Lampeggianti in città e Marchionne al Palasele
Quando il sole tramonta e cala la sera, una macchina col lampeggiante scivola per le strade. Gli ebolitani vi hanno spiato dentro. E basiti son rimasti. L'auto civetta dei vigili si è trasformata in un pulmino turistico per politici ed amici. Un collaboratore del sindaco, non avendo di meglio da fare, entra in un'auto dove non può stare. E si aggira, con amici e conoscenti, per la città. La maggioranza borbotta, avvinghiata alle poltrone. Di fronte all’autocivetta con il lampeggiante, la faccia dell'assessore Bello si è trasfigurata. Per l'orrore e l'indignazione. Idem per l'assessore Palladino, schifato e sorpreso. La sindrome del lampeggiante è il segno dei tempi. Di chi ci governa. Senza voti e senza professionalità. Marzo è stato il mese delle grandi scelte. E delle autosmentite. Il sindaco aveva promesso di "non cambiare niente alla Multiservizi". Poi ha nominando un dipendente comunale, Damiano Bruno, presentato come il Marchionne del Palasele. Risolleverà lui le sorti della Multiservizi. Fiat e Alitalia ci seguono con trepidazione. L'amministrazione, intanto, non bada a spese per pubblicizzare la raccolta differenziata. E se la legge vieta il ricorso a ditte private per la rd, il comune fa spallucce: "se il Tar ci darà torto vinceremo al Consiglio di Stato”. E’ ripreso il valzer delle convenzioni. Scelte clientelari camuffate con qualifiche improvvisate. La qualifica di esperto in materie ambientali, urbanistiche e sociali, a Eboli, non si nega a nessuno. Tanto i soldi spesi sono dei cittadini. Se poi alla terza bomba carta qualche "politico" lampeggiante parla di atto vandalico, tenete le braccia incollate al corpo. Il popolo è lo specchio della classe dirigente al potere, sosteneva qualcuno. A dirlo agli ebolitani si rischia il linciaggio.
Il 13 aprile per “La Sinistra l’Arcobaleno”
Nel 2006 la sinistra nel suo complesso, a partire da Rifondazione Comunista, fece una scelta di grande responsabilità: l’ingresso nell’Unione per consentire la vittoria di Prodi alle elezioni.
C’era un Paese distrutto da 5 anni di governo Berlusconi. Economia ferma, credibilità internazionale nulla, leggi ad personam, manomissione della Costituzione. Ci fu un referendum nel 2006 per salvare la Carta Costituzionale. Uno dei fattori politici più importanti dell’ultimo ventennio che molti, a partire dal PD, oggi dimenticano.
Non era il “nostro” governo. Sapevamo che dentro c’erano posizioni difficilmente conciliabili con le nostre: l’Udeur e la sua concezione della politica come mercato; Dini col suo conservatorismo economico; pezzi del Pd che sulla questione dei “Diritti” civili non hanno votato la fiducia a Prodi e via dicendo.
Si cercò di definire il tutto in un programma, dove si creò il compromesso alto che, il giorno seguente, divenne “carta straccia”.
Eppure quella scelta di fermare Berlusconi, la destra più reazionaria che l’Europa conosca, di evitare all’Italia l’umiliazione di altri 5 anni di quel governo, io credo sia stata una scelta intelligente e di grande senso di responsabilità.
Del resto, queste scelte appartengono alla storia dei comunisti italiani.
Ci sono almeno altri due momenti drammatici per il Paese, in cui i comunisti assunsero un ruolo di responsabilità, rinunciando alle “rivoluzioni” per affermare la democrazia.
Nel 1943, quando Togliatti rientrò dall’esilio,
da “capo” dei comunisti italiani, di un partito duro, forgiato nella clandestinità, non pose il problema del “socialismo”, nè il problema di abbattere la monarchia. C’era un altro obiettivo: ridare dignità internazionale al Paese, avviando la “guerra di Resistenza” (senza la quale l’Italia sarebbe stata trattata come una nazione belligerante sconfitta). C’era da ricostruire, fisicamente e moralmente, un paese lacerato da 20 anni di dittatura, da una guerra civile di anni. Da qui la scelta dei governi di unità nazionale, prima con Parri, poi con De Gasperi.
Il secondo fatto storico si verifica nel 1978, dopo il rapimento di Moro. Dinanzi all’attacco terroristico ad un paese allo sbando, un altro grande dirigente del movimento operaio e comunista italiano, Enrico Berlinguer, non ebbe dubbi nel consentire la nascita del governo Andreotti e ad avviare la stagione dei governi di Solidarietà Nazionale.
Il consenso su quelle scelte, poi, non arrivò. I risultati elettorali non premiarono i comunisti. Ma ciò non toglie nulla alla “grandezza” di quelle intuizioni. Lo stesso quadro si è definito nel 2006.
Hanno giocato perché il governo Prodi cadesse da sinistra. Non è stato così. Pur dilaniandoci al nostro interno, pur non condividendo tante scelte, dal protocollo sul welfare alla scelta di rimanere con le truppe in Afganistan, dalla mancata approvazione dei Dico alla mancata redistribuzione del “tesoretto”, dalla base militare “Dal Molin” al proseguimento della Tav. Il nostro popolo, il popolo della sinistra, è andato in sofferenza, dinanzi al mancato rispetto del programma. Ma il governo Prodi cade da destra, con la mancata fiducia di Dini e del “mercante” di Ceppaloni, che già trattava con Berlusconi prima di rimanere fregato.
Anche se la parola “fine” l’ha scritta il Pd di Veltroni. Quando il leader del “ma anche” dichiara in piena difficoltà di governo che il PD andrà da solo alle elezioni, di fatto decreta la morte dell’Unione e la caduta del governo Prodi. Questo deve essere ben chiaro agli elettori: noi andiamo alle elezioni, corriamo il rischio di riconsegnare il Paese alle destre, per una precisa scelta di Veltroni.
Cosa ci fosse dietro quella scelta è evidente, ora, in campagna elettorale: da un lato uno spostamento al centro dell’asse del Pd, delle sue scelte politico – culturali. Dall’altro, l’emarginazione della sinistra. La decretazione della superfluità del voto a sinistra.
Del resto, a quale logica risponde il dichiarare che il Pd non è un partito di sinistra? Quale logica hanno il mettere in lista esponenti di Confindustria, di Federmeccanica e delle Forze Armate, se non a questa? Dichiarare, continuamente, che se si vota a sinistra si esprime un voto inutile, e che, anzi, se non si vota Pd si può votare Berlusconi, che senso ha? Il presentare un programma fotocopia di quello della destra, per cui, in modo ridicolo, i due continuano a rinfacciarsi di aver copiato l’uno il programma dell’altro, dove va a parare?
In questo panorama, l’unica vera novità è il nuovo soggetto che sta nascendo: “la Sinistra l’Arcobaleno”. Il vero “Voto utile” è a sinistra. Se si vota Sinistra Arcobaleno non solo si evita quel processo di marginalizzazione della sinistra, cui tutti aspirano fortemente, sia Pdl che Pd, ma si frena, anche, la deriva centrista del Pd. In altri termini evitare “l’inciucio” fra Pd e Pdl, a cui sia Berlusconi che Veltroni stanno lavorando, a partire da programmi intercambiabili e dai candidati che rappresentano tutto e il contrario di tutto, fino all’accordo sulla riscrittura della Costituzione. Un grande risultato della “Sinistra l’Arcobaleno” eviterà questi scempi.
Ma è anche sul terreno culturale e progettuale che si riaprirebbe la discussione, se ci fosse un buon risultato della sinistra. L’idea dei partiti “marmellata”, come si configura il Pd, è un evidente falso storico. E’ un’idea che si fonda su una inaccettabile semplificazione della società, per cui non esistono più contraddizioni sociali. In realtà, la società moderna è estremamente complessa, più di quanto non fosse a inizio Novecento. Non c’è più una divisione in classi così rigida. Vi sono, viceversa, contraddizioni nuove che coinvolgono intere generazioni, come il precariato che ha negato il diritto al futuro ad un’intera generazione, o intere fasce sociali come la piccola borghesia, monoreddito, che ha il problema della quarta settimana. Gli operai non sono scomparsi e lo testimoniano i tanti morti sul lavoro che annualmente si contano.
Dal 2000 al 2005, c’è stata una redistribuzione del reddito, per cui ci sono fasce sociali che si sono arricchite enormemente ed altre che si sono impoverite. C’è o no un conflitto sociale?
Da qui la nostra parola d’ordine: “una scelta di parte”.
Sì, la Sinistra l’Arcobaleno sta con gli operai che nel 1975 avevano la capacità d’acquisto più alta d’Europa e che oggi è la più bassa del vecchio continente; con i precari che non sanno come costruire il proprio futuro; con le famiglie che non arrivano a fine mese, con le donne che vedono messe in discussione leggi fondamentali, come la 194; con i movimenti che nel momento in cui si battono per la tutela dell’ambiente, mettono in discussione l’attuale sistema di sviluppo; con le persone che, bollate come diverse, si vedono negati diritti elementari.
