato già da Prodi, che non prese in nessuna considerazione la richiesta popolare, e ora da Berlusconi, che la considera gravemente inopportuna perché i referendum non potrebbero concernere le due materie di politica estera e difesa. Ma Berlusconi si vanta anche di un’amicizia con Bush, cioè con un personaggio che il mondo intero ha condannato come reo di crimini contro l’umanità, le guerre che ha scatenato, il trattamento ingiusto dei prigionieri.
Ma qui anzitutto intervengono altre ragioni:
1. Una ragione di sicurezza del proprio territorio, che la presenza di una base militare americana mette in gioco, specie in questi tempi di terrorismo.
2. Una ragione di coerenza con la Costituzione che rifiuta la guerra; e rifiuta quindi anche la cooperazione con coloro che scatenano guerre, la cessione del territorio a mezzi che portano guerra. Il che avviene a Vicenza.
V’è inoltre alla base di tutto il principio di sovranità popolare, che i politici volentieri disattendono, mentre invece devono esserne i portatori e gli esecutori.
Ogni decisione concernente un territorio non può essere presa se non in accordo con la gente che lo occupa. E l’accordo dev’esserci prima, non dopo. Si è visto l’errore di Scanzano, che ha provocato una rivolta; e quello della TAV in Valdisusa. E anche nella complessa questione dei rifiuti in Campania il colloquio e l’accordo non deve mai mancare, avendo tuttavia eliminato le interferenze mafiose.
Lecce, il 29 settembre 2008
Referendum osteggiato già da Prodi, che non prese in nessuna considerazione la richiesta popolare, e ora da Berlusconi, che la considera gravemente inopportuna perché i referendum non potrebbero concernere le due materie di politica estera e difesa. Ma Berlusconi si vanta anche di un’amicizia con Bush, cioè con un personaggio che il mondo intero ha condannato come reo di crimini contro l’umanità, le guerre che ha scatenato, il trattamento ingiusto dei prigionieri.
Ma qui anzitutto intervengono altre ragioni:
1. Una ragione di sicurezza del proprio territorio, che la presenza di una base militare americana mette in gioco, specie in questi tempi di terrorismo.
2. Una ragione di coerenza con la Costituzione che rifiuta la guerra; e rifiuta quindi anche la cooperazione con coloro che scatenano guerre, la cessione del territorio a mezzi che portano guerra. Il che avviene a Vicenza.
V’è inoltre alla base di tutto il principio di sovranità popolare, che i politici volentieri disattendono, mentre invece devono esserne i portatori e gli esecutori.
Ogni decisione concernente un territorio non può essere presa se non in accordo con la gente che lo occupa. E l’accordo dev’esserci prima, non dopo. Si è visto l’errore di Scanzano, che ha provocato una rivolta; e quello della TAV in Valdisusa. E anche nella complessa questione dei rifiuti in Campania il colloquio e l’accordo non deve mai mancare, avendo tuttavia eliminato le interferenze mafiose.
Lecce, il 29 settembre 2008
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