Per questo il nostro programma parla di “redistribuzione del tesoretto, di superamento del precariato, di incrementi salariali, di piano case, di riconoscimento dei diritti delle famiglie di fatto, di pieno sviluppo della 194, di laicità dello Stato”.
In altri termini il nostro programma parla di una cosa: piena applicazione della Costituzione.
Per tutti questi motivi il 13 e 14 aprile votiamo “la Sinistra l’Arcobaleno”.
C’era un Paese distrutto da 5 anni di governo Berlusconi. Economia ferma, credibilità internazionale nulla, leggi ad personam, manomissione della Costituzione. Ci fu un referendum nel 2006 per salvare la Carta Costituzionale. Uno dei fattori politici più importanti dell’ultimo ventennio che molti, a partire dal PD, oggi dimenticano.
Non era il “nostro” governo. Sapevamo che dentro c’erano posizioni difficilmente conciliabili con le nostre: l’Udeur e la sua concezione della politica come mercato; Dini col suo conservatorismo economico; pezzi del Pd che sulla questione dei “Diritti” civili non hanno votato la fiducia a Prodi e via dicendo.
Si cercò di definire il tutto in un programma, dove si creò il compromesso alto che, il giorno seguente, divenne “carta straccia”.
Eppure quella scelta di fermare Berlusconi, la destra più reazionaria che l’Europa conosca, di evitare all’Italia l’umiliazione di altri 5 anni di quel governo, io credo sia stata una scelta intelligente e di grande senso di responsabilità.
Del resto, queste scelte appartengono alla storia dei comunisti italiani.
Ci sono almeno altri due momenti drammatici per il Paese, in cui i comunisti assunsero un ruolo di responsabilità, rinunciando alle “rivoluzioni” per affermare la democrazia.
Nel 1943, quando Togliatti rientrò dall’esilio,
da “capo” dei comunisti italiani, di un partito duro, forgiato nella clandestinità, non pose il problema del “socialismo”, nè il problema di abbattere la monarchia. C’era un altro obiettivo: ridare dignità internazionale al Paese, avviando la “guerra di Resistenza” (senza la quale l’Italia sarebbe stata trattata come una nazione belligerante sconfitta). C’era da ricostruire, fisicamente e moralmente, un paese lacerato da 20 anni di dittatura, da una guerra civile di anni. Da qui la scelta dei governi di unità nazionale, prima con Parri, poi con De Gasperi.
Il secondo fatto storico si verifica nel 1978, dopo il rapimento di Moro. Dinanzi all’attacco terroristico ad un paese allo sbando, un altro grande dirigente del movimento operaio e comunista italiano, Enrico Berlinguer, non ebbe dubbi nel consentire la nascita del governo Andreotti e ad avviare la stagione dei governi di Solidarietà Nazionale.
Il consenso su quelle scelte, poi, non arrivò. I risultati elettorali non premiarono i comunisti. Ma ciò non toglie nulla alla “grandezza” di quelle intuizioni. Lo stesso quadro si è definito nel 2006.
Hanno giocato perché il governo Prodi cadesse da sinistra. Non è stato così. Pur dilaniandoci al nostro interno, pur non condividendo tante scelte, dal protocollo sul welfare alla scelta di rimanere con le truppe in Afganistan, dalla mancata approvazione dei Dico alla mancata redistribuzione del “tesoretto”, dalla base militare “Dal Molin” al proseguimento della Tav. Il nostro popolo, il popolo della sinistra, è andato in sofferenza, dinanzi al mancato rispetto del programma. Ma il governo Prodi cade da destra, con la mancata fiducia di Dini e del “mercante” di Ceppaloni, che già trattava con Berlusconi prima di rimanere fregato.
Anche se la parola “fine” l’ha scritta il Pd di Veltroni. Quando il leader del “ma anche” dichiara in piena difficoltà di governo che il PD andrà da solo alle elezioni, di fatto decreta la morte dell’Unione e la caduta del governo Prodi. Questo deve essere ben chiaro agli elettori: noi andiamo alle elezioni, corriamo il rischio di riconsegnare il Paese alle destre, per una precisa scelta di Veltroni.
Cosa ci fosse dietro quella scelta è evidente, ora, in campagna elettorale: da un lato uno spostamento al centro dell’asse del Pd, delle sue scelte politico – culturali. Dall’altro, l’emarginazione della sinistra. La decretazione della superfluità del voto a sinistra.
Del resto, a quale logica risponde il dichiarare che il Pd non è un partito di sinistra? Quale logica hanno il mettere in lista esponenti di Confindustria, di Federmeccanica e delle Forze Armate, se non a questa? Dichiarare, continuamente, che se si vota a sinistra si esprime un voto inutile, e che, anzi, se non si vota Pd si può votare Berlusconi, che senso ha? Il presentare un programma fotocopia di quello della destra, per cui, in modo ridicolo, i due continuano a rinfacciarsi di aver copiato l’uno il programma dell’altro, dove va a parare?
In questo panorama, l’unica vera novità è il nuovo soggetto che sta nascendo: “la Sinistra l’Arcobaleno”. Il vero “Voto utile” è a sinistra. Se si vota Sinistra Arcobaleno non solo si evita quel processo di marginalizzazione della sinistra, cui tutti aspirano fortemente, sia Pdl che Pd, ma si frena, anche, la deriva centrista del Pd. In altri termini evitare “l’inciucio” fra Pd e Pdl, a cui sia Berlusconi che Veltroni stanno lavorando, a partire da programmi intercambiabili e dai candidati che rappresentano tutto e il contrario di tutto, fino all’accordo sulla riscrittura della Costituzione. Un grande risultato della “Sinistra l’Arcobaleno” eviterà questi scempi.
Ma è anche sul terreno culturale e progettuale che si riaprirebbe la discussione, se ci fosse un buon risultato della sinistra. L’idea dei partiti “marmellata”, come si configura il Pd, è un evidente falso storico. E’ un’idea che si fonda su una inaccettabile semplificazione della società, per cui non esistono più contraddizioni sociali. In realtà, la società moderna è estremamente complessa, più di quanto non fosse a inizio Novecento. Non c’è più una divisione in classi così rigida. Vi sono, viceversa, contraddizioni nuove che coinvolgono intere generazioni, come il precariato che ha negato il diritto al futuro ad un’intera generazione, o intere fasce sociali come la piccola borghesia, monoreddito, che ha il problema della quarta settimana. Gli operai non sono scomparsi e lo testimoniano i tanti morti sul lavoro che annualmente si contano.
Dal 2000 al 2005, c’è stata una redistribuzione del reddito, per cui ci sono fasce sociali che si sono arricchite enormemente ed altre che si sono impoverite. C’è o no un conflitto sociale?
Da qui la nostra parola d’ordine: “una scelta di parte”.
Sì, la Sinistra l’Arcobaleno sta con gli operai che nel 1975 avevano la capacità d’acquisto più alta d’Europa e che oggi è la più bassa del vecchio continente; con i precari che non sanno come costruire il proprio futuro; con le famiglie che non arrivano a fine mese, con le donne che vedono messe in discussione leggi fondamentali, come la 194; con i movimenti che nel momento in cui si battono per la tutela dell’ambiente, mettono in discussione l’attuale sistema di sviluppo; con le persone che, bollate come diverse, si vedono negati diritti elementari.
Per questo il nostro programma parla di “redistribuzione del tesoretto, di superamento del precariato, di incrementi salariali, di piano case, di riconoscimento dei diritti delle famiglie di fatto, di pieno sviluppo della 194, di laicità dello Stato”.
In altri termini il nostro programma parla di una cosa: piena applicazione della Costituzione.
Per tutti questi motivi il 13 e 14 aprile votiamo “la Sinistra l’Arcobaleno”.
Il sindaco alle elezioni - (ovvero: Brancaleone alle crociate)
Chi non ricorda quei divertentissimi film degli anni ’70 improntati sulla guasconesca figura di “Brancaleone da Norcia”, magistralmente interpretato da Vittorio Gassman?
Chi non ha mai cantato, con gli amici in allegria, il ritornello della colonna sonora “Branca – Branca – Branca, Leon – Leon –Leon … Boum!”?
Andava alle Crociate il mitico Brancaleone, convinto di poter liberare la “Terra santa2, il “Santo Sepolcro” unendosi alle truppe dei crociati con la sua “armata”. Niente di male in questo proposito, e non è il caso di aprire qui un dibattito storico sulle crociate. L’elemento che rendeva ridicolo il tutto era l’”armata2 che seguiva il Brancaleone o, meglio ancora, la sua composizione: un insieme di personaggi più disparati che il cavaliere si porta dietro per compiere la grande impresa.
Siamo in tempi di campagna elettorale, ed anche a Eboli si voterà il 13 e 14 aprile, e l’Amministrazione Comunale di Eboli scenderà in piazza per chiedere il voto.
Ma il dubbio che assale il cittadino ebolitano è il seguente: per quale schieramento politico questa amministrazione darà indicazioni di voto?
I “maligni” parlano già di una crescita delle scommesse clandestine nel paese, sulle indicazioni. Qualche altro,secondo me i “comunisti”, hanno già messo in giro la voce di file chilometriche alle ricevitorie per giocare i numeri.
Le statistiche sanitarie, pare, già danno conto di un incremento delle patologie da “insonnia”. Sembra che, soprattutto le persone più avanti negli anni, passino l’intera nottata a cercare di risolvere il “rebus2: con chi si schiererà la Giunta Melchionda? Nell’insopportabile attesa, dicono voci ben informate, sembra che donne partorienti hanno inteso sospendere il lieto evento in attesa che il sindaco faccia l’attesa comunicazione.
Sinceramente a noi, nella redazione de I cento passi, sfugge il motivo di queste polemiche che i soliti “comunisti italiani” hanno inteso sollevare.
Certo 7 consiglieri che oggi militano, e reggono, questa maggioranza sono stati eletti nel centro destra, e non si è capito se hanno rotto i ponti culturali con l’area politica che li ha espressi, ma che volete che sia se hanno abbracciato la “politica” del fare, da cui sono stati fulminati sulla strada per “le poltrone”?
Certo c’è un partito, l’Udeur, che a livello nazionale ha sancito la caduta del governo prodi, dopo che il “Ceppalonide” aveva chiuso il contratto col Berlusca sui posti da assicurarsi in parlamento, e che a livello locale esprime assessori e consiglieri ufficialmente in maggioranza. Ma che volete che sia? E poi, che diamine, un po’ di comprensione per “Madre Mastella da Calcutta”! Poveretto, non aveva tenuto conto dell’irrefrenabile tendenza dell’ “Unto del Signore” a strappare i contratti.
Certo c’è un consigliere eletto in Alleanza nazionale, candidatosi due anni fa con la Mussolini, approdato allo Sdi dopo aver bussato disperatamente alla porta dei verdi, che oggi si candida al senato in un partito che avversa il centro – sinistra. Ma che volete che sia? La politica è movimento. E poi volete mettere? Quante volte il medico vi dice che dovete fare del moto? Il consigliere in questione, secondo i bene informati, sta ottemperando a precisa prescrizione medica.
Chi non ha mai cantato, con gli amici in allegria, il ritornello della colonna sonora “Branca – Branca – Branca, Leon – Leon –Leon … Boum!”?
Andava alle Crociate il mitico Brancaleone, convinto di poter liberare la “Terra santa2, il “Santo Sepolcro” unendosi alle truppe dei crociati con la sua “armata”. Niente di male in questo proposito, e non è il caso di aprire qui un dibattito storico sulle crociate. L’elemento che rendeva ridicolo il tutto era l’”armata2 che seguiva il Brancaleone o, meglio ancora, la sua composizione: un insieme di personaggi più disparati che il cavaliere si porta dietro per compiere la grande impresa.
Siamo in tempi di campagna elettorale, ed anche a Eboli si voterà il 13 e 14 aprile, e l’Amministrazione Comunale di Eboli scenderà in piazza per chiedere il voto.
Ma il dubbio che assale il cittadino ebolitano è il seguente: per quale schieramento politico questa amministrazione darà indicazioni di voto?
I “maligni” parlano già di una crescita delle scommesse clandestine nel paese, sulle indicazioni. Qualche altro,secondo me i “comunisti”, hanno già messo in giro la voce di file chilometriche alle ricevitorie per giocare i numeri.
Le statistiche sanitarie, pare, già danno conto di un incremento delle patologie da “insonnia”. Sembra che, soprattutto le persone più avanti negli anni, passino l’intera nottata a cercare di risolvere il “rebus2: con chi si schiererà la Giunta Melchionda? Nell’insopportabile attesa, dicono voci ben informate, sembra che donne partorienti hanno inteso sospendere il lieto evento in attesa che il sindaco faccia l’attesa comunicazione.
Sinceramente a noi, nella redazione de I cento passi, sfugge il motivo di queste polemiche che i soliti “comunisti italiani” hanno inteso sollevare.
Certo 7 consiglieri che oggi militano, e reggono, questa maggioranza sono stati eletti nel centro destra, e non si è capito se hanno rotto i ponti culturali con l’area politica che li ha espressi, ma che volete che sia se hanno abbracciato la “politica” del fare, da cui sono stati fulminati sulla strada per “le poltrone”?
Certo c’è un partito, l’Udeur, che a livello nazionale ha sancito la caduta del governo prodi, dopo che il “Ceppalonide” aveva chiuso il contratto col Berlusca sui posti da assicurarsi in parlamento, e che a livello locale esprime assessori e consiglieri ufficialmente in maggioranza. Ma che volete che sia? E poi, che diamine, un po’ di comprensione per “Madre Mastella da Calcutta”! Poveretto, non aveva tenuto conto dell’irrefrenabile tendenza dell’ “Unto del Signore” a strappare i contratti.
Certo c’è un consigliere eletto in Alleanza nazionale, candidatosi due anni fa con la Mussolini, approdato allo Sdi dopo aver bussato disperatamente alla porta dei verdi, che oggi si candida al senato in un partito che avversa il centro – sinistra. Ma che volete che sia? La politica è movimento. E poi volete mettere? Quante volte il medico vi dice che dovete fare del moto? Il consigliere in questione, secondo i bene informati, sta ottemperando a precisa prescrizione medica.
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Di Cecco Angiolieri - Poeta Ribelle
Tra cazzotti e poltrone - L’insalatone ingovernabile
Botte da orbi per la nuova giunta Barlotti. Enrico Tucci e Luigi D’Acampora hanno fatto a pugni nei corridoi del comune. Se le sono date di santa ragione, sbloccando però l’impasse politica. Battipaglia ha un nuovo governo. Figlio di un inciucio senza precedenti. Con una maggioranza così ampia, Barlotti dovrebbe dormire tra due guanciali. Senza crisi industriale, allarme ambientale, disordine urbanistico e recessione economica. Il megainsalatone al governo è nato, ma non abbassa la guardia pugilistica. Della casta vogliono far parte tutti. E così, se i numeri non tornano, finisce a cazzotti. Battipaglia come Eboli, la vergogna pubblica si chiama trasformismo politico. Infornato l'inciucio, Barlotti e Zara hanno prodotto un governicchio che tira a campare. Un esecutivo minato dai suoi stessi alleati. Tutti scontenti, i consiglieri comunali. Pronti a malmenarsi per la più banale vicenda. Barlotti passa la giornata a firmare cambiali politiche. Per accontentare tutti i suoi 24 alleati. Ora dovrà fare pure il body guard della sua maggioranza. Attento ai cazzotti. E a Fernando Zara che resta la figura ingombrante. Finge di assumere un profilo basso. Si comporta già da sindaco. Esterna e piccona, rassicura e sfila giulivo alle manifestazioni pubbliche. Le feste pasquali gli hanno restituito la tempra destrorsa, la tempra smarrita dopo la batosta elettorale. E' l'ago della bilancia, Zara. E lo fa pesare al Barlotti. Troppi uomini al comando. Accordo fatto, occhio ai ganci destri. Giunta nuova, ma quanti scontenti. Nell'ultimo mese, la classe politica battipagliese ha dato il peggio di sè. E non solo per la disfida tra Tucci e D’Acampora. I consiglieri comunali sono attenti solo ai gettoni di presenza. E alla nomina degli scrutatori. Vergogna battipagliese, imitata anche a Eboli.
L'insalatone al governo della città non riesce a sbloccarsi. In piazza Aldo Moro sono scomparse le transenne. Dopo anni di attesa. E di vergogna pubblica. Il Gabibbo è venuto a denunciare una residenza per gli anziani. Ultimata da 10 anni, ma ancora chiusa. Figuraccia anche per il comune, dove si attendono gli ultimi ritocchi per completare il lifting immobiliare. L'uscita autostradale di Battipaglia è la più brutta d'Europa. Ma la rotatoria funziona, quanto basta per non discuterne più. L'impatto urbanistico dei piloni sono un biglietto da visita, dall’esito terrificante. Scrollano le spalle, i consiglieri di maggioranza. Dicono di contare poco, forse niente. E via con i malpancismi e con l'ingovernabilità. L'importante è tenere la maggioranza unita. Eterogenea, ma unita. Nemica, ma compatta. Tutto scorre, tutto scivola addosso ai politici battipagliesi. Girare in macchina, a Battipaglia, è un attacco atomico al sistema nervoso. Le vie verso il mare sono pericolose come sempre. Asfalto consunto, guardrail mancanti, strada voraginose. A ogni incidente mortale, ci scappa la lacrima del politico. Che promette asfalto nuovo, carreggiata più larga, illuminazione ovunque. Ma poi sembra preoccupato solo di sistemare gli scrutatori di sua fiducia. Al rione Taverna c'è una palestra incompleta. Stessa storia anche qui. Finita la campagna elettorale, le promesse si annullano.
E' iniziata la contesa parlamentare. Ma in pochi la seguono. E' venuto il fido Bondi berlusconiano, a Battipaglia. Nella città più pidiellina della provincia di Salerno, il cinema Garofalo doveva straripare di gente. Sarà per la voce, per quell'aspetto un pò menagramo, sarà per il suo passato comunista. Ma il Bondi nazionale è stato snobbato alla grande. La matematica ha una sua logica che la politica non conosce. Era meglio governare senza maggioranza, piuttosto gestire il potere con questa maggioranza. Non è un gioco di parole. Chiedetelo a Barlotti, dalla sua faccia, lo capirete.
L'insalatone al governo della città non riesce a sbloccarsi. In piazza Aldo Moro sono scomparse le transenne. Dopo anni di attesa. E di vergogna pubblica. Il Gabibbo è venuto a denunciare una residenza per gli anziani. Ultimata da 10 anni, ma ancora chiusa. Figuraccia anche per il comune, dove si attendono gli ultimi ritocchi per completare il lifting immobiliare. L'uscita autostradale di Battipaglia è la più brutta d'Europa. Ma la rotatoria funziona, quanto basta per non discuterne più. L'impatto urbanistico dei piloni sono un biglietto da visita, dall’esito terrificante. Scrollano le spalle, i consiglieri di maggioranza. Dicono di contare poco, forse niente. E via con i malpancismi e con l'ingovernabilità. L'importante è tenere la maggioranza unita. Eterogenea, ma unita. Nemica, ma compatta. Tutto scorre, tutto scivola addosso ai politici battipagliesi. Girare in macchina, a Battipaglia, è un attacco atomico al sistema nervoso. Le vie verso il mare sono pericolose come sempre. Asfalto consunto, guardrail mancanti, strada voraginose. A ogni incidente mortale, ci scappa la lacrima del politico. Che promette asfalto nuovo, carreggiata più larga, illuminazione ovunque. Ma poi sembra preoccupato solo di sistemare gli scrutatori di sua fiducia. Al rione Taverna c'è una palestra incompleta. Stessa storia anche qui. Finita la campagna elettorale, le promesse si annullano.
E' iniziata la contesa parlamentare. Ma in pochi la seguono. E' venuto il fido Bondi berlusconiano, a Battipaglia. Nella città più pidiellina della provincia di Salerno, il cinema Garofalo doveva straripare di gente. Sarà per la voce, per quell'aspetto un pò menagramo, sarà per il suo passato comunista. Ma il Bondi nazionale è stato snobbato alla grande. La matematica ha una sua logica che la politica non conosce. Era meglio governare senza maggioranza, piuttosto gestire il potere con questa maggioranza. Non è un gioco di parole. Chiedetelo a Barlotti, dalla sua faccia, lo capirete.
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Francesco Faenza Direttore de I cento passi
A cosa serve questa democrazia? - Cronaca e politica, fatti e misfatti
La politica e la società italiana rischiano di piombare in un piattissimo bipartitismo, vedendo cancellato tutta la storia del movimentismo progressista di sinistra. Dai quarant’anni di opposizione in Parlamento, alle manifestazioni in strada, quei movimenti hanno stimolato e guidato i processi di riforma economica, sociale e culturale dell'Italia del dopoguerra.
Il tallone d'Achille della sinistra sarebbe l'economia. Così com’è, come si svolge. Il punto è che l'economia è un campo riformabile, come tutti gli altri. L’economia può essere anche altra rispetto a quello che oggi è. E l'economia su cui abbiamo organizzato le nostre vite è anche fonte di molte ingiustizie.
Percorrendo a ritroso le cause che generano il disastro ambientale, il lavoro non tutelato, le grandi inefficienze amministrative, l'utilizzo fraudolento di fondi pubblici, o altro ancora, si arriva ad un elemento decisivo: il denaro. Le dimostrazioni pratiche ce le fornisce anche la cronaca locale. Il Tribunale di Salerno ha disposto, su proposta del pm Antonio Centore, una misura di prevenzione nei confronti del geometra Fernando Ferrara, dirigente all'ufficio tecnico del Comune di Battipaglia, ritenuto "elemento socialmente pericoloso", ma assolto per insufficienza di prove nel (tristemente) famoso "processo California", che ha scoperchiato i torbidi intrecci nella Piana tra politica, economia e camorra. Il provvedimento prevede la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune per tre anni, il sequestro di beni per dieci milioni di euro (tra cui venticinque appartamenti), di cui ora l'interessato dovrà provare la legittima provenienza. L'attività investigativa della procura salernitana potrebbe confluire in un troncone di indagine collegato al "California", processo per il quale i magistrati stanno lavorando per la fase di appello. Dovessero essere confermate le tesi accusatorie, secondo le quali il dipendente comunale avrebbe deviato alcune decisioni dell'ente (appalti, concessioni pubbliche) a favore dei clan della zona, ci troveremmo dinanzi all'ennesimo caso di connivenza tra la criminalità organizzata e la pubblica amministrazione. Insomma, mentre ci si appassiona su programmi, discorsi, statistiche, confronti e comizi, l’ombra della criminalità organizzata torna a fare pressioni sulla macchina amministrativa, cercando e consolidando rapporti con l'uno o l'altro schieramento politico, adoperandosi per l'appoggio dei "colletti bianchi" che reggono la burocrazia locale.
Come diventa possibile una bonifica di queste istituzioni? Un affievolimento della centralità del denaro nelle attuali modalità di produzione, distribuzione e acquisizione di beni e servizi, potrebbe essere la soluzione? A fronte di un auspicabile ricambio politico e di maggiori controlli, senza un'azione riformatrice così ambiziosa, le logiche del profitto e dell'accumulazione sovrasteranno ogni cosa. In un contesto del genere vengono accettate dalla comunità, le tante distorsioni nelle gestione degli affari pubblici e privati. Di qualsiasi tipo e settore si parli, compresi quelli della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, così come della sicurezza personale e sociale del lavoratore. Ecco, quindi, la mozzarella di bufala alla diossina che prima uccide qualche consumatore, e poi manda sul lastrico l'allevatore onesto della Piana del Sele. Ecco, quindi, il Cdr che inquina i corpi dei battipagliesi e che nega loro il diritto al respiro. Ecco, quindi, il rogo della fabbrica di materassi, di Montesano, in cui perdono la vita due donne.
E allora, a cosa serve un'elezione democratica, se poi è destinata a non sortire effetti? Perché la sfida è limitata all'alternanza al governo del Paese e invece non ci si confronta sulla grande sfida di un cambiamento radicale delle regole economiche? E' proprio il caso che scompaia la sinistra? Di certo, farebbe comodo a qualcuno, ma non a tutti.
Il tallone d'Achille della sinistra sarebbe l'economia. Così com’è, come si svolge. Il punto è che l'economia è un campo riformabile, come tutti gli altri. L’economia può essere anche altra rispetto a quello che oggi è. E l'economia su cui abbiamo organizzato le nostre vite è anche fonte di molte ingiustizie.
Percorrendo a ritroso le cause che generano il disastro ambientale, il lavoro non tutelato, le grandi inefficienze amministrative, l'utilizzo fraudolento di fondi pubblici, o altro ancora, si arriva ad un elemento decisivo: il denaro. Le dimostrazioni pratiche ce le fornisce anche la cronaca locale. Il Tribunale di Salerno ha disposto, su proposta del pm Antonio Centore, una misura di prevenzione nei confronti del geometra Fernando Ferrara, dirigente all'ufficio tecnico del Comune di Battipaglia, ritenuto "elemento socialmente pericoloso", ma assolto per insufficienza di prove nel (tristemente) famoso "processo California", che ha scoperchiato i torbidi intrecci nella Piana tra politica, economia e camorra. Il provvedimento prevede la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune per tre anni, il sequestro di beni per dieci milioni di euro (tra cui venticinque appartamenti), di cui ora l'interessato dovrà provare la legittima provenienza. L'attività investigativa della procura salernitana potrebbe confluire in un troncone di indagine collegato al "California", processo per il quale i magistrati stanno lavorando per la fase di appello. Dovessero essere confermate le tesi accusatorie, secondo le quali il dipendente comunale avrebbe deviato alcune decisioni dell'ente (appalti, concessioni pubbliche) a favore dei clan della zona, ci troveremmo dinanzi all'ennesimo caso di connivenza tra la criminalità organizzata e la pubblica amministrazione. Insomma, mentre ci si appassiona su programmi, discorsi, statistiche, confronti e comizi, l’ombra della criminalità organizzata torna a fare pressioni sulla macchina amministrativa, cercando e consolidando rapporti con l'uno o l'altro schieramento politico, adoperandosi per l'appoggio dei "colletti bianchi" che reggono la burocrazia locale.
Come diventa possibile una bonifica di queste istituzioni? Un affievolimento della centralità del denaro nelle attuali modalità di produzione, distribuzione e acquisizione di beni e servizi, potrebbe essere la soluzione? A fronte di un auspicabile ricambio politico e di maggiori controlli, senza un'azione riformatrice così ambiziosa, le logiche del profitto e dell'accumulazione sovrasteranno ogni cosa. In un contesto del genere vengono accettate dalla comunità, le tante distorsioni nelle gestione degli affari pubblici e privati. Di qualsiasi tipo e settore si parli, compresi quelli della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, così come della sicurezza personale e sociale del lavoratore. Ecco, quindi, la mozzarella di bufala alla diossina che prima uccide qualche consumatore, e poi manda sul lastrico l'allevatore onesto della Piana del Sele. Ecco, quindi, il Cdr che inquina i corpi dei battipagliesi e che nega loro il diritto al respiro. Ecco, quindi, il rogo della fabbrica di materassi, di Montesano, in cui perdono la vita due donne.
E allora, a cosa serve un'elezione democratica, se poi è destinata a non sortire effetti? Perché la sfida è limitata all'alternanza al governo del Paese e invece non ci si confronta sulla grande sfida di un cambiamento radicale delle regole economiche? E' proprio il caso che scompaia la sinistra? Di certo, farebbe comodo a qualcuno, ma non a tutti.
La lista della casta - Politica senza vergogna
Berlusconi ha paura. Del confronto con Veltroni, in tv. E dei brogli elettorali, nei seggi. Per venirgli incontro, l'amministrazione insalata, il Melchionda quinquies, ha selezionato i "migliori" scrutatori della Piana del Sele. Così dicono. Le possibilità erano due. Fare un sorteggio. Metodo apparso superato, troppo democratico, poco pilotato. O scegliere gli scrutatori con nomina diretta. Fatto. Ogni consigliere comunale ha fornito quattro nomi, di quattro amici, quattro parenti, genitori, fidanzate e cugini. Brogli a Eboli? Berlusconi stia tranquillo. A rassicurarlo è il social-contiano Salvatore Di Dio: "Abbiamo scelto i migliori scrutatori ebolitani". Pubblicata la lista della casta, abbiamo dubitato di aver incontrato Di Dio. A leggere i nomi "eccellenti", una valanga di nausea ci ha travolti. Il meglio della gioventù ebolitana? Eccovi serviti. Cognomi con richiami belgi, assessori con la vocale finale scomparsa, la sorella di un consigliere comunale, figlie e nipoti di segretari di partito, facce già viste, questuanti di tutti gli anni, elemosinieri ultra maggiorenni. E ci son pure gli ex giovani della sinistra giovanile, predicatori obsoleti di una vita politica senza raccomandazioni. L'abbuffata della vergogna, l'hanno chiamata, riferendosi soprattutto ad alcuni dipendenti comunali. Ci sono impiegati di via Ripa che si sono "accontentati". Hanno raccomandato solo un figlio. Ma c'è chi ne ha pretesi due, nella lista della casta. C'è chi si è ingenuamente nascosto dietro il cognome il marito. E chi ha fatto l'en plein con tre parenti. La maggior parte degli impiegati comunali, gente dignitosa e schifo-questuante, non ha partecipato all'abbuffata. Meglio così, hanno pensato i furbi colleghi. C’è spazio in più, per qualche cugino del nord Italia. E così, il premio miglior raccomandazione è andato a chi ha sistemato anche parenti acquisiti e amici occasionali. Una scena incresciosa, altro che il meglio di Salvator Di Dio. Ma anche sulle raccomandazioni, la maggioranza si è accapigliata. Per completare la nomina degli scrutatori ci son volute sei ore. Parecchi politici hanno inserito figli e nipoti: "Li ho fermati io" ha spiegato Peppe La Brocca, comunque partecipe alla giostra delle nomine a raccomandazione. Da An a Rifondazione, quando si riscuote un privilegio, non c’è morale che tenga. "E' una vergogna senza fine" ha urlato dal suo pulpito solitario Carmine Caprarella (Rc), l'unico consigliere comunale che ha conservato un po’ di stile e decoro politico, nella disgustosa occasione. Nemmeno il battagliero Cosimo Di Benedetto ha retto alla tentazione. Quattro nomi, quattro scrutatori a testa, quattro voti assicurati. I consiglieri comunali non sono mica fessi. Hanno ceduto alle bramosie della casta. Così han fatto tutti, tranne Caprarella, solitario consigliere. Morale della favola, Berlusconi stia tranquillo, i dipendenti comunali hanno fatto un gran bel lavoro. In un seggio è stata nominata un’intera famiglia ebolitana. Fidanzati inclusi. Immaginiamo già la scena: "Amore, ma tu preferisci Berlusconi o Sarkozy? La Santanchè o Carla Bruni?". A sfogliare la lista dei cognomi "eletti", non c’è pudore, né dignità. Nella lista della casta si è infilato anche qualche professionista affermato. Anche qui, immaginiamo la scena, mentre il professionista elemosina al telefono un aiutino al proprio consigliere comunale...per fare lo scrutatore, nemmeno il presidente di seggio. Eravamo messi male. Ma non pensavamo che fosse tanta la disperazione degli ebolitani. La politica questuante ha vinto questa partita. Alla prossima occasione, speriamo vada diversamente. Un disorientato ragazzo ha scritto a Discoradio: "non conosco consiglieri comunali, riuscirò mai a fare lo scrutatore?". Se cambi paese, forse. Se cambia la politica, certo. Se assumono tuo padre in comune, fai prima.
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Francesco Faenza Direttore de I cento passi
Di munnezza in munnezza - Il percolato di Coda di volpe e quello della cava Visconti
L’anno scorso, quando non si sapeva se Bertolaso avrebbe scelto Serre o Eboli per una nuova discarica, la politica locale scese in piazza: cortei vocianti, accampamenti, containers di traverso, picchetti con assessori “a capo” dei rivoltosi, per evitare che la collina di San Giovanni diventasse lo sversatoio regionale. Furono scritti fiumi di parole, si presentarono studi geologici che confermavano l’inidoneità di quel terreno per accogliere l’immondizia, si parlò di falde acquifere contaminabili, di scempio ecologico, molti si strapparono la camicia mostrando il petto ad eventuali assalti della polizia. Tutto tornò alla calma quando fu scelta Serre. Quando l’emergenza è ritornata, gli stessi politici, non hanno esitato a rimuovere containers, tende, picchetti, sbarre ed entrare nella cava Visconti, già anni prima individuata come sito di stoccaggio provvisorio, sversandovi tonnellate di spazzatura. Sui guadagni milionari della famiglia Visconti è stato impestato il paese e per fare chiarezza diamo la parola a uno degli interessati, l’avvocato Umberto:“ nel 2001 fu realizzato nel nostro terreno, un sito di stoccaggio provvisorio per accogliere i rifiuti prodotti in quel periodo. Da allora le “emergenze” si sono succedute, come le ordinanze, e i nostri amministratori non hanno saputo far altro che costruire una piramide enorme di rifiuti, lasciata al suo destino fino alla successiva emergenza, quando, come per incanto, diventava un sito di stoccaggio “provvisorio”, tenuto sotto controllo e con prelievo ciclico di percolato. Abbiamo chiuso con un lucchetto la sbarra d’accesso senza fornire la chiave ai responsabili del Comune; nessuno mai ci ha chiesto una copia per permettere il prelievo del percolato che nel frattempo fuoriusciva dalla vasca di raccolta, rendendo il sito come una bomba ad orologeria. Durante la vicenda di Serre il Comune piazzò un container per ostruire il passaggio dei mezzi al comando di Bertolaso che aveva intenzione di ospitare lì una discarica. Si, perché la discarica va bene se la fa il Comune di Eboli, non va bene se viene imposta dall’alto. Il nostro valente Sindaco salì sul carro degli ambientalisti emettendo una ridicola ordinanza di conferimento dell’intera proprietà al Comune, prontamente annullata dal Tar. Con l’ ordinanza del 9.01.08, dove si citano in maniera vaga e senza indicare alcuna fonte, delle pseudo analisi di acqua, vi è la conferma che la situazione di Eboli è lo specchio di quanto accade a livello regionale dove ancora oggi si brancola nel buio. L’assessore Infante sulla “Città” del 10.01.08 afferma che il Comune ha fatto di tutto per evitare la riapertura del sito di stoccaggio, per evitare di scavare ancora di più nelle tasche degli ebolitani. Ma quanto è costato stoccare rifiuti nella cava Visconti? Ebbene, il Comune ha destinato alla mia famiglia la bellezza di euro 8.853,41 (cifra mai incassata) come indennità di occupazione dal 01/2001 al 10/2006. Lo sa l’assessore Infante quanto sono costati i lavori per la realizzazione del sito e quanto potrebbe costare il suo smaltimento al termine dell’emergenza? La risposta alla prima domanda è più di un milione di euro, la seconda, diverse decine di milioni. Vorremmo chiedere ai politici: perché ad ogni emergenza si pensa sempre alla cava Visconti come unica possibilità e, invece, quando si discute di dove ospitare impianti di recupero e di compostaggio, i siti disponibili crescono come funghi? Il sospetto è che l’elemosina versata dal Comune non interessi a nessuno, la possibilità di fare soldi con lo smaltimento dei residui del ciclo dei rifiuti fa gola a molti, soprattutto a quelli che hanno mani in pasta”.
Ma come mai i “Robespierre dei poveri” sono scesi in campo per scongiurare il pericolo dei liquami da raccogliersi nel depuratore di Coda di Volpe, in zona litoranea, tacendo colpevolmente sul percolato che si produce nella cava Visconti, a poche centinaia di metri dal centro abitato?
Ma come mai i “Robespierre dei poveri” sono scesi in campo per scongiurare il pericolo dei liquami da raccogliersi nel depuratore di Coda di Volpe, in zona litoranea, tacendo colpevolmente sul percolato che si produce nella cava Visconti, a poche centinaia di metri dal centro abitato?
Incontro con Alex Zanotelli
Ci sono persone che lasciano il segno. Ovunque vadano, dai quartieri più poveri del mondo alle stanze più importanti del Vaticano. Padre Alex Zanotelli è un missionario comboniano, figura conosciutissima e stimata da giovani e meno giovani per il suo costante impegno nelle lotte al fianco dei poveri, gli ultimi del mondo, dal Sudan al Korogocho al quartiere Sanità di Napoli.
Ho avuto la possibilità di incontrare Padre Alex lo scorso 27 Marzo, a Serre. Presenziava ad un'assemblea locale in merito alla discarica di Macchia Soprana. La sua attenzione per questo grande problema non è mai diminuita e sempre ha dimostrato affetto e vicinanza alle popolazioni di Serre, e tutte le altre vittime dell'inceppato sistema delle discariche in Campania.
In tale occasione Padre Alex ha risposto ad alcune domande per “I cento passi”. Di seguito riporto l'intervista.
Caro Alex, a distanza di più di un anno siamo ancora riuniti, qui a Serre, in nome delle vita e del rispetto per l'ambiente. Lei pensa che la Campania sia destinata a rimanere il fanalino di coda dell'Italia, continuamente dilaniata da crisi a livello sociale ed ambientale, oppure anche altre regioni si troveranno nelle nostre stesse condizioni?
La Campania vive una situazione difficile che riflette le mille difficoltà di un territorio particolare, afflitto dalla camorra, quotidianamente dilaniato da essa. Ma anche in altre zone ci saranno situazioni difficili. Il problema sta nel nostro attuale stile di vita. Viviamo al di sopra delle nostre possibilità. L'11% della popolazione mondiale vive in condizioni di agiatezza. Il resto vive nella povertà. Se tutti vivessero come quell'11% allora avremmo bisogno di quattro pianeti terra per le risorse e altri quattro per le discariche! La mia impronta è trecento volte più grande di quella che dovrebbe essere!
In questa presa di coscienza un ruolo fondamentale è quello delle generazioni più giovani. Eppure i ragazzi sono spesso poco sensibili a tematiche del genere. I giovani, allo stato attuale, rappresentano la speranza per un futuro migliore o la rassegnazione ad un futuro qualunque?
I giovani non sono il futuro. I giovani sono il presente. Senza di loro il presente non ha motivo di essere. Essi però sono quotidianamente bombardati dai messaggi dei mass media. E tali messaggi istigano ad una pigrizia culturale e nel sociale. Bisogna che i giovani prendano atto del ruolo fondamentale di protagonisti del presente. Protagonisti di oggi!
Buona parte della classe politica italiana è quotidianamente condizionata dalle prese di posizione del Vaticano. Non sarebbe auspicabile prestare maggiore attenzione a chi, come Lei, esercita il sacerdozio nei quartieri più difficili della società (e del mondo) piuttosto che ascoltare chi esplica il sacerdozio nelle lussuose stanze del Vaticano?
Assolutamente. Io sono solo un missionario. Lo sbaglio della chiesa è quello di non piegarsi addentro alle difficoltà della quotidianità. Per cui si fa difficoltà in questo modo a comunicare.
Veltroni si commosse quando venne a Korogocho, in Africa. Anche Bertolaso rimase colpito da tale situazione di povertà. Ad oggi, Veltroni è favorevole alla privatizzazione dell'acqua; Bertolaso, nel momento in cui è stato commissario straordinario, non ha avuto l'umiltà di ascoltare la popolazione di Serre. Come è possibile che tali persone, che dimostrano attenzione e sensibilità a questi problemi non agiscano poi coerentemente quando hanno il potere.
E' vero che Veltroni si commosse. Ed anche Bertolaso rimase impressionato dalla povertà di Korogocho. Il problema è che essi, e tanti altri come loro, sono stati o sono talmente presi dal sistema che perdono la sensibilità che li distingueva. Se stasera mi avessero ascoltato sarebbero stati d'accordo con me. Ma nel momento in cui si ha il potere si è totalmente presi dal sistema. Per questo ho ribadito prima che non bisogna sperare che i nostri politici ci salveranno da questa situazione di crisi. Non saranno loro a tirarcene fuori. C'è bisogno dell'impegno attivo di tutti!
A Roma, presso la Facoltà Valdese, teologi di diversi culti religiosi, atei, intellettuali, scienziati si interrogano sui mille volti di Gesù. Qual'è il volto di Gesù che ha incontrato Padre Alex Zanotelli?
Gesù che combatte l'imperialismo romano, nel tempio!
Ho avuto la possibilità di incontrare Padre Alex lo scorso 27 Marzo, a Serre. Presenziava ad un'assemblea locale in merito alla discarica di Macchia Soprana. La sua attenzione per questo grande problema non è mai diminuita e sempre ha dimostrato affetto e vicinanza alle popolazioni di Serre, e tutte le altre vittime dell'inceppato sistema delle discariche in Campania.
In tale occasione Padre Alex ha risposto ad alcune domande per “I cento passi”. Di seguito riporto l'intervista.
Caro Alex, a distanza di più di un anno siamo ancora riuniti, qui a Serre, in nome delle vita e del rispetto per l'ambiente. Lei pensa che la Campania sia destinata a rimanere il fanalino di coda dell'Italia, continuamente dilaniata da crisi a livello sociale ed ambientale, oppure anche altre regioni si troveranno nelle nostre stesse condizioni?
La Campania vive una situazione difficile che riflette le mille difficoltà di un territorio particolare, afflitto dalla camorra, quotidianamente dilaniato da essa. Ma anche in altre zone ci saranno situazioni difficili. Il problema sta nel nostro attuale stile di vita. Viviamo al di sopra delle nostre possibilità. L'11% della popolazione mondiale vive in condizioni di agiatezza. Il resto vive nella povertà. Se tutti vivessero come quell'11% allora avremmo bisogno di quattro pianeti terra per le risorse e altri quattro per le discariche! La mia impronta è trecento volte più grande di quella che dovrebbe essere!
In questa presa di coscienza un ruolo fondamentale è quello delle generazioni più giovani. Eppure i ragazzi sono spesso poco sensibili a tematiche del genere. I giovani, allo stato attuale, rappresentano la speranza per un futuro migliore o la rassegnazione ad un futuro qualunque?
I giovani non sono il futuro. I giovani sono il presente. Senza di loro il presente non ha motivo di essere. Essi però sono quotidianamente bombardati dai messaggi dei mass media. E tali messaggi istigano ad una pigrizia culturale e nel sociale. Bisogna che i giovani prendano atto del ruolo fondamentale di protagonisti del presente. Protagonisti di oggi!
Buona parte della classe politica italiana è quotidianamente condizionata dalle prese di posizione del Vaticano. Non sarebbe auspicabile prestare maggiore attenzione a chi, come Lei, esercita il sacerdozio nei quartieri più difficili della società (e del mondo) piuttosto che ascoltare chi esplica il sacerdozio nelle lussuose stanze del Vaticano?
Assolutamente. Io sono solo un missionario. Lo sbaglio della chiesa è quello di non piegarsi addentro alle difficoltà della quotidianità. Per cui si fa difficoltà in questo modo a comunicare.
Veltroni si commosse quando venne a Korogocho, in Africa. Anche Bertolaso rimase colpito da tale situazione di povertà. Ad oggi, Veltroni è favorevole alla privatizzazione dell'acqua; Bertolaso, nel momento in cui è stato commissario straordinario, non ha avuto l'umiltà di ascoltare la popolazione di Serre. Come è possibile che tali persone, che dimostrano attenzione e sensibilità a questi problemi non agiscano poi coerentemente quando hanno il potere.
E' vero che Veltroni si commosse. Ed anche Bertolaso rimase impressionato dalla povertà di Korogocho. Il problema è che essi, e tanti altri come loro, sono stati o sono talmente presi dal sistema che perdono la sensibilità che li distingueva. Se stasera mi avessero ascoltato sarebbero stati d'accordo con me. Ma nel momento in cui si ha il potere si è totalmente presi dal sistema. Per questo ho ribadito prima che non bisogna sperare che i nostri politici ci salveranno da questa situazione di crisi. Non saranno loro a tirarcene fuori. C'è bisogno dell'impegno attivo di tutti!
A Roma, presso la Facoltà Valdese, teologi di diversi culti religiosi, atei, intellettuali, scienziati si interrogano sui mille volti di Gesù. Qual'è il volto di Gesù che ha incontrato Padre Alex Zanotelli?
Gesù che combatte l'imperialismo romano, nel tempio!
Una bomba elettorale - Troppi Ris a Campagna
Non era una bomba carta, ma qualcosa di più pesante. Una precisa intimidazione. Campagna si risveglia nel boato assordante di una bomba. Era diretta a un candidato, Massimo D'Ambrosio. Gli ha distrutto un centro sportivo, in parte. Il primo effetto dell'esplosione si è avuto nel mondo politico. Mentre i carabinieri cercano ancora i responsabili, a Campagna già hanno "capito" chi è stato. O meglio, lo hanno intuito. La bomba ha diviso il mondo politico. Massimo D'Ambrosio, infatti, è candidato in una delle sette liste che sostengono Biagio Luongo, il sindaco uscente. Poche ore prima dell'esplosione Luongo era stato in un ristorante. A parlare di politica. Il ristorante è Di D'Ambrosio. La bomba è scoppiata poche ore dopo, a pochi metri di distanza dal ristorante, distruggendo il centro sportivo, sempre di D'Ambrosio. Nel centrosinistra non hanno dubbi: "Volevano colpire noi, intimidire la nostra coalizione". Troppo "forte" il sindaco del centrosinistra. Talmente forte, che i suoi avversari sono ricorsi a una bomba per fermarlo? La versione è allarmistica. "Troppi Ris in tv" racconta un simpatico professore lungo il corso centrale di Campagna. Se i luonghiani attaccano, i "sospettati" bombaroli rispondono, sminuendo le ipotesi più allarmistiche. "Strumentalizzare l'esplosione della bomba è un fatto grave. Si crea inutile allarme. Luongo ha paura del ballottaggio, questa è la verità". La deflagrazione inattesa, nella "bassa" contrada Galdo, ha sprigionato veleni e tensioni. I candidati a sindaco sono cinque. Luongo è in fuga, gli altri inseguono. E mentre si rincorrono i comizi, la nitroglicerina, le polveri belliche e i messaggi di morte sono piombati sulla campagna elettorale. Le voci si rincorrono, le ipotesi si accavallano. Sull'attentato al centro sportivo non c'è campagnese che non abbia detto la sua. L'ultima settimana di campagna elettorale rischia di trasformarsi in un referendum sulla bomba. Su chi l'ha messa. Su chi l'ha fatta esplodere. Su chi doveva danneggiare (politicamente). E su chi doveva avvantaggiare. Gli investigatori, intanto, mantengono il massimo riserbo. Ma la bomba di matrice elettorale ha ormai convinto tutti. Prima ancora che partissero le indagini, molti parlano di ritorsione. Contro D'Ambrosio. E di riflesso, contro Luongo. A sentir queste riflessioni, i carabinieri scrollano le spalle. Gli investigatori hanno altre convinzioni. Seguono altre piste. Ma la bomba al centro sportivo ha avuto anche un altro effetto: unire il fronte anti Luongo. Giovanna Magliano (Pdl) e Roberto Monaco (centro) hanno serrato le fila. Da avversari più temuti di Luongo, si sono quasi alleati, nel caso si vada al ballottaggio. Un accordo di mutuo soccorso, hanno siglato. Il sindaco uscente, da parte sua, quasi ignora tutte le operazioni anomale e trasversali dei suoi avversari: "noi vinciamo al primo turno" ripetono nel suo entourage, già pronto a stappare le bottiglie di spumante. L'atteggiamento appare snobistico. Ma l'armata Luongo fa davvero paura.
Una "bomba" era già esplosa un mese fa. Alla consegna delle liste elettorali. Campagna ha fatto parlare di se per i numeri: sono state presentate 17 liste, per un totale di 350 candidati. Un paese di 15 mila abitanti ha eguagliato il numero di candidati di Battipaglia (50 mila abitanti). Tra liste fai da te, liste per tre minuti di gloria, si è arrivati a numeri imbarazzanti. "Non c'è campagnese che non abbia un parente candidato" spiegano in piazza Guerriero. Un esercito di politici. Chi perde, scomparirà per un pò. Chi vince, comanderà per cinque anni. Luongo resta favorito. Ma Giovanna Magliano e Roberto Monaco son diventati "nereo-rocchiani". Prima non prenderle: "difendiamoci a denti stretti, l'importante è arrivare al ballottaggio. Poi vedrete se Luongo non fa la fine di Zara, a Battipaglia". A proposito, ma qualcuno ha chiesto a Zara cosa ne pensa della bomba?
Una "bomba" era già esplosa un mese fa. Alla consegna delle liste elettorali. Campagna ha fatto parlare di se per i numeri: sono state presentate 17 liste, per un totale di 350 candidati. Un paese di 15 mila abitanti ha eguagliato il numero di candidati di Battipaglia (50 mila abitanti). Tra liste fai da te, liste per tre minuti di gloria, si è arrivati a numeri imbarazzanti. "Non c'è campagnese che non abbia un parente candidato" spiegano in piazza Guerriero. Un esercito di politici. Chi perde, scomparirà per un pò. Chi vince, comanderà per cinque anni. Luongo resta favorito. Ma Giovanna Magliano e Roberto Monaco son diventati "nereo-rocchiani". Prima non prenderle: "difendiamoci a denti stretti, l'importante è arrivare al ballottaggio. Poi vedrete se Luongo non fa la fine di Zara, a Battipaglia". A proposito, ma qualcuno ha chiesto a Zara cosa ne pensa della bomba?
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Francesco Faenza Direttore de I cento passi
I colori di Fabrizio - Un chicco di grano che ha dato molto frutto
“Sono un sognatore con un sogno tanto grande che il mondo non riesce a contenere. Per questo ho bisogno di girarlo tutto il mondo (…) Partire per dare una mano, per cambiare le cose, per dire “Io non ci sto”. Questo scriveva Fabrizio Mirabella sul suo blog, questo si legge nel libro “I colori di Fabrizio” che raccoglie le emozioni e le esperienze di vita del giovane architetto, scomparso nel 2006. Il 13 marzo il libro è stato presentato nell’ITIS “E. Mattei” di Eboli. Sala gremita, tanti i giovani .«Sicuramente questa è un’iniziativa di grandissima utilità – ha affermato Gerardo Rosania, consigliere regionale – Ritrovarci intorno a dei valori sperimentati intimamente, da un giovane che ha vissuto così intensamente la sua vita, deve far riflettere soprattutto noi adulti che apparteniamo ad una generazione invecchiata troppo in fretta. Una generazione che ascolta poco i giovani dai quali, a volte, bisognerebbe prendere esempio”. All’incontro erano presenti anche: Cosimo Cicia, assessore alle Politiche Sociali: «Distribuiremo il libro in tutte le scuole ebolitane, non per vivere nel ricordo di Fabrizio ma per trasmettere i suoi ideali», Massimo Cariello, assessore provinciale al Lavoro: «Conservo un prezioso ricordo di Fabrizio, della sua dedizione al prossimo, di un ragazzo che ha saputo fare dell’impegno quotidiano a tutela dei diritti e dei doveri dell’uomo, la sua bandiera. ». Tra i promotori del libro c’è Antonio Manzo, giornalista de “Il Mattino”: «Questo libro è il diario di una persona viva, che con i colori della sua vita ha consegnato a tutti il valore della speranza. ». Infine, Martino Melchionda, sindaco di Eboli: «Da settembre del 2005 Fabrizio Mirabella ha iniziato la sua esperienza lavorativa all’Ufficio di Piano del Comune di Eboli. Quello che più mi ha colpito di lui è stata la sua fiducia nel prossimo, nel futuro, nella vita: da qui il suo grande entusiasmo che trasmetteva anche nel lavoro».
Fabrizio si era laureato in architettura nel 2002, presentando il progetto di un luogo di culto per tutte le religioni. Poi il master per “Esperti in Pianificazione Urbana e Territoriale nei Paesi in via di Sviluppo” presso lo Iuav di Venezia e la collaborazione al progetto di riqualificazione di un quartiere abusivo di Praia, capitale di Santiago, isola dell’arcipelago della Repubblica di Capo Verde (Africa), dove ha vissuto per circa tre mesi.
«Era un uomo di una fede disincantata – ha sottolineato padre Ernesto Della Corte – era un ragazzo dai grandi ideali. Era un cattolico sui generis, un uomo di frontiera che non amava le appartenenze. Era un “trasgressivo”, nell’accezione più bella del termine che vuol dire “andare oltre”. Soffriva quando vedeva mediocrità e ristrettezze. E’ quel chicco di grano che caduto in terra non muore, e se muore ha dato molto frutto. Le sue convinzioni ci facciano alzare lo sguardo e cominciare a credere a qualcosa di importante». In rappresentanza della Gioventù Francescana nel 2002 va in Palestina come missionario della Cei. Sette mesi dopo la scomparsa, gli è stato conferito il premio “Frate Leone”, riconoscimento per il gifrino che si è maggiormente distinto per l’operato e per il modo di vivere la vocazione cristiana e francescana. Così lo ricordano i suoi amici: «Non si può parlare di lui come una persona che non c’è più – spiega Claudia, presidente della Gifra di Eboli – ma come di un maestro, un amico, un compagno, che ha percorso un pezzettino di strada con noi e ci ha lasciato un’eredità da far fruttificare. ». Sentito e commosso è anche il ricordo degli amici della parrocchia Santa Maria delle Grazie: «Fabrizio è il nostro passato, la voce guida del presente, la speranza del futuro – ha dichiarato Giovanni – E’ la mano amica nelle difficoltà, l’annullamento dei contrasti, la capacità di aggregazione, la voglia di sentirsi fratelli in uno sguardo.»
Fabrizio si era laureato in architettura nel 2002, presentando il progetto di un luogo di culto per tutte le religioni. Poi il master per “Esperti in Pianificazione Urbana e Territoriale nei Paesi in via di Sviluppo” presso lo Iuav di Venezia e la collaborazione al progetto di riqualificazione di un quartiere abusivo di Praia, capitale di Santiago, isola dell’arcipelago della Repubblica di Capo Verde (Africa), dove ha vissuto per circa tre mesi.
«Era un uomo di una fede disincantata – ha sottolineato padre Ernesto Della Corte – era un ragazzo dai grandi ideali. Era un cattolico sui generis, un uomo di frontiera che non amava le appartenenze. Era un “trasgressivo”, nell’accezione più bella del termine che vuol dire “andare oltre”. Soffriva quando vedeva mediocrità e ristrettezze. E’ quel chicco di grano che caduto in terra non muore, e se muore ha dato molto frutto. Le sue convinzioni ci facciano alzare lo sguardo e cominciare a credere a qualcosa di importante». In rappresentanza della Gioventù Francescana nel 2002 va in Palestina come missionario della Cei. Sette mesi dopo la scomparsa, gli è stato conferito il premio “Frate Leone”, riconoscimento per il gifrino che si è maggiormente distinto per l’operato e per il modo di vivere la vocazione cristiana e francescana. Così lo ricordano i suoi amici: «Non si può parlare di lui come una persona che non c’è più – spiega Claudia, presidente della Gifra di Eboli – ma come di un maestro, un amico, un compagno, che ha percorso un pezzettino di strada con noi e ci ha lasciato un’eredità da far fruttificare. ». Sentito e commosso è anche il ricordo degli amici della parrocchia Santa Maria delle Grazie: «Fabrizio è il nostro passato, la voce guida del presente, la speranza del futuro – ha dichiarato Giovanni – E’ la mano amica nelle difficoltà, l’annullamento dei contrasti, la capacità di aggregazione, la voglia di sentirsi fratelli in uno sguardo.»
Cuffiette e buona volontà - Precarietà al call center
Regola numero 1: tono della voce alto e disteso.
Regola numero 2: convincere il cliente
Regola numero 3: concludere il contratto.
Queste le regole da seguire. Questi i limiti dai quali non puoi mai uscire.
Noi siamo quelli che lavorano part time in un call center.
Cuffiette e buona volontà. Questo ci serve per lavorare. Certo poi ci sono altre cose. Per esempio il tono della voce. Bisogna sempre avere un tono pacato. Né' alti né bassi. Tono alto ma disteso. E poi bisogna convincere il cliente. “Fidelizzazione del cliente”, così ci dissero. E noi che queste parole nemmeno le conoscevamo. Ma ora che siamo qui lo facciamo. Tono alto ma disteso, fidelizzazione del cliente in corso.
Noi siamo quelli che si adeguano alle scelte dell'azienda, anche se le scelte aziendali non le comprendiamo per nulla.
Primo contratto della giornata. Percentuale sullo stipendio pari a dieci euro. Pensi che se in questo mese riuscirai a fare più di dieci contratti andrai a vedere qualche film in più al cinema, uscirai a mangiare una pizza in più con i tuoi amici, ti lascerai andare un poco in più.
Noi siamo quelli che devono fare i conti un po' con tutto.
E così ogni giorno. A seconda dei turni che ci spettano. Vuoi che sia il turno di mattina, che sia quello pomeridiano, o ahimè, quello serale. Ogni giorno siamo lì, con le nostre cuffiette difettate, con le quali sentiamo poco...ed in effetti poco c'è da sentire. Impariamo le frasi magiche, quelle che colpiscono il cliente: “stiamo promuovendo delle offerte eccezionali nella sua zona” “ con noi risparmierebbe” “con noi avrebbe questo, il mondo, il cielo e la luna.”
Noi siamo quelli che non si illudono, ma per volere dell'azienda usiamo frasi ad effetto per illudere la gente.
Abbiamo esami indietro all'università. Ci tocca studiare nelle mezze giornate, nelle sere, sul letto, stanchi, con un mal di testa di fondo che ci accompagna ma che ormai nemmeno ce ne accorgiamo.
Noi siamo quelli che danno gli esami all'università, ma i corsi non li abbiamo mai seguiti.
Abbiamo i nostri hobby. C'è chi di sera, dopo il turno di lavoro, esce con gli amici, chi legge i suoi libri, chi guarda i film.
Noi siamo quelli che trovano un tempo per tutto.
Ci indigniamo davanti alla televisione quando parlano di generazione di pigri, di nullafacenti, di eterni bamboloni. Ci indigniamo quando ci etichettano come loro vogliono.
Noi siamo quelli che non vivono di paghetta settimanale.
Ci impegniamo a mantenere tutti i nostri impegni, a costruirci da soli la nostra strada. Eppure è sempre tutto in bilico. Oggi telefoniamo per qualche azienda di cui non conosciamo nulla. Domani non sappiamo se torneremo a farlo. Ogni giorno qualcuno di noi viene licenziato. Per motivi banali, sempre. Oggi è toccato a loro. Domani, sono sicuro, toccherà a me.
Noi siamo quelli che non hanno sicurezze, e siamo costretti quotidianamente a costruire ponti per superare le difficoltà.
Un giorno proveremo a fare il salto, a liberarci di questa gioventù senza vie d'uscita per costruire qualcosa: chi nel lavoro, chi nell'amore, chi nella vita.
Noi siamo quelli che sognano a metà, oggi precari, domani...non si sa.
Regola numero 2: convincere il cliente
Regola numero 3: concludere il contratto.
Queste le regole da seguire. Questi i limiti dai quali non puoi mai uscire.
Noi siamo quelli che lavorano part time in un call center.
Cuffiette e buona volontà. Questo ci serve per lavorare. Certo poi ci sono altre cose. Per esempio il tono della voce. Bisogna sempre avere un tono pacato. Né' alti né bassi. Tono alto ma disteso. E poi bisogna convincere il cliente. “Fidelizzazione del cliente”, così ci dissero. E noi che queste parole nemmeno le conoscevamo. Ma ora che siamo qui lo facciamo. Tono alto ma disteso, fidelizzazione del cliente in corso.
Noi siamo quelli che si adeguano alle scelte dell'azienda, anche se le scelte aziendali non le comprendiamo per nulla.
Primo contratto della giornata. Percentuale sullo stipendio pari a dieci euro. Pensi che se in questo mese riuscirai a fare più di dieci contratti andrai a vedere qualche film in più al cinema, uscirai a mangiare una pizza in più con i tuoi amici, ti lascerai andare un poco in più.
Noi siamo quelli che devono fare i conti un po' con tutto.
E così ogni giorno. A seconda dei turni che ci spettano. Vuoi che sia il turno di mattina, che sia quello pomeridiano, o ahimè, quello serale. Ogni giorno siamo lì, con le nostre cuffiette difettate, con le quali sentiamo poco...ed in effetti poco c'è da sentire. Impariamo le frasi magiche, quelle che colpiscono il cliente: “stiamo promuovendo delle offerte eccezionali nella sua zona” “ con noi risparmierebbe” “con noi avrebbe questo, il mondo, il cielo e la luna.”
Noi siamo quelli che non si illudono, ma per volere dell'azienda usiamo frasi ad effetto per illudere la gente.
Abbiamo esami indietro all'università. Ci tocca studiare nelle mezze giornate, nelle sere, sul letto, stanchi, con un mal di testa di fondo che ci accompagna ma che ormai nemmeno ce ne accorgiamo.
Noi siamo quelli che danno gli esami all'università, ma i corsi non li abbiamo mai seguiti.
Abbiamo i nostri hobby. C'è chi di sera, dopo il turno di lavoro, esce con gli amici, chi legge i suoi libri, chi guarda i film.
Noi siamo quelli che trovano un tempo per tutto.
Ci indigniamo davanti alla televisione quando parlano di generazione di pigri, di nullafacenti, di eterni bamboloni. Ci indigniamo quando ci etichettano come loro vogliono.
Noi siamo quelli che non vivono di paghetta settimanale.
Ci impegniamo a mantenere tutti i nostri impegni, a costruirci da soli la nostra strada. Eppure è sempre tutto in bilico. Oggi telefoniamo per qualche azienda di cui non conosciamo nulla. Domani non sappiamo se torneremo a farlo. Ogni giorno qualcuno di noi viene licenziato. Per motivi banali, sempre. Oggi è toccato a loro. Domani, sono sicuro, toccherà a me.
Noi siamo quelli che non hanno sicurezze, e siamo costretti quotidianamente a costruire ponti per superare le difficoltà.
Un giorno proveremo a fare il salto, a liberarci di questa gioventù senza vie d'uscita per costruire qualcosa: chi nel lavoro, chi nell'amore, chi nella vita.
Noi siamo quelli che sognano a metà, oggi precari, domani...non si sa.
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